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In punta di piedi, i due scesero le scale con il fiato sospeso.
Clementine sentì il suono dell'acqua della doccia e della voce del padre cantare canzoni... country? Forse? Bha, non lo sapeva nemmeno lei.
Clem portò Toby alla porta sul retro della casa.
- Ti v-verrò a trovare spesso. F-faremo tante cose insieme e, e - batteva il piede a terra velocemente mentre le parole gli si accavallavano sulla lingua.
- Va bene, Toby, ma magari non a casa mia. Ora vai, su su! - lo spinse fuori dalla porta e la chiuse subito. Scivolò giù a terra, con una mano sulla fronte e gli occhi fuori dalle orbite.
- Oh mamma mia, pizzeria. - sdrammatizzò da sola.
- Clem... tutto questo era solo una stranissima allucinazione come al solito. Quindi ora rilassati e vai a leggere un libro. O disegna. O gioca al computer.
Fa qualcosa e basta. - si ordinò, alzandosi da terra e sistemandosi i capelli da un lato.
Passò del tempo che andarono a prendere Christianna a scuola per poi andare al Chuck E. Cheese, ovvero la versione in vita reale del Freddy Fazbear's Pizzeria.
Era proprio come se lo ricordava: Chuck E. Cheese, la mascotte topo del posto, con tutti i suoi amici di cui non ricordava neanche un nome. Ma almeno ricordava che c'era un pizzaiolo italiano, un mostro mangia-ticket e un cane texano o qualcosa del genere.
Gli arcade erano ovunque lei posasse lo sguardo e i giochi colorati per i bimbi si estendevano per gran parte del locale e stavolta il chiasso dei bambini non era tanto fastidioso, stranamente.
Clem fu tirata dalla sorellina a giocare ad uno degli arcade, e poi ad un altro e ad un altro ancora.
Così passò il pomeriggio.
Verso gli inizi della sera, la famigliola si ritirò a casa.
Clementine era così felice che quasi aveva dimenticato ciò che aveva passato quella mattina.
Dopo essersi messa il pigiama e aver preparato lo zaino, se ne andò a dormire.
Ma qualcosa non quadrava.
- Possibile mai che devo fare questo ogni notte... ?! - si lamentó alzandosi dal letto e controllando la stanza, anche se nulla era fuori dall'ordinario.
Clem si prese il mento e intanto pensava a cosa andasse storto.
- Forse... - si avvicinò con prudenza alla finestra per guardare fuori: non vide niente.
Una ventata di aria fredda le scompigliò tutti i capelli e fu costretta a chiudere la finestra. Ma cosa si ritrovò in camera la lasciò più che confusa: dei fogli.
La ragazza si accovacciò a terra a raccogliere tutti i fogli.
- Ma quanti ce ne sono? 1... 2... 3... - li raccolse tutti.
- 8 fogli... ? - andò a guardare di nuovo fuori dalla finestra.
Cacciò un grido: la creatura era sotto un lampione e aveva la testa alzata verso di lei.
Un attimo dopo, tutto divenne buio.
Clementine era stesa per terra, tra le foglie e il terriccio umido. Faceva freddo e non si vedeva nulla se non la luna alta nel cielo stellato.
- Dove mi trovo... ? - si mise a sedere. Notò che accanto a lei c'era una torcia; la accese.
- Ma che cazzo sta succedendo qui?! - sbottó di frustrazione in italiano, alzandosi e girandosi intorno.
- Immagino sia questo il gioco che tu mi vuoi far fare, eh merda?! - era fuori di sé.
Però la sua attenzione fu catturata da quello che sembrava un pezzo di carta attaccato a uno dei tanti e altissimi alberi.
Andò e prese il foglio.
- "No no no no no" ...? Ma che... - lo piegò e lo mise tra l'elastico del pantalone e il suo fianco.
- Bha... mi resta solo da trovare una via d'uscita da questo postaccio... - tremava di paura e freddo. Era la seconda volta in una giornata che si ritrovava nel bel mezzo di un bosco.
E sinceramente avrebbe desiderato la compagnia di Toby.
Camminava e camminava tenendosi stretta la torcia e abbracciandosi per scaldarsi.
Dopo un po', si ritrovò davanti a quelli che sembravano dei container.
- Non mi piace affatto tutto ciò... - commentò, andando ad esplorare tra i container per magari trovare un qualcosa di utile. Ma no, vi ci trovò solo un'altra pagina.
Quando vide che ci era disegnata la creatura alta, anche se molto male, lo afferrò subito.
- Così potrò provare che non è nella mia testa! - esclamò. Finalmente aveva una qualche chance di esser considerata normale.
Passò avanti, vedendo dietro i container un edificio basso.
- Forse c'è della gente! - corse fin dentro l'edificio.
- Hey! C'è nessuno? Mi sono persa! - gridò in inglese, ma non ebbe risposte.
Girò per il posto con la massima cautela trovando poi un'altra pagina.
Un'atmosfera angosciante si creò non appena se la mise "in tasca".
- No bueno... - mormorò.
Uscì finalmente dall'edificio che doveva essere un'area bagni. Fu costretta ad avventurarsi nuovamente nel bosco.
Seguiva il percorso in terra battuta, ma comunque non si sentiva al sicuro. Si guardò indietro: il mostro era lì, a forse 10 metri di distanza.
Gridò fino a non aver più aria nei polmoni e si diede ad una corsa folle.
- No no no no! - correva sempre più veloce, finché non lo seminò.
Alzò lo sguardo verso la luna. Si mise a piangere.
E pianse come un bebè appena nato, a pieni polmoni e senza fermarsi.
- NON NE POSSO PIUUUUUU! - urlò. Probabilmente la sentì tutto il bosco.
Sempre piagnucolando, continuò la sua infinita passeggiata.
Trovò un'auto abbandonata e malandata.
- Magari potessi scappare con questa... - aprì lo sportello per trovarci una pila di fogli e un biglietto.
"Corri e non voltarti".
Un fischio le distrusse i timpani e un dolore lancinante alla testa non la faceva ragionare.
" Devo scappare! ORA! " pensò, sforzandosi di correre a perdifiato con i fogli sottobraccio e la torcia nell'altra mano.
Sentiva i conati di vomito alla gola e la tosse che voleva levarle il fiato. Ma lei non si fermò.
La creatura terrorizzante appariva e scompariva ovunque Clem posasse lo sguardo. Era sul punto di cedere. Non ce l'avrebbe mai fatta.
Vide un cancello grigio aperto che dava su una strada d'asfalto.
- AIUTOOOOO! - strillò gettandosi fuori dal bosco e continuando a correre.
Corse finché non riconobbe la strada: era la strada che portava a casa sua.
Dopo del tempo, arrivò a casa, stanca e distrutta. Prese la chiave di riserva, nascosta tra le piante all'ingresso ed entrò in casa.
Chiuse la porta.
- Finalmente... casa... - si accasciò al pavimento.

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