7. Niente è ciò che sembra.

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La settimana trascorse veloce ed io, ormai più me stessa che mai, mi accingevo a raggiungere la biblioteca. Micheal si sarebbe aggiunto a me più tardi, insieme a Clary.

Dalla mia camera la strada non era poi così tortuosa: fuori dalla porta a destra, un corridoio di 14 passi e un'altra svolta a sinistra, per poi trovarsi perfettamente allineati all'ingresso della stanza segreta, come Sonia la definiva - per via del fatto che pochi mettevano piede là.

Fatto un passo all'interno, chiamai timidamente la dolce signora, ma nessuna risposta arrivò alle mie ormai affinate orecchie.

Mi addentrai ancora, poggiando il liscio bastone a terra.

Sì, avevo preso il bastone.

Mi dovevo accettare e questo - anche se dapprima scartato subito - mi sembrò uno dei modi migliori.

Le mie contraddizioni un giorno o l'altro mi avrebbero sterminato, ci potevo giurare.

Comunque, il mio cambiamento interiore fece molto felice la signora Millan - chiamarla per nome mi faceva sentire strana -, quella dell'assistenza ospedaliera, quando giusto due giorni prima la chiamai per accertarmi che la sua proposta fosse ancora valida.

"Ma certo! Passerò personalmente al dormitorio per consegnartelo. Preferisci un colore in particolare?"

Fu una delle prime persone a prendersi cura di me, e instaurammo un rapporto basato sul gioco, sul divertimento. Sapeva che non me la sarei presa in ogni caso, prendendo anzi sul ridere le sue parole.

E neppure lei se la prendeva, quando la mia lingua lunga si azionava.

"Come stanno i tuoi capelli? Assomigliano ancora alla paglia?" Rideva e ridevamo, ormai consumate dalle nostre stesse prese in giro.

E quando bussò alla stanza mia e di Clary, alle 18 e 43 del giorno prima, non avrei mai pensato di potermi sentire così libera e predisposta all'idea di un prolungamento per il mio corpo.

E anche nella biblioteca, camminando piano e attentamente e sbattendo il bastone qua e là per identificare ciò che mi circondava, mi sentii normale e priva di qualunque cosa mi differenziasse dagli altri. Una me stessa normale.

Cercai di ricordare la disposizione dei tavoli da lettura, volendone trovare uno al più presto, almeno per sedermi e ascoltare tranquillamente quella strabiliante Endlessy, che nell'ultimo periodo si faceva spesso spazio nel mio cuore.

Yeah, the ink may stain my skin
And my jeans may all be ripped, I'm not perfect
But I swear I'm perfect for you
And there's no guarantee that this will be easy
It's not a miracle you need, believe me
Yeah, I'm no angel, I'm just me
But I will love you endlessly

E mentre cantavo sommessamente questi versi, intruppai un tavolo, e non fui mai così felice di sbattere su qualcosa. Cercai lentamente la sedia e mi sedetti, continuando a ripetere piano

- Yeah, I'm no angel, I'm just me
But I will love you endlessly.

La musica nelle cuffie mi rimbombava fin al cuore, facendomi provare un senso di rilassatezza tale da lasciare che i miei pensieri vagassero al motivo per il quale il mondo intorno a me era diventato impovvisamente invisibile.

Uno sfogo dovuto ad un forte dolore, lo definirono i medici, anche se non si sapevano perfettamente spiegare con quali criteri ciò fosse avvenuto.

Una rarità mai vista, la esplicarono dopo, con le mani nei capelli e gli occhi sbarrati.

"Solo il tempo potrà chiarire il tuo problema." Disse il dottor Cernha, il medico che mi seguiva.

Quindi, avrei semplicemente dovuto convivere con la cosa fin quando, chissà quando, qualcosa sarebbe cambiato.

Questi strani e scomodi pensieri mi rabbuiarono, tanto da far si che levassi gli occhiali e li sbattessi violentemente sul tavolo.

Sentii un ringhio proveniente dalla parte opposta del mio tavolo e mi immobilizzai.

"Seriamente, quali sono i tuoi problemi ragazzina? Prima non vedi le porte che hai sotto il naso, ed ora questo? Oltre a sederti al mio stesso tavolo di lettura senza chiedere un benedetto permesso, mi tiri anche i tuoi stupidissimi occhiali? Facendo l'idiota ignoro-tutto non fai bella figura."

Un fremito mi attraversò.

Quella voce, quella voce roca e indifferente, anche se ora alterata - molto alterata - risuonò nella mia testa così forte da farmi indietreggiare sulla sedia.

Se ascoltare Malik, quel giorno in classe, mi aveva fatto sentire a casa, questo sconosciuto, mi stava facendo prendere un volo diretto per l'inferno - tutto fuoco e fiamme e dannati.

E si sa che i palla pesci non vanno d'accordo con il fuoco.

Anche se...

No Matter [h.s.]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora