14. Brezza.

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Mentre le mie gambe alzavano il mio corpo, ripensai a quanto tutto ciò - il mio cuore che batteva all'impazzata e la testa svuotata -  fosse folle e stupido.

Folle per il fatto che non si poteva provare questo per qualcuno come lui, - qualcuno che percepivi e sentivi e ascoltavi con il cuore - qualcuno che ti arrivava addosso come una secchiata d'acqua fredda in una giornata d'inverno; stupido, semplicemente perché le circostanze lo rendevano tale - la gente che applaudiva e acclamava ancora quella voce.

Solo io sento quello che realmente c'è, sotto?

Il mio cuore ultimamente - quando si trattava di lui e non, o quando semplicemente qualcosa stava per scalfirlo e penetrarlo - mi parlava come in confessione, con una cassa da cui risuonavano parole forti e chiare, un segreto celato solo tra noi.

Perché ci vuole poco ad ascoltare una voce - parole e suoni e sillabe e accenti.

Ma come in una poesia - che si trattasse di una della Dickinson o di Montale, poco importava - niente è ciò che sembra, le parole che nascondono altro, livelli di vita ben più complessi, anche la voce di qualcuno - che cantava o sussurrava - diceva più di quanto sarebbe servito, evidenziando debolezze e passioni e sentimenti vitali e intimi.

E allora era troppo, tutte quelle emozioni - sentirle come fossi in simbiosi con lui - indebolivano l'unica parte di me che avrebbe dovuto sopravvivere ancora per molto, lontana dagli occhi indiscreti di gente estranea - o che vuoi convincere, essere estranea.

Perché il mio sesto senso, è collegato direttamente al mio cuore?

Con questa domanda, la cui risposta sarebbe stata forse più difficile del resto, da sopportare, spostai rumorosamente la sedia.

I bicchieri ghiacciati sul tavolo tintinnarono di colpo.

"Clary, mi porti fuori?" Parlai rigida, le braccia lungo i fianchi.

"Ross non serve, veramente possiamo andarce-" Michael tentò di rimediare.

"Ascoltate, ho bisogno di uscire cinque benedetti minuti, se qualcuno di voi non vuole accompagnarmi, perfetto: troverò qualcun'altro." Cominciai ad allontanarmi da loro, i passi piccoli e incerti mentre levavo gli occhiali per poter almeno distinguere le sagome di ciò che mi stava intorno.

Delle piccole mani afferrarono la mia spalla, spingendomi verso la folla che si presentava vicino a noi.

Dopo esser quasi caduta su degli insulsi gradini, venni scortata fuori, la brezza - il freddo artico, per meglio dire - mi penetrò fin nelle più che usurate ballerine e nelle ossa. Un pò come fa lui, ragionai.

Mi maledissi per non aver portato una giacca più pesante, invece di quella in ecopelle. 

Lì la musica si udiva ancora, anche se più attutita e lieve, soprattutto dopo che Clary socchiuse la pesante porta alle nostre spalle, dividendoci definitivamente da quel fracasso e da lui.

A pochi passi da noi delle voci spezzavano il silenzio, tranquillizzandomi e allarmandomi allo stesso tempo.

"Puoi venirmi a prendere tra dieci minuti, se vuoi." Le dissi, i denti che battevano e le mani strette al petto.

"E dovrei lasciarti qui da sola? Andiamo potrebbe venire chiunque e.." La interruppi con una risata, coprendomi il viso con le mani, gli occhiali oramai adagiati sui miei capelli.

"E? Rapirmi o cose del genere? Andiamo, sii più realista. Poi, mettiamo il caso succeda, se tu rimanessi qui con me saremo spacciate entrambe. Perché, per chiarire, Michael non saprebbe neppure identificare sua madre per tutti i drink che ha bevuto. Quindi ti conviene rientrare." Il mio tono giocoso era velato da palpabile stanchezza e rabbia, seppur lieve e ben nascosta.

Clary produsse un lamento non identificato, prima di rispondere.

"D'accordo, ma dieci minuti e sono qui, okay?" Il suo dito che premeva insistentemente sulla mia spalla destra.

"Clary, si. Quante volte dovrò ripetertelo? Mi troverai esattamente qui, e comunque, ho il telefono." Parlai sventolando la borsetta - quella comprata tempo addietro al mercatino dell'usato - davanti a lei.

"Meglio se ti sposti da qui, non vorrei che aprendo la porta qualcuno ti rompa il naso." Detto ciò mi spinse verso destra, facendomi letteralmente inciampare nei miei piedi.

Appoggiai la schiena al ruvido muro, cercando la pazienza necessaria per non imprecare contro di lei.

"Clary..." Sussurrai a denti stretti.

Nel momento in cui pronunciai il suo nome - un attimo, il tempo di un respiro - capii che avrei voluto chiederle tante di quelle cose da farmi girare la testa e prudere le braccia.

Perché Michael sembra conoscerlo più di noi? Perché siamo proprio qui stasera?

Ma soprattutto, perché mi sento così?

Ma non glielo chiesi, lasciai che le parole si dissolvessero nell'aria e nei miei polmoni come portate da una mongolfiera, le mie domande pesi da gettare per salire più velocemente.

"Rientra, ci vediamo tra poco." Celai il subbuglio nel mio stomaco così, con una semplice frase pronunciata all'aria.

Quando sentii la porta chiudersi, scivolai lentamente a terra e, l'unica cosa che mi venne in mente, fu tanto sciocca da farmi quasi soffocare.

Perché non ho dei Fantagenitori? Avrebbero potuto portarmi una coperta.

E stavo ancora ridendo di me stessa, accasciata a terra con le mani sul viso, quando la porta venne spalancata.

Di nuovo.

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I'M HEREEE

so che mi odiate - come sempre del resto - perché ho pubblicato con ben due giorni di ritardo, ma dovete sapere che avevo e ho la febbre, e scrivere, leggere o altro erano cose  impossibili per me.

COMUNQUEEE

Nel capitolo dopo ne vedremo delle belle, spero che questo - per quanto cortino e scritto alla bene e meglio - vi piaccia.

Un hug❤

No Matter [h.s.]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora