LA CURA

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Ti proteggerò dalle paure delle ipocondrie,
dai turbamenti che da oggi incontrerai per la tua via.
Dalle ingiustizie e dagli inganni del tuo tempo,
dai fallimenti che per tua natura normalmente attirerai.


Ho fallito, Albus. Non ce l'ho fatta. Sii forte mi dicesti. Non ci sono riuscita, ho mollato. Mi sento male, senza te. Mi proteggevi, cercavi di non ferirmi. Cercavi di farmi dimenticare il mio passato e io il tuo.
Come si fa a superare il dolore? Come faccio ad andare avanti senza te? Non posso, non ci riesco.

Ti solleverò dai dolori e dai tuoi sbalzi d'umore,
dalle ossessioni delle tue manie.
Supererò le correnti gravitazionali,
lo spazio e la luce
per non farti invecchiare.


Sono sola in camera. Prendo il mio pugnale d'argento, quello che tengo sempre nel cassetto. Guardo fuori dalla finestra. La luna piena mi illumina il volto, creando giochi di luce e ombra sul muro. Non riesco né a mangiare né a dormire. Che senso ha andare avanti? Come posso continuare se appena chiudo gli occhi mi torni in mente?
Mi hai lasciata sola e indifesa. Sola col mio passato, con i miei tormenti.
Credevo che saremo invecchiati insieme. Insieme. E ora sono sola. La vecchiaia non sembrava niente con te, mentre ora mi sento vecchia di mille anni, con un peso che non riesco a togliere dal mio cuore

E guarirai da tutte le malattie,
perché sei un essere speciale,
ed io, avrò cura di te.


Punto il pugnale sul mio petto. Dovrebbe essere facile, non credi? Eppure non riesco. Sono sicura di volermene andare? Sono sicura, Albus? Non riesco più nemmeno a decidere. Ho bisogno di te. Mi sento esposta, nuda, senza niente che mi protegga. E i miei incubi tornano, mi assillano, mi tormentano. Mi conducono verso l'auto-distruzione.

Vagavo per i campi del Tennessee
(come vi ero arrivato, chissà).
Non hai fiori bianchi per me?
Più veloci di aquile i miei sogni
attraversano il mare.

Ti ricordi quel giorno? Piangevo, con la lettera di mia madre in mano. Avevo poco più di quarant'anni all'epoca. Quel giorno, il mondo mi crollò addosso. Non ne potevo più. Ero a pezzi, arrabbiata con me stessa e con tutti. Non volevo più uscire da quella stanza. Volevo rimanerci. Che senso aveva uscire, vivere nascosta dietro una maschera?

Ti porterò soprattutto il silenzio e la pazienza.
Percorreremo assieme le vie che portano all'essenza.
I profumi d'amore inebrieranno i nostri corpi,
la bonaccia d'agosto non calmerà i nostri sensi.

Poi entri tu. Ti siedi accanto a me, mi metti un braccio intorno alle spalle. Appoggiò il viso sulla tua spalla e piango, piango fino a non sentire più gli occhi. Poi comincio a tremare e tu mi stringi più forte. Per quanto siamo rimasti in quella posizione? Non saprei dire. So solo che quando mi alzai le stelle erano ormai sorte in cielo.
"Come si supera il dolore, Albus?"
"Non si supera. Ma imparerai a conviverci."
Mi sei rimasto accanto, mi sono sfogata. Ho pianto ancora sulla tua spalla. Non hai detto nulla, sei semplicemente rimasto lì, a sorreggermi e ad ascoltarmi. Alla fine, mi sono addormentata tra le tue braccia, sfinita. Siamo rimasti vicini. Vicini, da allora.

Tesserò i tuoi capelli come trame di un canto.
Conosco le leggi del mondo, e te ne farò dono.
Supererò le correnti gravitazionali,
lo spazio e la luce per non farti invecchiare.


Spingo di più il pugnale sul petto. Sento che affonda nella pelle. Ma che sto facendo, Albus? Io non posso. Non posso deluderti. Non devo. Lascio cadere la lama, che atterra sul marmo freddo con un frastuono, spezzando il silenzio. Mi porto la mano alla ferita. Sanguina, ma non è grave.
La testa comincia a girarmi vorticosamente. Perdo i sensi e crollo a terra.

Ti salverò da ogni malinconia,
perché sei un essere speciale ed io avrò cura di te...


Mi sveglio e ti vedo vicino. O sono morta, o sto sognando. Ti avvicini e mi abbracci. Sì, devo essere morta, il tuo tocco è troppo reale. Percepisco anche il tuo leggero profumo di limone.
"Vai avanti, Minerva." Dici solamente, accarezzandomi il volto.
"Come faccio senza te?" chiedo, con le lacrime agli occhi.
"Ce la farai."
Non resisto più. Comincio a piangere, scossa da forti tremiti. Crollo tra le tue braccia, le mie gambe non reggono più.
"Ti prego, Albus. Aiutami."
"Sono sempre con te."
Mi sorridi, asciugandomi le lacrime.
"Sto male senza te, Albus."
"Sarò la tua cura, sempre."
Mi dai un bacio sulla fronte.
"Sono qui, Minerva." Indichi il mio petto. "Non morirò veramente finché mi terrai lì, al sicuro. E finché non mi dimenticherai, io ci sarò."
Ti vedo svanire.
"Non lasciarmi!" urlo, fuori di me.
"Non l'ho mai fatto."

io sì, che avrò cura di te.


Mi riprendo, la veste leggermente sporca di sangue. La luce lunare illumina il pugnale, facendolo scintillare. Lo prendo e lo ripongo nel cassetto, chiudendolo a chiave.
Non è la mia ora, non ancora.
Ma quando arriverà, allora potrò rivederti ancora. Abbracciarti, parlarti. Mi consolerai e mi proteggerai dal mondo e da me stessa, come hai sempre fatto.
Mi porto la mano al cuore. Pulsa ancora forte nel petto.

"Ti sento, Albus."
"Ci sono sempre."

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