11. Sì.

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I giorni precedenti all'esame mi estenuarono sia fisicamente che psicologicamente, la testa gonfia di conoscenze e le mani sudate.

Le ore trascorrevano tra capitoli di libri dagli strani nomi e le tapperelle della camera chiuse non volendo far entrare neppure un raggio di sole, come un appiglio dell'ultimo momento negato, una mano nemica che offriva un aiuto.

Ogni parola entrava nella mia testa come un chiave in una serratura, e pur sapendo che sarei andata bene, lo avrei passato, l'ansia e la pressione di quegli attimi - quelle eternità - di studio riempiva le mie orecchie e il mio naso, facendomi sentire quell'odore e quel suono insieme, quello dell'incertezza che accumunava ogni giovane sulla faccia della terra.

E mentre la signora Millan - la quale si era offerta più che gentilmente di aiutarmi a studiare - leggeva riga per riga tutti i paragrafi, la mia mente divagava come un aquilone trainato dal vento.

Oh, gli aquiloni.

Quanti ne avevo costruiti, insieme a nonno Max; dalle forme più stravaganti e dalle dimensioni più eccelse possibili.

E ogni volta che uno di questi spiccava il volo - soprattutto il mio preferito, a cui avevo dato perfino un nome, ovvero Bask - sentivo il mio cuore libero e leggero, come se l'aquilone non fosse altro che un pezzo necessario del mio corpo, quella libertà che tutti avrebbero dovuto possedere, almeno un attimo nella vita.

Avere tra le mani quel senso di pace e appagamento e purezza quale un corpo che volteggiava nel vento, sentirsi parte del vento.

I capelli che si sparpagliavano intorno alla mia testa, che coprivano gli occhi scuri fino ad arrivarmi tra la bocca e sul naso, rendendomi parte di quello spettacolo ormai snobbato.

Con il nonno che mi teneva salda sulle sue possenti spalle, le mani consumate dal lavoro a stringermi protettive le gambe.

Ed era questo, questo il momento in cui un semplice oggetto diventava l'estremità della tua vita, come uno scoglio fisso a cui aggrapparsi, un filo a cui reggersi per non cadere - nel secchio, magari.

Non mi accorsi neppure di star stringendo i miei pugni facendo diventare le nocche bianche, almeno non fin quando la voce della signora Millan mi risvegliò dal mio stato confusionario e malvagio - forse solo con questa parola si sarebbe potuto definire un ricordo che faceva così male, felice e troppo nostalgico insieme.

"Dove ti sei persa, cara?" Parlò dolcemente, facendo scorrere la sua mano sul mio avambraccio.

"Sono qui." Sussurrai al vuoto, anche se sapevo perfettamente cosa intendesse.

"Puoi parlare con me, sai?" Mi disse, e io annuii impercettibilmente.

"Anche se ci fosse un ragazzo di mezzo, me lo potresti dire, sai che..-"

"Mist! Non c'è assolutamente nessun-.." Mi interruppe come feci io poco prima, facendomi gelare il sangue.

"Ross, anche altri uomini possono entrare nella tua vita, okay? Non vuol dire che tu lo stia traden-"

Non la lascia nemmeno finire, mi alzai dalla mia sedia e mi voltai, le spalle rivolte verso di lei.

"Credo sia ora che tu vada via." Parlai gelida, i pezzi del mio cuore sgorgavano lenti dai miei occhi.

"Evitare il problema non lo risolverà! Devi capire che -"

"Non devo capire niente, ho già capito fin troppo. Quindi ora, ti pregherei gentilmente di uscire, ho da fare." Le mie unghie stringevano il mobile di fronte a me.

"Questo non lo riporterà da te." I suoi passi si mischiarono alle sue parole, e il rumore che fece la porta aprendosi, riscosse i miei pensieri.

"No, ma neppure dimenticare, cambierà qualcosa." Mi morsi la lingua con i denti, il sapore ferroso del sangue riempì ogni parte di me.

"Non si tratta di dimenticare, ma di vivere. Se trovi qualcun'altro con cui vivere, non vuol dire che tu lo stia sostituendo." E detto questo uscì, lasciandomi in balia di infinite domande.

Solo ad una però, trovai la risposta. Non lo avrei mai ammesso veramente, pensarlo e immaginarlo era anche troppo, ma quando Mist Millan disse "Se trovi qualcun'altro con cui vivere, non vuol dire che tu lo stia sostituendo" le mie membra scattarono alla voce che la mia testa riprodusse - le parole dure e strascicate.

"Spero di non rivederti mai più, Ross."

E se quando lui - Harry, a detta di Micheal - pronunciò quelle parole in mia presenza, il mio cuore ebbe un fremito di dolore, mentre mi risuonavano nella testa lente e cadenzate, divennero la mia ancora.

Ma non erano le parole in se, no.

Perché una frase del genere - così dura e cattiva - non avrebbe potuto salvare nessuno.

Era altro, era un bisogno inspiegabile e imminente, che mi fece tremare le mani e la bocca.

Era semplicemente lui, e un motivo non c'era.

- Potresti vivere per lui.

Fu direttamente il cuore a formulare ciò - potente e profondo - e senza neppure accorgermene, un timido sorriso spuntò sulle mie labbra.

Si può vivere per uno sconosciuto? Mi chiesi.

E quando il mio cuore balzò nel petto, seppi che la risposta giusta, era Sì.

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Ritardo atroce, perdonatemi!
Probabilmente per rimettermi a paro, aggiornerò anche questa sera, così mi continuate a volere bene.
La storia sta prendendo una piega strana, sapreste dire chi è la persona di cui la signora Millan parla?
Comunque, non so a che livelli sia il capitolo, e spero di essere riuscita a rendere nel miglior modo il mio pensiero.
Un besoo❤❤

No Matter [h.s.]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora