I lividi si erano assestati sul mio corpo. Avevano acquisito diverse sfumature di diversi colori, alcuni scuri quasi neri con del viola attorno, gli altri verdi, ma comunque scuri.
Guardai anche il mio braccio, su di esso non si era assestato nulla, solo il ricordo. Era rimasto rosso fino al giorno dopo ma già alla sera sembrava essersi alleviato.
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Camminavo nel corridoio della scuola con insicurezza. Prima mi sentivo così sicura di me, nonostante sapessi di rischiare l'anno per via dell'educazione fisica mi andava bene, nessuna ragazza in quella scuola aveva buoni voti, solo chi faceva già sport per conto suo.
La mia scuola era tutta basata sullo sport, o sul movimento. Era la materia principale, la più importante. Come lo sono le lingue ad un linguistico o la matematica ad uno scientifico.
Era la materia principale ma quasi nessuno aveva la sufficienza.
Facevamo ben otto ore di educazione fisica alla settimana e gli allenamenti erano molto pesanti.
Quelli più bravi, ovviamente, erano quelli passati al terzo anno, che da noi corrisponde all'ultimo.
Qui si inizia a quindici anni e si finisce a diciotto. Loro dicono che quando si esce da qui hai un lavoro assicurato, ma non capisco cosa si potesse fare se non l'insegnante di educazione fisica o qualcosa di simile.
Thomas e compagnia erano al terzo anno, e ci credo, con tutti quei muscoli.
Loro devono essere stati bocciati per forza, Tom aveva diciannove anni, il suo amichetto non saprei, ma non mi interessava saperlo.
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-bu!- mi sentii quasi urlare da dietro
-ma sei scemo? mi hai spaventata-
-scusami- mi disse Thomas scoppiando in una risata per lo spavento preso
-non farlo ma più- gli dissi quasi in tono serio, mi ero davvero spaventata
chiusi l'armadietto girando la chiave e riportando quest'ultima in tasca. Le file di armadietti sembravano infinite. Erano tutti verde scuro e allineati ai lati dei corridoi della scuola, questo rendeva tutto più serio, come le luci, posizionate in alto, bianche, sembravano essere di quel colore così acceso per un motivo specifico.
-come è andata oggi la lezione di educazione fisica?-
-bene-. Mentivo.
lui mi guardò dal basso, era abbastanza alto come ragazzo, sarà stato 1.90, mentre io non arrivavo neanche al metro e settanta, sarò stata 1.68.
-sei sicura?-
-si- risposi felice
-no- dissi dopo calando il tono di voce
-immaginavo-. Sorrise.
-non posso farci nulla se sono scarsa in questa dannata materia- dissi come stufa di doverla praticare, e studiare
-e allora perchè sei qui? voglio dire, questa scuola è basata solo, sull'educazione fisica- mi disse poi come ad accentuare alcune parole.
-non è stata una mia scelta, qui a West Point non ci sono così tante scuole e mio padre doveva trasferirsi per lavoro, di nuovo- sbuffai
-mh capisco, beh cerca di impegnarti o non riuscirai ad entrare-
-entrare?-
-volevo dire passare, al secondo anno- disse con un pizzico di nervosismo nella voce, come se volesse nascondermi qualcosa
-si, devo impegnarmi, magari facendo qualche esercizio a casa-
-magari-
-o magari ritirandoti, non ci serve una come te qui- sottolineò poi Fletch, che spuntò da dietro le mie spalle.
Una fitta allo stomaco mi avvolse. Era di nuovo davanti a me, e io mi aspettavo il peggio. Aveva quello sguardo che ti inquietava, ti diceva stammi alla larga, non sono la persona giusta da frequentare e tu restavi li, a terrorizzarti.
Non puoi scappare da braccia forti come quelle di Fletch.
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-quindi posso venire a casa tua? sicura che non disturbo?-
-ma no tranquilla, ti aspetto-
-okay-
Era Miranda. Un'amica di Thomas, che però era anche amica mia. Si era trasferita li qualche anno prima di me, così nell'occasione ci incontrammo di nuovo. Ci conoscevamo dalle elementari ed eravamo come sorelle. Avrei anche potuto evitare di chiedergli se potevo andare a casa sua, ma ultimamente la timidezza mi prendeva senza lasciarmi mai andare.
Bussai alla sua porta che si aprì subito. Lei mi trascinò dentro casa, non mi diede nemmeno il tempo di salutare i suoi che già ero in camera sua.
Lei condivideva la stanza con suo fratello, Lex. Lex era sempre via per lavoro, ci giocavo sempre da bambina ma poi lui sembrava sparire nel nulla, e ormai non lo vedo più tanto spesso.
-allora raccontami, com'è la nuova scuola-
-non va tanto bene-
-come mai?-
-è una scuola faticosa.. tutta quell'educazione fisica, è molto stancante. E stressa a livello emotivo, giuro.-
-cosa intendi?-
Mi sollevai la maglietta fingendo che fosse stata la fatica e il cadere durante gli allenamenti, a creare quelle pozze nere e verdi sul mio addome.
Lei ne rimase molto sorpresa, non poteva immaginare fossero così rudi. Non lo erano infatti, ma per me Fletch era come un insegnante. Se sbagli in qualcosa, non ti da la possibilità di correggerti.
-quando hai avuto l'ultima lezione?-
-ieri-
-ecco perchè sono così visibili-
-questi non si levano dopo una settimana Miranda, questi passano dopo mesi. Fanno così male che potrei piegarmi in due dal dolore anche adesso, ma non lo faccio perchè cerco di trattenermi e di resistere.- dissi con tono serio, lei non poteva capire.
-si ma Grace, io non sono stupida. Le cadute, il forte stress corporale, non ti segnano la pelle in questo modo. Oltre alle lunghe ore di educazione fisica, cosa ha provocato questi segni?-
Mi pietrificai per qualche secondo. Lei mi conosceva così bene, sapeva quando mentivo. Molte volte ci cascava ma sapeva che non era la completa verità.
-pugni-
-cosa?-
-pugni- dissi in tono grave.
-non puoi essere stata picchiata. Non in questa maniera santo cielo. Chissà quanto dolore starai provando.-
Aveva ragione, stavo provando un dolore assurdo. Era come se quei segni sulla mia pelle fossero indelebili, sentivo il peso dei pugni di Fletch sul mio addome espandersi, come se picchiasse ogni secondo. Era come se venissi trafitta da mille lame, nello stesso momento.
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-correre, correre!- Gridava contro noi studenti l'insegnante
-non siamo qui per giocare siamo qui per lavorare, correre!- gridò ancora mentre noi correvamo ormai da venti minuti.
Cercai di non fermarmi, non potevo farlo, non di nuovo.
Sarebbe stata la buona scusa per rimandarmi e per non farmi neanche più continuare le lezioni, ed essendo inizio anno non sarebbe stata molto carina, come decisione.
Continuai a correre ma poi sentii una fitta lancinante all'addome, sicuramente colpa degli evidenti lividi.
-Signorina Patter va tutto bene?- urlò dall'altra parte del campo
-sisi prof! due minuti e mi rimetto in linea- urlai a mia volta
Lui da lontano si limitò ad annuire per poi spostare lo sguardo su una delle classi che stavano entrando in campo.
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Dragoste"I suoi scarponi erano ancora sporchi di fango, il suo volto era distrutto dalla stanchezza. Non sapevo se odiarlo o amarlo ancora di più per quello che faceva ogni giorno, nel dubbio la nostra relazione dondolava sulla sottilissima soglia di entram...