Capitolo 6

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Raccolsi i capelli bagnati in una crocchia, ma dovetti scusarmi con l'autista per essere salita a bordo con la gonna bagnata.
La signora Cooper mi imprestò un asciugamano, in modo che potessi sedermi sul sedile senza bagnarlo, mentre sopra la camicetta indossavo ancora la felpa di Bradley.
Al ritorno non parlai molto, indicai al gruppo dei ristoranti che cucinavano cibo tipico della zona e li informai del concerto che si sarebbe tenuto nel parco a pochi isolati dal loro albergo. Mi raccomandai che non si muovessero da soli per la città la notte, e se possibile, che prendessero un taxi.

Spensi il microfono e mi accoccolai nel mio posto, appoggiando la testa al finestrino. Era stata una bella giornata, ma da quando mi sedetti la stanchezza si impossessò di me.
Chiusi gli occhi per un momento, ma non feci neanche in tempo ad assopirmi che una signora sulla quarantina cominciò ad urlare al figlio di tornare al suo posto.
Mi voltai a guardare la scena, ma spostando lo sguardo incrociai quello di Bradley, che mi stava guardando. Ero felice quando lo scoprivo a guardarmi, mi faceva sentire in qualche modo speciale.
Gli sorrisi e lui mi sorrise di rimando. Era un sorriso dolce ed imbarazzato.
Quando mi fui voltata nuovamente verso il parabrezza, non potei fare a meno di continuare a sorridere come un idiota.

Come da rituale, scesi dall'autobus, raccolsi le radioline e salutai tutti, che mi ringraziarono per la bella giornata.
Arrotolai l'ultimo paio di auricolari e lo misi nella borsa, mi voltai e quasi finii addosso a Bradley. Non mi ero accorta fosse dietro di me, e per poco non sbattei la testa contro la sua.
"Scusa, non ti avevo visto" dissi sorridendo.
"Tranquilla, senti volevo chiederti una cosa..." Cominciò, con un espressione imbarazzata in volto.
"Oh si scusa, devo tornarti la felpa" dissi, togliendo la spallina della borsa per poi poterla sfilare. Bradley mi fermò mettendo una mano sopra la mia, mentre prendevo la spallina.
"No tranquilla, quella puoi tenerla" disse sorridendo "ma volevo chiederti... Beh se ti andasse di prendere un caffè con me" continuò.
Quella piccola parte di me che quella mattina fu scacciata era contenta di essersi vestita bene.
Mi faceva un po' ridere quella situazione, non lo avevo mai visto così imbarazzato. Solitamente era sorridente o incazzato. L'imbarazzo non aveva mai aleggiato nel suo volto.

L'ultima volta che mi ha chiesto di prendere un caffè insieme, si era arrabbiato. Forse perché gli dissi che non potevo. La sua reazione fu un po' esagerata, in ogni caso. Non ci conoscevamo neanche.
Beh, neanche ora ci conosciamo così tanto, eppure volevo prendere quel caffè con lui. Volevo che mi chiedesse di uscire con lui e passassimo la fine del pomeriggio insieme, in un bar, a parlare di qualsiasi cosa. Anche come amici.
In ogni caso, decisi di tenerlo un po' sulle spine, senza pensare alle possibili conseguenze.

"Veramente Thomas mi aveva chiesto se lo aiutavo a imbiancare il suo salotto" mentii. Mi divertiva stuzzicarlo. Noi donne siamo così, facciamo le permalose e poi siamo le prime a fare i dispetti.
"Divertitevi allora, tu e il tuo ragazzo" disse. Quell'affermazione mi divertii talmente tanto, che non notai la sua espressione mutarsi da imbarazzata a furiosa.
"Lui? Il mio ragazzo?" Urlai ridendo. Era comprensibile che non si fosse accorto che Thomas fosse omosessuale, nessuno se ne sarebbe mai accorto, fino a che non lo avesse sentito parlare del sedere di Ricky Martin. In ogni caso, io che sapevo la verità mi stavo sbellicando dalle risate. Finché non lo guardai in faccia e mi accorsi che non stava ridendo, anzi, era molto serio.
"Tutto ok?" Chiesi preoccupata.
"Si si, come no" disse voltandosi.
"Vaffanculo, io mi arrendo" urlò, mentre tirava un calcio ad un bidone dell'immondizia. Dopodiché si allontanò.
In quel momento capii che la mia idea di stuzzicarlo era stata una pessima idea, non avevo preso in considerazione i suoi attacchi.

Gli corsi dietro e mi piazzai davanti a lui.
"Spostati" disse freddo, senza guardarmi.
"Bradley, stavo scherzando" ammisi.
"Cosa?" Disse puntando il suo sguardo su di me.
"Voglio venire a prendere il caffè con te. Volevo solo farti uno scherzo, ma ho esagerato. Scusa" dissi guardandolo negli occhi, decisa.
"Chi se ne importa. Vai dal tuo Thomas" disse ringhiando.
Gli appoggiai le mani sulle braccia, incrociate al petto.
"Thomas non è il mio ragazzo, lo vuoi capire?" dissi dolcemente, guardandolo negli occhi, come si fa con i bambini a cui si vuol far capire che non possono mangiare la cioccolata perché hanno già mangiato il gelato.

Distolse lo sguardo furibondo e si allontanò da me. Gli corsi di nuovo dietro e mi piazzai proprio davanti a lui.
"Valerie, vattene"
Quelle parole mi fecero male, ma ci passai sopra. Dovevo rimediare al danno che avevo causato o avrebbe distrutto mezza New Orleans.
"No, ascoltami. Io voglio venire a prendere il caffè con te, e ora che mi hai invitato ci andiamo" dissi sperando che potesse cambiare idea, o che almeno si calmasse. Lo sapevo anche io che come tentativo era abbastanza inutile, ma volli tentare lo stesso.

Bradley mi prese di scatto il braccio e strinse. Avvicinò pericolosamente il suo volto al mio.
"Stammi a sentire, non prenderti più gioco di me" ghignò.
Non avevo più paura di Bradley, non mi avrebbe mai fatto del male. Decisi però di usare la sua rabbia a mio vantaggio.
"Ahia, Bradley mollami il braccio, mi fai male" mi lamentai.
"Non usare i miei attacchi contro di me. Mi credi forse stupido?" Urlò, avvicinandosi ancora di più. Potevo sentire il suo respiro affannoso sulla mia pelle.
"Non sto scherzando, mi stai facendo male veramente." Dissi. In effetti mi stava facendo male, ma potevo sopportare pur di farlo riprendere.

Sentii una voce dietro di me.
"Che succede qui?" Era Thomas, allarmato per la situazione. Abitava in quella zona, e probabilmente stava uscendo, quando è stato attirato dalle urla.
Bradley mollò il mio braccio e puntò il dito contro di lui.
"Vaffanculo anche tu" gli urlò contro.
Ma lui lo ignorò, gli girò attorno e si avvicinò a me.
"Stai bene?" mi chiese preoccupato.
"Si stai tranquillo, non mi farebbe mai del male" dissi per calmarlo. Si stava alterando, ma per fortuna lui, al contrario del galantuomo, non era una persona manesca.
Mi girai a guardare Bradley. Il suo viso era rosso di collera.
Sentii Thomas prendermi per il braccio e trascinarmi via.
"Ti porto via da qui, ti avevo detto di stare attenta a lui" mi rimproverò allontanandosi.

"Non toccarla" sentii urlare da Bradley dietro di me, e subito dopo lo vidi comparire e spingere Thomas per terra. Alzò la mano per dargli un pugno, ma lo bloccai prendendogli il polso. Lui si girò di scatto, ma quando si accorse che ero io abbassò il braccio.

Questa situazione ci era sfuggita di mano.
"Ora basta!" Urlai "Thomas, è meglio se vai a casa" dissi seria guardandolo negli occhi.
"Non ti lascio da sola con lui" disse rialzandosi. Dopodiché guardò Bradley in cagnesco.

Lui scosse la testa, e sembrò risvegliarsi da un sogno. Ma al contrario della volta al museo, non sembrò sentirsi in colpa per avermi spaventata. Contrariamente, invece, rispose allo sguardo di Thomas in modo altrettanto intimidatorio.

"Non mi farà niente" dissi "e se lo fa, ti chiamo subito, ma non ce ne sarà bisogno" conclusi.
Si avvicinò a Bradley fino ad essere abbastanza vicino da fargli capire le sue intenzioni.
"Tu falle del male, e io ti uccido" disse sottovoce, pensando che io non potessi sentirlo.
Poi gli diede uno spintone, mi guardò un ultima volta, come per dire stai attenta e se ne andò.

"Che cazzo ti è preso?" Gli urlai in faccia, non appena Thomas svoltò l'angolo.
"Se lo meritava" disse lui, guardando da tutte le parti pur di non guardarmi negli occhi.
"Perché? Perché si è preoccupato per me?" Risposi leggermente alterata.
"Perché voleva portarti via da me"
"Lo faceva per proteggermi" urlai esasperata. Non mi importava niente se la colpa era mia, mi ero già scusata. Ma lui non poteva mancare di rispetto alle persone. Mi infastidisce quanto sa essere maleducato.

"Me ne vado" dissi, voltandomi talmente in fretta da non lasciargli il tempo di rispondermi.
"Ti accompagno" disse, affiancandomi.
"So dov'è casa mia" risposi acida.
"E poi tu non sapresti tornare all'albergo" conclusi.
"Non importa, ti accompagno lo stesso"
In quel momento la Val infastidita, decise di sfoderare tutta la sua brutalità.
"Senti, hai avuto ragione ad un certo punto, perché ti ho fatto uno scherzo che non avrei dovuto fare, e ti ho chiesto scusa. Ma da quando hai mancato di rispetto ad una persona che non centrava niente, sei entrato nel torto. Devi imparare a rispettare le persone e le decisioni altrui. Quindi se io ora voglio andare a casa da sola, tu mi lascerai andare a casa da sola. Non mi interessa se soffri di attacchi di rabbia, finché non impari come si trattano le persone io non voglio vederti" dissi tutto d'un fiato, per paura che mi interrompesse, con un espressione severa in viso.
Mi girai e mi allontanai di qualche passo, poi mi voltai a guardarlo un'ultima volta.
"Pensavo saremmo potuti diventare amici" dissi con uno sguardo gelido. Mi girai nuovamente e me ne andai, lasciandolo lì, spiazzato dalle mie parole.

Quando fui fuori dalla sua portata visiva, lasciai che le lacrime scivolassero lungo il mio volto.

Uragano CooperDove le storie prendono vita. Scoprilo ora