12. Inizio.

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"ROSS, CLARYYY" La voce stridula di Michael perforò i nostri poveri timpani, e Clary, intenta a disegnare una linea di eyeliner sui suoi occhi - come poco prima disse, cercando in tutti i modi di concentrarsi - sobbalzò.

Supposi si fosse impiastrata il viso, perché mi toccò ascoltare delle imprecazioni poco fini, soprattutto se dette da una ragazza.

Io, ormai pronta e truccata dalla ragazza-camionista, sedevo divertita sul mio letto, accarezzando piano la coperta in lana cotta.

Di questo, avevo bisogno: il contatto.

Contatto con tutto - una maglia, un mobile, una sedia - la possibilità di vedere con le mani quello che avevo intorno, tastarlo e classificarlo.

E così pigiai le dita anche sul mio vestito, le paiette ne ricoprivano la parte bassa, lasciando poi, più in alto, il tessuto morbido e delicato cadere sulla mia pelle.

Un Michael assolutamente trafelato piombò nella nostra camera, la voce impaziente di chi ha un appuntamento.

"Siete pronte? Voglio dire, è da 2 ore e 41 minuti che siete chiuse qui. Vi sembra normale?"

"Michael, sappiamo entrambe che tu non hai bisogno di così tanto tempo per prepararti, e ci spiace. Sappiamo che non deve essere facile apparire uno schifo qualunque cosa tu metta e cose del genere." La voce di Clary uscì stridula e scherzosa, facendomi
contorcere per le risate.

Il lamento che produsse Michael fu una via di mezzo tra il divertito e lo spazientito, rendendo il tutto alle mie orecchie più che esilarante.

"Facciamo che avete ragione voi, per questa volta. Avete fatto? Faremo tardi." La sua voce era un continuo sbuffo.

"Siamo pronte, aspettaci in macchina." Strascicò Clary, ancora truccandosi qualche parte del viso mentre Michael camminava fuori dall'edificio.

"Ross?" Mi domandò, qualche attimo dopo.

"Cosa?"

"Dove pensi andremo?"

"Spero non al Bobby's." Sussurrai alzandomi e infilandomi gli occhiali. Toccai inconsciamente il mio collo, sfiorando la collana portafortuna che lo circondava, una tartaruga blu che pendeva al centro.

"Hai la tua collana? Da quant'era che non la mettevi?" Disse sghignazzando.

"Questa è una serata speciale, no? Deve essere fortunata." La mia voce stridula e troppo alta. Clary rise, e come spesso accadde, lo feci anch'io.

"Oh, sarà sicuramente fortunata, bambola. Lo è sempre quando la metti." Sì avvicinò e mi diede una gomitata in perfetto camionista, per poi cominciare ad incamminarci fuori.

Le sue parole - Sarà sicuramente fortunata - - Lo è sempre quando la metti - fecero improvvisamente tornare a galla dei ricordi che pensavo rimossi, che pensavo di aver dimenticato.

Gli spoiatoi erano silenziosi e maleodoranti, la giornata era appena iniziata e già non ne potevo più, di tutto quello che avrei dovuto fare.
Giorno di riposo, si chiamava, ma di riposo non aveva niente; dipendenti costretti a sgobbare avanti e indietro per tutto il centro, svolgendo manzioni non proprie in orari oltremodo atroci.
E quel giorno, rispetto a tutti quelli passati, non era diverso.
Per cui non mi sarei dovuta lamentare molto, era una routine oramai. Però era una di quelle mattine in cui ti alzi con i capelli che non vogliono abbassarsi e il trucco della notte precedente, e questo, questo non può essere sintomo di una buona giornata.
Quindi quando si inceppò l'aspiratore nel terzo spogliatoi degli uomini, pensavo che quello fosse un segno, che quell'inizio sarebbe stato più drammatico del solito.
Solo dopo diversi minuti riuscii a tirar fuori la causa del misfatto: una collana sommersa di polvere che mi annebbiò un attimo la vista, la divisa piena di polvere e cose, che avrei preferito non identificare.
Ma l'oggetto tra le mie mani era bello, troppo bello per trovarsi lì. Una scura pietra blu a forma di tartaruga come pendente e un laccetto nero, maschile.
Lo misi in tasca e continuai a pulire e pulirmi, sistemando completamente la stanza.

No Matter [h.s.]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora