Il rumore dei propulsori degli Scavii rimbombò nelle sue orecchie facendogli raggelare il sangue nelle vene. Non è possibile. Prese l'ultima batteria a portata di mano, richiuse la sacca di pelle buttandosela dietro la schiena e si precipitò fuori dall'autorimessa abbandonata. Il rumore proveniva da Nord, a giudicare dal riverbero del suono dovevano essere nella terza via parallela alla sua, quella dove si ergevano i resti di un imponente edificio in vetro.
Si morse un labbro. Mai fidarsi di una femmina. Nei suoi pensieri passò per un secondo il volto di Eev che gli assicurava che la città era abbandonata e che gli Scavii non andavano mai a rastrellarla. Gli si rimescolò il sangue, era arrabbiato, molto, ma quello non era di certo il momento di perdere la calma. Era da solo, in pieno giorno, contro 2, o forse erano 3, Scavii adulti; con un po' di fortuna avrebbe potuto uscirne vivo, ma non era di certo il caso di tentare la sorte. Doveva in tutti modi uscire dalla città, raggiungere il bosco, lì, gli alieni non avrebbero mai potuto tenere il suo passo, nemmeno volando su quei loro maledetti macchinari. Il problema era che fra lui e il bosco c'erano proprio quelle creature.
I propulsori si spensero, un secondo dopo tre fischi assordanti riempirono l'aria. Perché attivano i cannoni al plasma? Che quei tre Scavii non sapessero dell'udito sopraffino del suo popolo? Impossibile, anche lo Scavii più giovane sapeva che attivare un cannone al plasma avrebbe rivelato la sua posizione a chilometri di distanza; ma allora perché li avevano già attivati?
Scosse la testa, non era il momento di indagare, doveva trovare un modo di raggiungere il bosco senza farsi vedere. Si legò la sacca con le batterie al collo e si arrampicò sull'edificio più vicino, arrivò fino al tetto, percorrendolo in tutta la sua lunghezza fino ad arrivare all'altra faccia dell'edificio, scrutò la strada di fronte a sé e puntò la palazzina dall'altro lato; era più bassa di quella in cui era adesso e non distava più di 15 metri; arretrò un po' per prendere la rincorsa, due falcate bastavano e avanzavano, saltò senza mai guardare in basso e atterrò in piedi sul tetto della palazzina, senza il minimo rumore.
A quel punto si accovacciò, gli Scavii non avevano un buon udito, e nemmeno una gran vista, ma i loro radar lo avrebbero subito avvistato, se avesse commesso il minimo errore. Acuì l'udito, per captare meglio la posizione degli alieni e un rumore lo colpì subito. Era flebile e rimaneva quasi del tutto coperto dal rumore dei motori dei cannoni al plasma, ma era inconfondibile. Un cuore? Non poteva credere alle sue orecchie, il battito era molto lento e debole, il ché lo fece subito sospettare che si trattasse di una creatura moribonda, eppure, perché lui non lo aveva sentito prima? Un essere in quelle condizioni avrebbe dovuto esser lì da ore, invece, quando lui era arrivato, non lo aveva minimamente sentito. La curiosità ebbe il sopravvento e lo spinse ad avvicinarsi, nel tempo che trascorse per raggiungere il parapetto mille ipotesi annebbiarono la sua mente, ma quello che vide non lo avrebbe mai potuto immaginare. I tre Scavii erano in piedi, bianchi e oblunghi in quelle loro tutine lucide, con i cannoni in mano. Quello che puntavano i loro cannoni, era qualcosa che non aveva mai visto. Dapprima pensò che fosse un cucciolo diverso, dalla carnagione chiara, ma i capelli gli fecero capire che si trattava di qualcosa ancora differente. Sebbene assomigliasse a un cucciolo della sua stessa specie, la sua carnagione era troppo chiara perché fosse normale, ma i suoi capelli erano troppo gialli perché fosse un diverso e lunghi, decisamente troppo lunghi. Inoltre, ne avrebbe dovuto sentire l'odore, ma a parte quello di ormoni femminili, non avvertiva nulla di familiare.
Dopo qualche istante di immobilità, uno degli Scavii spense il cannone attaccandolo alla presa che aveva dietro la schiena e si chinò sulla creatura, caricandosela in spalla. L'essere sconosciuto non si dibatté, né protestò, doveva essere in una sorta di stato incosciente se nemmeno la sua frequenza cardiaca subiva mutamenti a quegli stimoli. Lo dovevano aver capito anche gli Scavii, che spensero le armi e accesero nuovamente i propulsori che tenevano sulle spalle per il volo.
Qualcosa dentro le sue viscere si animò. Devi fermarli! Si slacciò la sacca dal collo, mentre il suo corpo iniziava a mutare. Cercò a fondo dentro di sé le gabbie in cui aveva segregato la sua rabbia e le aprì, una dopo l'altra. La vista iniziò a farsi più offuscata e il mondo si tinse di una strana nota rossastra, l'udito invece si fece più sensibile mentre il corpo raddoppiava di grandezza e la pelle si ricopriva del caldo manto nero che lo caratterizzava. Si strappò la maglia di dosso, sentendo che iniziava ad opprimerlo, mentre gli artigli dei piedi sfondavano le scarpe, distruggendole. Rimase solo con i jeans corti fino al ginocchio e avrebbe preferito toglierli in quanto lo impacciavano tremendamente nei movimenti, ma non aveva tempo: gli Scavii non si erano ancora accorti di lui e si erano placidamente alzati in volo. Dei tre, quello che trasportava la strana creatura era il più distante da lui. Meglio. Si appostò sul parapetto del palazzo, pronto a scattare.
Il rumore del radar che percepiva il pericolo giunse alle sue orecchie, ed anche a quelle degli alieni a giudicare dal modo in cui si voltarono verso di lui, colti alla sprovvista. Troppo tardi. Balzò in avanti, verso lo Scavii più vicino, investendolo con la sua mole, lo avvolse in una stretta mortale e non ci pensò due volte prima di affondargli le zanne sul collo. L'alieno reagì estraendo un piccolo stiletto e infilandoglielo con forza nel fianco. Il dolore per la coltellata lo portò solo a stringere con più veemenza le fauci, quelle maledette tutine che portavano sempre erano spesse e resistenti, ma nulla poteva resistere alla forza della sua mandibola. Un istante dopo sentì il rivoltante sapore del sangue dello Scavii in bocca. Era una sostanza gelatinosa e amara, che gli faceva pizzicare la bocca per ore, ma sapeva di vittoria. L'impatto col terreno fu duro, ma non gli causò il minimo dolore, la sua ossatura era così robusta da poter resistere a cadute ben peggiori di quella. Si rialzò subito, gettando lontano da sé il cadavere dell'alieno, e guardò in alto.
Lo Scavii a mani libere impugnò il cannone al plasma, ma appena fu sul punto di avviarlo, un ringhio profondo squarciò il silenzio. Gli Scavii si scambiarono uno sguardo silenzioso e volarono via, mentre sul tetto di una palazzina comparvero due ombre. Con la vista annebbiata dalla furia omicida non poté distinguere altro che le loro sagome, ma dall'odore e dal rumore dei loro passi li riconobbe subito. Eev e Otte. Mentre lo raggiungevano decise di tornare in forma normale, placando la sua ira e segregandola nuovamente sotto strati e strati di autocontrollo.
«Ary, fratello! Cos'è successo?!» Eev gli si accostò subito, posando i suoi grandi occhi castani sullo stiletto che aveva ancora conficcato nel fianco; lui le rivolse un'occhiata glaciale, mentre si estraeva la lama dal corpo. Il dolore non era intenso, ma tanto bastava per velocizzare le sue funzioni vitali che gli avrebbero guarito la ferita in pochi minuti, senza lasciarne traccia.
Otte si era fermato ad esaminare il corpo dello Scavii morto. «Cosa stavano portando via?» domandò, con la sua voce profonda e raschiata.
«Non ne sono sicuro, un cucciolo, forse, o qualcos'altro.» Adesso avrei potuto saperlo se non vi foste intromessi. Una parte di lui era furiosa con Otte, odiava esser salvato, ma un'altra vocina nella sua testa, sapeva che doveva ringraziarlo; se il suo brutale amico non avesse messo in fuga gli Scavii, ora lui si sarebbe ritrovato con sicuramente più di una semplice stilettata da guarire, e, forse, con l'amara certezza che quella creaturina non valesse la pena di esser salvata.
Eev gli rivolse un'occhiata strana, colpevole, teneva le orecchie a punta basse, praticamente nascoste dall'incolta chioma di capelli marroni; l'odore della sua sottomissione gli arrivò prepotentemente alle narici, facendolo innervosire non poco, qualche anno prima avrebbe forse reagito aggredendo la sorella, ma ora era cresciuto, riusciva a ragionare in modo più razionale. «Non è colpa tua, sono venuti per quella creatura, non per me» sentenziò, ponendo fine alla questione. «Grazie di essere intervenuti» ammise poi, con una certa fatica, ma sapeva che era la cosa giusta da fare.
La sorella gli sorrise, drizzando nuovamente le orecchie. «Appena abbiamo sentito i fischi dei cannoni siamo accorsi!» Otte annuì, mentre trafugava tutte le parti meccaniche che vedeva dal cadavere dello Scavii.
Ary guardò per qualche secondo il cielo, che aveva di nuovo la sua normale tinta azzurrina, degli Scavii non c'era più nessuna traccia, non è un tuo problema. «Torniamo dal branco.»
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L'umana dal passato
Ciencia FicciónI suoi occhi rossi la fissavano da dietro le sbarre, preoccupati. Era la prima volta che lo vedeva in quello stato, la situazione gli era sfuggita di mano e non gli piaceva affatto. «Non farti uccidere, mi servi viva.» A quel punto non sapeva se rid...