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Clem fu dimessa dall'ospedale. Ormai erano le vacanze di Natale.
Il padre aveva deciso di andare dai nonni per festeggiare, e anche per dare una pausa mentale alla figlia.
La mattina dopo la sua dimissione, le valigie erano pronte e già in auto.
Le ragazze stavano prendendo le ultime cose, contente di rivedere i nonni. Uscirono di casa.
Nancy era accanto all'auto per darle un saluto.
Clem la abbracciò con affetto.
- Buon Natale e divertiti! - le augurò la corvina.
- E tu non cacciarti nei guai, okay? - scherzò l'altra.
Nancy le sorrise un po' dispiaciuta che dovesse andar via.
- Mi mancherai! -
- Uffa, però... dovevamo passare il Natale insieme. - si lamentó l'amica, pizzicandole la guancia sinistra; l'altra aveva ancora le bende intorno.
- Scusami! - squittì, affondando il viso nel maglione dell'amica.
- Vabbè, ma stai attenta per davvero. Non ho un buon presentimento su quel che accadrà in futuro. - l'avvisó Nancy, prendendola per le spalle e guardandola con un velo di preoccupazione.
- Via il pessimismo che non serve a niente! - la sgridó con un sorriso.
- Hai ragione. - ridacchiò l'altra, anche se con un po' di amaro in bocca.
- Tornerò presto, te lo prometto. - la rassicuró Clem.
- Tutta intera, mi raccomando! - si raccomandó l'altra.
- Certo, mamma. - le rispose scherzosa, dandole un bacio sulla guancia.
- Va be', ciaoo! - la salutò ancora Clem, regalandole un bellissimo sorriso che pareva cancellare tutti i problemi.
- A presto, Clemmy... ! - anche Nancy abbozzó un sorriso.
Clementine e la sorellina entrarono in macchina, seguite dal padre. La maggiore salutò ancora una volta l'amica dal finestrino con la mano.
Partì l'auto.
- Non preoccuparti, tutto andrà bene! - le gridò sorridendo.
Nancy, però, sentiva il freddo sul collo: era ormai convinta che Clementine non sarebbe tornata la stessa.
Dai boschi, invece, svariati occhi seguirono l'auto nera che uscì poi dal quartiere per andare in autostrada, diretti verso il Nord Carolina, dai nonni.
Passarono svariate ore e c'era molto da osservare dal finestrino: auto colorate che sfrecciavano, città piene di vita e a tratti boschi e laghi ghiacciati. D'un tratto si mise anche a nevicare leggermente.
Gli occhi di Clem si illuminarono di meraviglia: lei non aveva mai visto la neve.
Insieme a Christianna, poi, si mise a creare storie, fare giochi e a vedere film sul piccolo pc portatile del padre.
L'auto si fermò nel garage innevato dei nonni dopo ben dodici ore di viaggio.
I nonni, sulla soglia della porta d'ingresso, li salutavano con la mano.
- NONNA! NONNO! - gridò Christianna piena di gioia.
Clem uscì dall'auto con calma, aprendo le mani per toccare i fiocchi di neve. Prese lo zaino e andò incontro ai nonni.
- Ciao, ragazze! Clemmy che bello rived-... - il nonno assunse un espressione preoccupata quando vide la brutta ferita della nipote:  le disegnava sulla guancia destra una sorta di sorriso cucito coi punti.
Lei abbassò il capo, vergognata.
- Bene... sto bene... grazie. Questa non è nulla, non preoccuparti. - rispose provando a calmarlo.
John mandò uno sguardo di intesa ai genitori: avrebbe poi spiegato meglio ciò che era successo.
- Dai, venite dentro prima che congeliamo. - disse la nonna.
Tutta la famiglia Smith era seduta con una tazza di thè o cioccolata calda.
Il padre raccontò meglio ciò che era successo a Clementine e cosa avevano detto i poliziotti: non si era trovato alcun colpevole e, per il momento, il caso sarebbe rimasto in sospeso.
Nel mentre, l'adolescente navigava nei suoi pensieri, non prestando attenzione a cosa le succedesse intorno perché la rendeva ansiosa ripensare a ciò che aveva vissuto una settimana prima.
Ma la sua preoccupazione era la sua fobia, che dopo i rapimenti era diventata insopportabile e la terapia l'aveva aiutata ben poco: la casa in cui stava era lontana chilometri dalla società, immersa nel bosco.
Ora sapeva perché Nancy avesse avuto quella cattiva sensazione.
" Alberi...alberi ovunque... devo solo sperare che per ora mi lascino in pace... Toby, ti prego, non farmi finire ammazzata... " pregò in mente. Però accennò un sorrisetto.
" Almeno domani sarà Natale. " pensò con più allegria.
La famiglia mangiò una bella cena sostanziosa che rallegrò molto Clem, anche se aveva problemi a masticare perché la ferita le faceva un male cane.
- Clem, c'è la fai a mangiare? - le chiese il padre.
- Sì sì... ! - soffocò un gemito.
- Almeno quando torneremo anche casa, ti porterò in ospedale così ti potranno cambiare i punti, se serve. - le spiegò lui, prendendo un altro boccone.
Sbiancò in viso la povera ragazza. Anche Christianna rimase senza parole.
Il nonno diede un calcetto alla gamba del figlio, infastidito dal poco tatto che aveva avuto.
- Ma non preoccuparti! Non sarà nulla di che, promesso! - si fece perdonare subito John imbarazzatissimo.
Clementine non si calmó più di tanto.
Dopo un po' arrivò il momento di andare a letto: la mattina dopo sarebbe stato Natale!
- Noi andiamo a dormire. Buonanotte! - si congedó la ragazza insieme alla sorella, salendo le scale coperte da un bel tappeto marrone.
Aprì la porta della stanza.
La sua mente fu inondata di ricordi. Sospirò nostalgica.
Notò la sua vecchia casa delle bambole, si avvicinò e vi si sedette di fronte.
- Che ricordi... -.
Christianna prese uno dei libri che invece stava sulla mensola e si mise a leggerlo, sotto le doppie coperte del suo letto.
Clem si alzò, volendo aprire la finestra. L'aria fredda le congelava il viso, ma a lei piaceva ugualmente.
- Clemmy, ti ammalerai così! - la rimproverò la sorellina.
- Scusa, scusa... è che voglio vedere un po'. - le rispose ridacchiando.
Inspirò profondamente per godersi la bell'atmosfera.
I pochi lampioni illuminavano la strada coperta di neve e le stelle illuminavano il cielo insieme alla luna piena.
Finalmente, poi, chiuse la finestra.
- Nanetta, è ora di dormire... - le spense la lampada da comodino.
- Buonanotte. -
- Notte, Clemmy... - entrambe si sistemarono nei propri letti: Christianna prese subito sonno mentre l'altra rimase sveglia.
Il dolore alla guancia e la paranoia non le facevano chiuder occhio.
Si alzò dal letto assonnata ed irritata. Si passò le mani sul viso.
" A questo punto... perché non la vediamo meglio..." pensò, prendendo dallo zaino la maschera. Se n'era ricorda casualmente.
Si appoggiò la maschera sul viso e si specchió.
- Mi mette inquietudine... - si osservò allo specchio.
Gettò la maschera nello zaino con disprezzo.
- Non ti indosserò mai... -.
Si rimise a letto e dopo del tempo, riuscì a prendere sonno.

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