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Dopo poco si ritrovarono sul sentiero che aveva condotto Clementine a quello strano posto.
- Ora p-puoi tornare a scuola, b-basta seguire il sentiero. - Toby la lasciò andare, deciso a tornare nel bosco.
Ma prima che se ne andasse, Clem lo chiamò.
- Tu... tu che hai a che fare con quel mostro? - gli domandò.
Il ragazzo si fermò a guardarla.
Si alzò gli occhialoni, rivelando due grandi occhi castani e segnati dalle occhiaie. Erano spenti.
- M-mostro? Ma lui no-non è un mostro... o forse sì... no, non l-lo è.
Vedrai ch-che ti piacerà il gioco che h-ha in serbo per te. - si lasciò sfuggire una risatina innocente per poi andarsene via al passo svelto, lasciando da sola Clementine con il freddo.
- Gioco...? -
- Esatto, un gioco. Buon divertimento, umana. -.
Clem vide tutto nero. Il suo corpo crollò a terra privo di sensi.
Si risvegliò nel giardino della scuola, rannicchiata in posizione fetale. Gemette di dolore mentre si tirava su dell'erba.
Sentì un qualcosa di liquido e caldo colarle giù per il retro del collo: tastò con le dita e vide che era sangue.
- Oh cazzo... - si lamentó.
Barcollante, tornò all'interno della scuola. Si teneva alle pareti quando sentì la campanella dell'inizio della quarta ora.
" Ma allora era un sogno... menomale... " aveva uno sguardo sofferente e acquoso.
- Hey, stai bene? - una ragazza più piccola di lei e dai capelli biondi le poggiò una mano sulla spalla e si mise al suo fianco per sorreggerla.
- Ho battuto... la testa... mi porti in infermeria...? - le chiese con un filo di voce.
La bionda sbiancò.
- LA RAGAZZA HA BATTUTO LA TESTA, AIUTATEMI A PORTARLA IN INFERMERIA!!! - strillò acutissima: un paio di ragazzoni, forse della squadra della scuola, presero Clementine e la portarono in infermeria mentre la ragazza faceva spostare gli studenti per far passare il trio.
Verso il pomeriggio, Clem si ritirò a casa con un grosso cerotto sotto la nuca: si era solo graffiata, ma la brutta botta l'aveva stordita.
La cosa che incuriosì di più l'infermiera era che la ragazza era arrivata con i capelli pieni di foglie e i vestiti sporchi di terriccio umido, nonché aveva le mani rosse e graffiate.
- Che giornata... - commentò.
Si chiuse la porta di casa dietro le spalle. In casa non c'era nessuno: Christianna era ancora a scuola e il papà era a lavoro.
Andò a lavarsi le mani per poi acchiappare una busta di patatine e mangiarsele sul divano guardando la TV.
La accese: il canale trasmetteva un documentario sugli omicidi più misteriosi o strani mai accaduti.
- Uh, questo sì che sembra interessante~ - sorrise Clementine mangiando le patatine.
Ai suoi piedi c'era lo zaino e la giacca.
Ma fu colta da una ventata improvvisa.
- Ma che cosaAAAH! - Toby le tappò la bocca.
- Sh sh shhhh! Che t-ti gridi?!
Ora, io ti l-lascio e tu no-non scappi via, intesi? - lentamente levò la mano mentre Clementine respirava velocemente, guardandolo incredula e terrorizzata.
Passarono una manciata di secondi.
- ... CHE CI FAI IN CASA MIA?! - strillò, lanciandogli i cuscini e le patatine in faccia.
- CALM- hey! Smetti- B-BASTA! - il ragazzo tentava di acchiapparla, ma lei guizzava da una parte all'altra del salotto.
- Non. Ti. Avvicinare! F-faccio palestra e n-non ho paura di attaccarti! - mentì spudoratamente Clemmy.
- Ma h-ho bisogno di parlarti! -
- E perché non l'hai fatto nel mio sogno, eh?! -
- NON ERA U-UN MALEDETTO SOGNO! - sbottó di rabbia Toby, prendendola e bloccandola contro il muro.
In un secondo, gli occhi del ragazzo persero ogni traccia di rabbia e si illuminarono di felicità.
- Che tu lo vo-voglia o no, io ho l'incarico d-di sorvegliarti.
Q-quindi ho pensato perché non co-conoscerla prima e lui h-ha deciso che fosse una buona idea e a-allora io ti ho a-at-attirato nel bosco e ora rieccomi qui, n-non è grandioso? - sembrava sotto effetti di droghe. Droghe pesanti.
Clem poté solo guardarlo a bocca aperta.
- Ok, tu hai dei seri problemi, hai bisogno di un medico e io di un po' di pace. Quindi, adesso tu mi lasci e te ne stai buono buono sul divano e intanto io chiamo la polizia, o-okay? - squittì l'altra. Si proteggeva con le braccia, anche se serviva a ben poco.
- Aspetta, no, h-hai capito male: io so-sono buono. E anche lui lo è.
P-perchè ci mandi via? - anche se il tono era quello di un bambino, la sua presa era quella di un omaccione.
- Ti prego... lasciami soltanto andare. Che vuoi da me? Farò di tutto, ma lasciami andare... - quanto avrebbe desiderato di sparire o di sciogliersi come un gelato.
Toby non le rispose.
Le mani rovinate di Clementine avevano catturato tutta la sua attenzione: le prese e le osservò, passando il dito sopra uno dei cerotti.
- Ti sei fatta male? Ha fatto... m-male? - le chiese continuando a fissare tutti i taglietti non più arrossati.
Clem non sapeva proprio che fare.
- Uhm... bhe... sì? - parlava con un filo di voce.
- Oh... - lentamente, Clemmy tirò a sé le mani e lo spinse via sempre con gentilezza.
- Va bene... ahm... - stava per agguantare il cellulare dalla tasca che Toby prese a parlare finalmente come un essere umano e non come una macchinetta.
- Capisco che se-sei confusa, spaventata... m-ma ti assicuro che non vogliamo farti del male. - le fece cenno di sedersi. Si mise accanto a lei.
- Credimi se ti dico ch-che lui non è cattivo. Certo, può sembrare cattivo, molto cattivo, e freddo... m-ma non è così! E-e se non ti fidi or-ora, ti fiderai in futuro. - le sue parole avevano tanta dolcezza, una dolcezza veritiera eppure... innaturale, sospettosa.
La ragazza sospirò.
- No, non mi fido di te. Nè di quella creatura, a patto che noi due stiamo parlando dello stesso mostro. - affermò, alzandosi dal divano e incrociando le braccia al petto.
- Ma mi devi c-credere! - si alzò di scatto.
- O pr-preferisci morire? - Toby allungò le mani per mantenere l'equilibrio mentre sembrava cadere in uno stato di trance, simile a quando Clem aveva un blackout.
- E il sangue... o-ovunque... la ra-rabbia che aumenta... - mormorò anche altro ma la ragazza non afferrò null'altro. Capì solo che quel tipo aveva bisogno di aiuto e che lei sarebbe potuta diventare come lui se avesse perso al gioco del mostro.

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