Eighteen

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Lo spingo dentro la casa, le suole delle sue scarpe fanno un rumore orribile contro il parquet, ma non mi importa, non importa più di nulla. Chiudo la porta alle mie spalle, non devo farlo scappare, non più. Gli tolgo la giacca e la butto a terra, lo stesso faccio con la mia. Lo spingo sul divano, non c'è tempo per salire, per perdersi, mi chiede pietà, domanda perdono per avermi trascurato, per aver fatto tutti quegli errori, ma io non lo ascolto, non valgono nulla le sue scuse, non ora, non più.

Sovrasto il suo corpo con il mio, mi prega, non farlo Harry, non voglio, non devo farmi incantare dalla purezza della sua voce, non sta notte. Gli tolgo la maglia e i pantaloni, quasi nello stesso istante, non voglio che nulla mi separi da quello che è mio, torturo il suo collo, le clavicole, il petto, lascio i segni evidenti del mio passaggio, ciò che è mio, è mio. Lui mi spinge, urla, quasi piange, le sue esili braccia che cercano di spostare il mio corpo possente dal suo.

Gli dico di stare fermo, ringhio nel suo orecchio, mi sento una bestia, forse lo sono, quello che faccio non è civile, ma anche lui ha le sue colpe, le bestie non diventano tali da sole.

Tolgo anche i miei vestiti, i suoi occhi, colmi di lacrime, supplicano, come la sua bocca, di fermarmi, di avere pietà di lui. Come potrei avere pietà di lui? Del mio aguzzino? Dell' uomo che mi ha illuso, un anno di amore, seguito da una sola notte di passione travolgente, e poi per ben quattro anni il buio. Ignorato totalmente dall'uomo che ami, che preferisce ragazze frivole e di poco conto a chi lo ama. Pochi giorni fa, il colpo di grazia, quella notizia che ha allibito un po' tutti, lui compreso, che mi ha fatto capire che l'ultima occasione per renderlo mio sarebbe stata questa notte.

Mi supplica, mi dice che farà tutto quello che voglio, gli dico di stare zitto, non voglio più sentire una sola parola uscire dalla sua bocca, fermarmi non è fra le mie intenzioni.

Tolgo gli ultimi indumenti che separano il suo corpo perfetto dal mio, e lui inizia a piangere, come un bambino, non starò ad ascoltarlo.

Faccio combaciare i nostri bacini e le nostre labbra nello stesso istante, le sue urla che mi muoiono in gola in un bacio lungo e umido.

Riprendo a baciare il suo petto, traccio con la lingua le linee dei segni neri da me adorati, sussurra il mio nome, come se in un attimo di follia abbia dimenticato della violenza che sta subendo, e giuro che in quel momento ho sorriso.

Urla ancora mentre entro dentro di lui, impossessandomi di ciò che è mio, urla così forte che penso che i vicini vengano a bussare alla porta, perciò gli spingo una mano sulla bocca, gli dico che va tutto bene, e aprendo il mio cuore gli dico che lo amo.

Mi muovo lentamente, gli asciugo le lacrime e gli accarezzo i capelli, singhiozza, e mi dà fastidio, lo spingo verso il letto, deve stare fermo.

Mi guarda negli occhi, ricambio lo sguardo, i suoi occhi azzurri pieni di lacrime fanno salire i sensi di colpa, piango anche io e gli metto le mani nei capelli, singhiozziamo entrambi.

"Perché l'hai fatto? Perché l'hai messa incinta? Perché vuoi farmi soffrire così?"

Mi dice che non lo sa, che ha sbagliato, non voleva farmi soffrire. Balle.

Gli torturo il collo, tutti devono sapere che è mio, mio e basta.

Geme di dolore, piega le gambe, mi graffia la schiena.

"Di chi sei?" quasi ringhio nel suo orecchio.

Resta in silenzio.

"Dillo cazzo! Di chi sei?"

Il suo labbro inferiore trema leggermente "T-tuo"

Non mi basta.

"Non tentennare, di chi sei? Dillo!"

Scoppia ancora a piangere "Sono tuo Harry, tuo e basta"

Quasi sorrido ancora, posando ancora le mie labbra sulle sue, mentre i nostri bacini si sfregano, e io scivolo lentamente fra le sue membra.

E' un bacio bagnato, pieno di parole non dette, di lacrime non versate. Lui ricambia, anche lui preso da quel momento, che a me sembra magico.

Porto una mano attorno alla sua parte sensibile, alta e pulsante, ricercante le mie attenzioni.

Geme il mio nome, in un sussurro, e io giuro, lo giuro, di aver trovato il paradiso.

I miei movimenti accelerano, i miei baci e i miei morsi diventano più frequenti e violenti.

"Di chi sei?"

"Tuo"

"Di chi?" quasi urlo

"Tuo!" urla anche lui, quasi arrabbiato

Mi riverso dentro di lui, mettendo la testa fra il suo collo e la sua spalla, mentre lui lo fa nella mia mano, sporcandola del suo liquido caldo.

Mi alzo lentamente, vado in bagno e lavo le mani, bagno un asciugamani e torno a pulirlo. Non stacca gli occhi da me.

Metto i boxer, cercando con gli occhi la mia maglietta, lui si siede sul letto, sento i suoi occhi gelidi sulla mia schiena.

"Io non ti amo Har, lo sai?"

Non gli rispondo, prendo invece i miei vestiti e li indosso, apro la porta e mi giro verso di lui sorridendo amaramente.

"Lo so, lo so Louis." Prendo il cappotto e lo indosso.

Esco dalla sua casa e mi incammino per le strade di Londra, alzo il colletto per ripararmi, le nuvolette di condensa che escono dalle mie labbra.

Vengo illuminato dalla luce pallida dei lampioni mentre cammino lentamente verso casa mia.

Non si muove nulla, tutta la città sembra silenziosa, risuona soltanto la mia voce, profonda e roca, canticchiare una canzone, la mia, la nostra.

"I have loved you since we were eighteen"



ANGOLO AUTRICE

Ciao a tutti! Questa è la mia primissimissim ff che contiene una scena d'ammore, sono abbastanza soddisfatta, a voi piace? Fatemi sapere :3

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