Angie era arrivata in spiaggia nelle prime ore del mattino. Era domenica. Il sole era un bagliore all'orizzonte. L'aria sapeva ancora di notte e sale. Lei si tolse le scarpe e iniziò a camminare lentamente sulla sabbia fredda di Venice Beach. Ogni granello sotto ai piedi le dava una sensazione piacevole. Aveva bisogno di quella lunga distesa infinita e silenziosa. Le dava un senso di pace profonda, di benessere. La notte precedente, si era nuovamente trasformata in angelo e andò in giro per la città salvando anime. Tuttavia, non si sentiva tanto stanca. Però, dentro il suo cuore era contenta. Contenta di aver messo in salvo tanti ragazzi e ragazze, che rovinavano le loro vite su strade sbagliate. Angie respirò profondamente, lasciando che l'aria fresca le riempisse i polmoni. Era come se quel momento le appartenesse. Come se la sabbia e il mare, in quell'istante, fossero lì solo per lei. Si fermò a pochi passi dalla riva. Le onde scivolavano con grazia fino a lambirle i piedi. L'acqua era freddissima, ma le offriva una sensazione ristoratrice. Per un istante, chiuse gli occhi, lasciando che quel contatto le ricordasse la sua natura umana, fragile e fortissima allo stesso tempo. Mentre il sole continuava a salire all'orizzonte, Angie ripensava alla notte appena trascorsa. Le immagini delle anime che aveva toccato, i volti di quei ragazzi perduti che, per un attimo, erano apparsi sereni le si presentavano davanti come riflessi sull'acqua. Ogni volta che sfiorava quelle vite tormentate, sentiva qualcosa risvegliarsi in lei. Era come una fiamma sottile e persistente. Che la chiamava a una missione più grande. Ma c'era sempre quella domanda, quel dubbio: sarebbe riuscita davvero a salvare qualcuno definitivamente? O la pace che portava loro era solo un soffio breve prima che la tempesta li riprendesse? Camminò più vicino al mare. Notò come le onde si piegavano e si spezzavano, permettendo all'acqua di disperdersi in mille direzioni, per poi ricomporsi ancora. Forse, pensò, anche le anime erano così. Non potevano restare ferme, mai. Non potevano rimanere pacifiche per sempre. Ma seguivano movimenti propri, ritmici e imprevedibili, come il mare. Un lieve rumore la distrasse dai suoi pensieri. Aprì gli occhi, guardando lungo la spiaggia. Non si era accorta della figura a pochi passi da lei. Era quasi nascosta tra le ombre di alcune rocce. Angie sentì il cuore accelerare, quando capì di chi si trattava. Blaze era lì, assorto, con lo sguardo fisso sull'orizzonte. Era come se stesse combattendo i suoi stessi demoni contro quella vastità silenziosa. Esitò, sorpresa dalla casualità dell'incontro. Eppure, una parte di lei sapeva che non era solo un caso. Qualcosa in quella spiaggia, in quel silenzio, sembrava attirare entrambi, come se ci fosse un filo invisibile a unirli. Decise di avvicinarsi, consapevole di qualsiasi reazione di Blaze. I passi sulla sabbia erano appena udibili. Lui si voltò appena. Sembrava ancora in guardia. Si passarono qualche istante a osservare il mare, senza parlare. Angie gli sorrise piano. Era un sorriso che era più un'offerta, che una semplice espressione.
‹‹Non sapevo che anche tu venissi qui››
Quelle parole uscirono come un mormorio. Lei temeva di rompere l'incanto.
‹‹La spiaggia è di tutti!››
Blaze non la guardò. Il suo sguardo era fisso sul mare, come se cercasse qualcosa tra le onde. La sua voce era fredda come l'oceano. Angie riuscì a sentire tutta la fatica dietro quelle parole. Abbassò lo sguardo, lasciando che un po' di sabbia scivolasse tra le dita.
‹‹A volte, penso che luoghi come questo abbiano il potere di guarire le nostre ferite... o almeno di renderle meno profonde››
Non volle aggiungere altro, sentendo che il resto avrebbe potuto allontanarlo. Non poteva svelargli quello che era. Era troppo!
Blaze annuì appena. Era evidente che lottava con qualcosa di invisibile, come se non trovasse le parole o come se temesse che anche il più piccolo gesto potesse frantumare quel momento di intimità silenziosa. Alla fine, decise di parlare, anche se le sue parole sembravano estranee a lui stesso.
‹‹Non ho mai avuto pace, non davvero. E quando vedo te... sembri così...››
Si fermò, cercando il termine giusto, ma le parole gli mancavano.
‹‹Così cosa?››
Angie lo incoraggiò. La sua voce era come un soffio.
Blaze scosse la testa, frustrato.
‹‹Non lo so. Diversa. Come se tutto quello che fai... come se sapessi esattamente dove stai andando. Io invece...››
Fece una pausa, stringendo i pugni.
‹‹Io non so se troverò mai una strada da seguire!››
Angie lo ascoltò in silenzio. Poi, con dolcezza, gli toccò il braccio, un gesto lieve, quasi impercettibile. Ma lui sussultò, iniziò a tremare e si scansò. Per un attimo, prese paura anche lei. Poi, riprese il suo coraggio.
‹‹Forse non è la strada a mancare, Blaze. Forse è solo questione di aprire gli occhi e vedere che, anche quando tutto sembra buio, c'è sempre una luce da qualche parte. La tua luce››
Blaze distolse lo sguardo, come se quelle parole gli facessero troppo male. Come se vedere quella luce fosse troppo doloroso. Ma Angie sentì che, nonostante la sua resistenza, una parte di lui la stava ascoltando. Ne era certa. Restarono lì, quasi vicini, mentre il sole continuava a salire e il mondo intorno si risvegliava lentamente. Angie sapeva che non aveva bisogno di risposte immediate. Sapeva che avrebbe continuato a combattere contro le ombre di Blaze, contro i muri che lui stesso erigeva. Perché sentiva che, dietro quella corazza, c'era un'anima che meritava la pace, di essere sereno, felice. Anche se lui era troppo orgoglioso o troppo spaventato per ammetterlo. Blaze la guardò un'ultima volta. Poi, annuì, un cenno appena visibile, ma sufficiente per farle capire che, anche se non poteva ammetterlo, la sua presenza aveva fatto la differenza.
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Costruttrice di pace
FantasyAngie Carter è una ragazza di 19 anni, porta al polso destro un braccialetto con un fiore di loto. Cresciuta tra i suggestivi paesaggi di Londra, la città che le ha insegnato a sognare e a coltivare il suo talento per l'arpa. La musica è per lei mol...