Bethany
Mi svegliai in un letto ospedaliero, e mia mamma accanto a me. "Dove mi trovo?", chiesi a lei.
"Sei svenuta al parco Beth.. Due ragazzi ti hanno portato gentilmente qua, dicono che stavi molto male", mi disse dolcemente.
Mi irrigidii "Due uomini?". Allora non era un sogno..
Lei mi accarezzò la mano. "Sì. Sono stati molto gentili"
"Non ne dubito..", feci perplessa. "Tra quanto posso tornare a casa?"
"Il dottore ha detto che se vuoi puoi tornare adesso. Abbiamo chiamato il tuo psichiatra ed è tutto okay, devi solo continuare a prendere le pillole".
Già. Le pillole che nascondevo nel vaso di fiori da una settimana. "Ah, ti hanno portato un cambio di vestiti. È davvero gentile il signor Castelhoof. Dovresti ringraziarlo Beth"
"Gli manderò un messaggio su un cellulare..", risposi cercando di sviare la conversazione. "Puoi andartene?"
Si alzò e mi sorrise "Ti aspetto a casa tesoro"
Mi lasciò da sola. Finalmente sola. Io mi alzai dal letto e mi svestii al centro della stanza. L'uomo aveva pensato proprio a tutto che mi venne un leggero rossore sulle guance a vedere che mi aveva procurato anche un completo intimo blu. Senza fronzoli. Ma almeno era entrato in un negozio cercando una taglia per me.. Mi misi la camicia di seta azzurra e dei jeans chiari. Mi pettinai i capelli biondi e misi un po' di fondotinta e mascara per non sembrare sconvolta. Detto questo. Con molta tranquillità uscii dalla stanza, e quando alzai lo sguardo mi trovai di fronte all'uomo del parco, questa volta in giacca e cravatta che mi guardava serio. "Si sente bene signorina?"
Annuii impaurita "Molto meglio.. La ringrazio per ieri sera..", mormorai.
"Non si preoccupi, è stato un mio dovere", disse sorridendomi. Mi tese la mano "Reginald Castelhoof"
La guardai per qualche secondo con il cuore che minacciava di cedere. -Avanti Beth non è poi così difficile-. Gliela strinsi iniziando a sudare "Bethany Wonder", dissi schiarendo la voce purchè sapessi che stava apparendo stridula.
"Posso invitarti a prendere un caffè? O deve andare a casa?", mi chiese cauto.
Scossi la testa impaurita ancora di più. "Io.. Devo.. Subito tornare a casa. Subito", feci guardandomi intorno disorientata.
Mi prese le spalle e si abbassò per guardarmi negli occhi. "Sei sicura di sentirti bene?"
Non avevo fiato. "No"
"Allora credo che un caffè sia quello di cui tu hai bisogno", disse prendendomi la mano. "Ti riporterà il mio autista a casa"
Molto perplessa mi lasciai condurre in un bar, dove la cameriera prese le nostre ordinazioni. Io ordinai una cioccolata calda e un pezzo di torta.
Reginald
Sembrava impaurita, in costante allerta. Non sapevo che cosa la intimidiva di me. In molti dicevano che ero intimidatorio.. Eppure non mi sembrava che l'avessi tratta male.. "II dottori ti hanno detto perché ieri ti sei sentita male?", le chiesi cercando di rompere il silenzio.
"Queste sarebbero informazioni di dominio personale", rispose lei guardando la cioccolata calda. Poi alzò lo sguardo verso di me e mi disse con tono di scuse "Scusa, è che non sono abituata a parlare di me agli estranei"
Mi venne da ridere per quanto mi facesse tenerezza questa ragazza. Era così minuta davanti a me. E così graziosa. Quei capelli biondi gli incorniciavano il viso perfettamente e gli occhi azzurri la facevano sembrare ancora di più una dea. Aveva la pelle bianca, che sembrava liscissima al tatto. -Dio quanto vorrei vedere se è la verità- mi disse una vocina interna della mia coscienza. La scacciai all'istante via. Non sembrava molto propensa a fare amicizia. "Ormai non sono più un estraneo. Ti ho salvata, ci siamo presentati, e ti ho comprato vestiti nuovi"
Sulle sue labbra comparve un piccolissimo sorriso "Ancora grazie"
Rimasi fermo a guardarla mentre beveva la cioccolata calda. Non ero stato mai attratto da una ragazza così innocentemente bella. Guardai l'orario dal telefono e vidi che ormai erano quasi le dieci. Decisi di mandare un messaggio a Trevor. "Annulla i miei appuntamenti in mattinata, e procurami un auto tra venti minuti davanti al bar dell'ospedale. Riaccompagno la ragazza a casa"
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Occhi sbarrati
RomanceBethany La mia storia non ha bisogno di prologhi. "Lasciatemi, per favore abbiate pietà", piansi cercando di liberarmi La mia storia non ha bisogno di prefazioni. Mi dimenai inutilmente, ma la corda che avevo attorno ai polsi strideva ancora di più...