8. Volontà.

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Quando ero bambina, all'ombra dei miei 10 anni, passavo intere giornate ad intagliare bastoni, insieme a mio nonno.
Se avessi saputo che mi sarebbe servito, ne avrei fatto qualcuno in più, pensai.

Comunque, nonno Max, il più esilarante e buono nonno del mondo, mi aveva insegnato tutto ciò che sapevo su quella grande arte.

Andavamo per boschi, camminando ore ed ore a cercare il bastone perfetto, con quella forma strana e unica.

Puntualmente, il bastone perfetto, era l'unico che non voleva proprio saperne, di staccarsi.

L'unico con cui mio nonno dovesse tirar fuori il grande serramanico posto nel fodero sulla sua cintura, e far forza, far forza come mai.

"Questo è il bello, tutte le cose migliori vanno sudate e sono difficili da affrontare; bisogna essere preparati a tutto, pur di conquistare ciò che si vuole." Mi ripeteva lui.

E quella mattina, mentre mi muovevo inquieta dopo le parole del ragazzo, ci ripensai.

Ripensai a come mi avessero scosso le sue parole e a come, contemporaneamente, rimasi affascinata e felice di essere passata come una normale ragazza della mia età, ai suoi occhi.

Perché in questo caso, la mia cosa migliore, era trovare me stessa e dimostrare che sarei potuta essere normale anche così, girando con un bastone e un paio di occhiali scuri.

Se per farlo poi, avrei dovuto sopportare e battermi, non ci sarebbero stati problemi.

Quindi, ragionando, fermai i miei frenetici movimenti.

"Scusami, non era mia intenzione." Sussurrai, sicura e impacciata allo stesso tempo.

"Le scuse non contano se ti comporti come un'idiota." Rispose, nel momento in cui stavo infilando nuovamente i miei Ray-Ban.

Questo però era troppo.

Era troppo anche prima, quando aveva accennato al mio essere idiota nel suo piccolo monologo, ma ora sembra diverso, come se mi avesse fatto male sentirlo. Perché non ero così, non lo facevo per il gusto di farlo.

"Ma veramente.." Tentai di ribattere, ma mi bloccò subito dopo.

"È inutile che ti giustifichi in qualche modo, non mi interessa. Non mi interessa più di niente, quindi addio." Parlò con voce bassa e apperentemente vuota.

La sua sedia stridette sull'usurato pavimento, facendo salire i brividi sulla mia spina dorsale.

Avrei dovuto lasciarlo andare, lo sapevo e lo so ora, ma non potevo.

Mi alzai piano, i palmi sul caldo tavolo.

"Perché non ti interessa più di niente?" La mia voce uscì poco più che un respiro, ma evidentemente fu abbastanza per farlo fermare. I suoi piedi sbattevano poco sul pavimento, per il nervosismo.

Nella stanza c'era tensione, i nostri respiri affannati che si fondevano.

"Non ti interessa, a nessuno interessa."

"Sì invece." Dissi piano e cauta.

"Perché?" Le sue parole riecheggiarono nella mia mente.

Perché nessuno meglio di me sa come ci si sente, a non essere ascoltati.

"Perché tutti hanno il diritto di essere ascoltati." Sentii il suo raspiro spezzarsi, un attimo impercettibile in cui pensai di essere riuscita a smuoverlo. Invece rise, una risa amara e di scherno che mi attraversò le ossa.

"No, non è così. Se si ascolta qualcuno solo perché si deve farlo," Si interruppe un attimo "non significa niente. Si deve voler ascoltare qualcuno per ascoltarlo davvero. Hai mai provato a cucinare senza sentimento? Senza mettere amore in ogni pietanza?" Sì interruppe ancora, ridendo. "Ma con chi penso di parlare, sei solo una bimbetta che gioca a fare la superiore. È ovvio che tu non abbia mai fatto niente del genere, sei solo una ragazzina. Ti dico una cosa: nessuno vale niente e soprattutto, non attirerai le mie attenzioni così."

Concluse con voce fredda e inodore.

Sì, inodore. Inodore perché ogni cosa ha odore - anche una voce, un sentimento - soprattutto da quando è divenuto necessario per me sviluppare altri sensi, oltre la vista.

La voce di Clary aveva l'odore dei ciclamini appena sbocciati, posizionati sul davanzale giusto con la perfetta angolazione; Micheal quello dell'incenso che nonno Max accendeva sempre: rassicurante, rilassante e con una nota un po' particolare, che ti faceva sentire bene.

Ma lui, questo ragazzo vicino a me, non ne aveva. Il vento - chissà quale - lo aveva rimosso e glielo aveva portato via, come una margherita che viene strappata.

"Non stai giudicando un po' troppo per uno che vorrebbe essere ascoltato?" Non mi accorsi neppure di starmi battendo per una causa che andava oltre la mia "cosa migliore", fin quando sentii la voce conosciuta di Clary interrompere la nostra conversazione.

"Ehi, Ross? Che succede? E tu chi sei?" Chiese velocemente, e il tipo, non dandomi neppure il tempo di rispondere, parlò.

"Tranquilla Heidi, tanto abbiamo finito. Spero di non rivederti mai più, Ross."

Pronunciò il mio nome, e nel mio cuore la sensazione fu paragonabile al decollo di un aereo, la velocità che attraversava l'aria. Ma ebbi troppo poco tempo per pensare al mio momentaneo blocco respiratorio, perché quel "Spero di non rivederti mai più" rimbombò nel mio cuore e ne spezzò un pezzo, il polso che pulsava.

E in qual momento, capii dell'altro.

Più di quanto avevo capito di me nei giorni precedenti, più di quanto avrei potuto anche solo pensare, di capire.

Volevo ascoltarlo.

No Matter [h.s.]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora