18. Mano sinistra.

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《There'll be no clear skies, if I lose you baby.
Just like the clouds pass, I would do the same
If you walk away, everything will rain, rain, rain.》
                    
"Ho qualcosa per te" Mi disse la signora Millan giusto qualche giorno prima, al telefono, non dandomi neppure il tempo di riflettere e ribattere; poi aggiunse "Vieni da me in clinica mercoledì alle 18, ti mostrerò tutto".
E quel gioco che era il nostro rapporto continuò anche dopo tutto quello che successe nella mia stanza, dove mi lasciai prendere un pò troppo la mano dalla situazione - e il cuore e tutto da lui.

Dunque, eccomi nella clinica, seduta sulle grandi poltrone in sala d'aspetto.
Michael al mio fianco.
Con tutta la storia di Clary e quel peso che mi si formò nel petto a sentire quelle parole così vere, quasi non volevo che qualcuno mi accompagnasse - non volevo creare tutto quel disturbo: ma avevo bisogno di aiuto, non potevo negarlo.
Michael continuava a smorzare la tensione nella stanza con le sue solite battute - come "Un uomo entra in un caffè: splash" - che facevano alzare gli angoli della bocca un pò per disperazione.
I miei spessi occhiali neri - dopo l'episodio con il ragazzo - rimasero sempre ben saldi sul mio viso; e oltre a loro, rimase ben salda nella mia testa anche la volontà di non pronunciare mai più il suo nome - faceva così male farlo, come una pugnalata dritta nella parte più debole e nascosta di me.

Continuavo a giocherellare con la mia tartarughina blu che mi pendeva dal collo, speravo mi avrebbe portato fortuna anche in quel momento, come aveva sempre fatto.

Ad un tratto il mio telefono squillò.

"Mike potresti vedere chi è?" Dissi porgendogli il mio cellulare.

"È Clary.." Rispose in un sussurro.

Riuscii a dire un "Oh" decisamente impastato, come se tutto quello che avessi voluto dire non sarebbe mai riuscito ad uscire, come se si fosse bloccato, come se fosse morto.

"Cosa vuoi fare?" Mi chiese a bassa voce Mike, il telefono che ancora trillava tra le sue mani.

"Attacca." Dissi solamente, le mani a stringersi insieme.
E anche se nel mentre che lo dissi l'immagine più comica che mi venne in mente fu Skin ad x-factor e il suo "Attacca", di divertente qui non c'era proprio nulla.

Mi sentivo vuota, svuotata, come una bottiglia di plastica schicchiata. La testa scoppiava e il cuore faceva la sua parte, e si trovavano a lottare a suon di stonature come due violini scordati.

Michael stranamente non parlò, rimase nel suo silenzio e nel mio, rimase nel silenzio della stanza e della vita, come una domanda esistenziale a cui non si trova risposta.
Ed era strano lui stesse zitto.

Mentre mi crogiolavo in questo pensiero, dei passi risuonarono fin dentro le mie ossa, creando in me un senso di agitazione e di sollievo tale, da non saper più dove iniziasse una e dove finisse l'altra.

"Ross, quale piacere!" Parlò con disinvoltura la signora Millan.
Avrei potuto giurare avesse un grande sorriso, in quel momento.

"Signora Millan, che sorpresa ha per me?" Dissi rimanendo seduta e cercando di non far inclinare la mia voce.

"Lo scoprirai presto. Potreste seguirmi nel mio ufficio? Lì parleremo meglio." Disse in modo lento e cadenzato, cominciando subito ad incamminarsi - gli spessi tacchi a scandire i suoi passi.

Io e Mike ci alzammo, ed io, insieme al braccio che lui mi porse e al mio bastone, riuscii a seguirlo facilmente.

Una volta percorso il piccolo corridoio che ci divideva dall'ufficio della signora Millan - forse otto o nove passi - ci fece accomodare su altre poltrone, decisamente più grandi e confortevoli.
Avevo le mani sudate e la posizione tesa, non sapevo veramente cosa aspettarmi.
La signora Millan, fin dall'inizio, è  sempre stata un pò il mio angelo custode, quella figura materna che da quando successe mi venne a mancare - con motivi per i quali una madre non dovrebbe mai abbandonare una figlia.
Ed oggi, seduta davanti a lei con Mike - colui che avrei potuto definire un fratello - mi sentii come a casa.
Provai la stessa sensazione che, quando ero ancora una bambina, pervadeva il mio essere al cenone di Natale - la pelle che bruciava dall'euforia nel voler scoprire tutti i miei regali, e il sorriso sempre presente, la felicità a scorrermi anche nelle vene.
Mi sentivo a casa.
E sorrisi, sorrisi non appena sentii la mano di Michael stringere un pò più forte la mia mano destra, ma piansi dentro - trasformando il mio sorriso in un qualcosa di più amaro - quando capii che la mia mano sinistra era vuota, quando capii che colei di così fondamentale per me, non c'era.
Mi strofinai le tempie con la mano vuota, come a volerla scaldare - come a volermi scaldare il cuore.
Come a voler colmare la sua assenza.

No Matter [h.s.]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora