Capitolo 11

124 6 0
                                    

Quando uscii dal bagno, nella stanza trovai solo Thomas.
"Bradley?" Gli chiesi.
"È uscito" rispose indifferente
"Dov'è andato?" Chiesi, leggermente preoccupata.
"Ha detto che andava a prendere una boccata d'aria." Sembrava seccato di dover parlare di lui.
"Lo hai fatto arrabbiare?" Chiesi esasperata.
"Forse" rispose, distogliendo lo sguardo.
"Thom, vacci piano con lui. Soffre di attacchi di rabbia" gli spiegai.
"Me ne sono accorto. Tu mi spieghi perché non gli hai detto che sono gay?" Chiese, nascondendo una risata.
"Beh...perché...non lo so, non ne ho avuto l'occasione. Perché me lo chiedi?" Arrossii rispondendo, beccata con le mani nel sacco.
"Perché prima stavamo parlando, o meglio, ci stavamo urlando contro per decidere chi avrebbe dormito nel letto sta notte, quando lui mi ha chiesto se tu mi piaci. Al che ho capito che non glielo hai detto." Spiegò, e sorrise.
"È che...non so, mi piaceva che lui pensasse che... Hai capito no?" Ero imbarazzata.
"Volevi che fosse geloso? Tranquilla, missione compiuta" disse, sghignazzando.
"Perché?" Chiesi confusa.
"Val, ma sei cieca? Tu gli piaci!" Esclamò Thomas.
Lo guardai per capire se era serio, ma non ci fu l'ombra di una risata.
"Non prendermi in giro" gli dissi. Non volevo che mi illudesse.
"Non ti sto prendendo in giro. Si vede lontano un miglio. Si vede da come ti guarda, da come mi fulmina con lo sguardo ogni volta che ti sto vicino o che ti tocco. Avete anche dormito insieme ieri sera"
Non sapevo cosa rispondere. Veramente gli piacevo? E se invece non era così? A me lui piaceva? Di sicuro mi faceva provare sensazioni che non mi aveva mai fatto provare nessuno.
Mi voltai, senza rispondergli, e mi avvicinai al tavolo dove avevo appoggiato la borsa.
Sentivo lo sguardo di Thomas su di me, ma lo ignorai.

In quel momento entrò Bradley.
"Bene, vedo che ci siete tutti e due." Disse. "Pronti per andare a fare la spesa?" Chiese poi.
Io annuii, presi la borsa e mi avvicinai a lui.
"Tu vieni con noi?" Chiese Bradley a Thomas. Rimasi piacevolmente sorpresa da questo approccio civile da parte sua.
"Certo" disse Thomas, che afferrò la giacca e si avvicinò a noi.

Una volta fuori dalla stanza salii le scale e per la prima volta dall'arrivo dell'uragano vidi la città distrutta.
La casa sopra la nostra stanza non c'era più, erano rimaste solo le parti inferiori dei muri. Attorno a noi i palazzi più alti erano stati distrutti e spazzati via. Alcune case, tra le ultime costruite, invece, erano ancora in piedi.
Le macchine erano ribaltate o cadute nei fossi, alcune erano addirittura sopra agli alberi. Alcuni alberi erano stati strappati dalle proprie radici e la strada in certi punti era spaccata. L'aria era polverosa e tossii più volte quando misi piede fuori dal rifugio. Una nube grigia avvolgeva la città, facendola apparire come una città fantasma o una città post apocalittica.
Rimasi a bocca aperta di fronte a quell'orrido spettacolo.

Da dietro una parete rimasta in piedi vidi un uomo, con i vestiti tutti strappati, attraversare la strada di corsa e scomparire, inghiottito dalla nube grigia.

Avanzando lungo la strada, notai dei corpi distesi per terra. Sobbalzai all'indietro a quella vista ed un urlo uscì dalla mia bocca. La mia mente mi riportò a dieci anni prima e cominciai a piangere. Tutto quello che ero riuscita a superare, mi aveva colpita di nuovo.

Bradley mi attirò a se, prese la mia testa e la premette contro il suo petto. Con un braccio mi cinse la vita, mentre con l'altro mi massaggiò i capelli.
"Guarda, la c'è un piccolo supermercato. Possiamo andare a dare un'occhiata." Mi prese il mento con le dita e lo alzò, in modo che potessi guardarlo negli occhi. "Sei d'accordo?" Mi chiese. Io annuii e lui mi diede un bacio sulla fronte. Quel contatto sciolse i miei muscoli, che fino a quel momento erano irrigiditi dalla paura.

Bradley sciolse l'abbraccio e Thomas mi si avvicinò. Mi mise un braccio attorno alle spalle e mi condusse verso l'edificio.
"Stai tranquilla Val, ci siamo noi qui con te" mi disse nell'orecchio.
Mi voltai verso di Bradley e notai che stava fulminando Thomas con lo sguardo. Lo ringraziai mentalmente per non essergli saltato addosso ed entrai nel negozio con il mio migliore amico.

Essendo stato costruito dopo l'uragano Katrina, il supermercato era a prova di uragano, quindi era ancora intatto, a eccezione dei vetri, che erano andati in frantumi.

"Allora, Thomas tu vai nel reparto cibo e prendi tutto quello che trovi e che pensi possa piacerci, io e te Val andremo nel reparto vestiti" disse Bradley, una volta entrati nel supermercato.
"Ehi, perché non posso andare io con Val e tu vai da solo?" Chiese Thomas con un sorriso furbo, che si spense non appena lo fulminai con lo sguardo. Non seppi neanche perché lo guardai così male.
Bradley sembrò contenere a stento la rabbia.
"Va bene, allora andate voi due, io mi arrangerò con i vestiti" disse seccato. "Ma tu non lamentarti se non ti piace quello che ti prendo" disse con un dito puntato nella mia direzione. Dopodiché si allontanò.

Il supermercato era abbandonato. Le luci al neon lampeggiavano ogni tanto, a causa di un probabile guasto dovuto al passaggio dell'uragano. Gli scaffali erano già stati saccheggiati, ma qualche cosa era stata lasciata nel magazzino. Io e Thomas raccogliemmo tutto quello che trovammo e ci avviammo all'ingresso.

"Perché hai voluto che venissi con te?" Chiesi a Thomas, rompendo il silenzio tra di noi.
"Ehi, solo perché ti ho detto che tu gli piaci non vuol dire che io mi fidi di lui" ammise, prendendo un pacchetto di patatine abbandonato a terra.
"Ok" risposi semplicemente.

Raggiungemmo Bradley, che ci stava aspettando all'entrata. Controllammo cosa avevamo preso ed uscimmo dall'edificio.
Sembrava tutto tranquillo, finché Bradley spinse Thomas dietro un muro, afferrò me per un polso e mi trascinò vicino a Thomas.
"Che succede?" Chiesi allarmata.
Ma Bradley non rispose, si voltò verso di me e mi fece segno di stare zitta. Poi si voltò nuovamente e sporse leggermente la testa. Mi sporsi anche io e in fondo alla via vidi un gruppo di ragazzi, con dei coltelli in mano, incamminarsi nella nostra direzione.
Scossi la testa e un ricordo prese largo nella mia mente.

Mentre l'uragano passava ero rimasta chiusa nella cantina di quella signora che aveva salvato me e Thomas, ma quando era finito ci aveva riportati a casa. Ora ero chiusa nella cantina della mia casa.
Stavo saltellando e fischiettando nel piccolo rifugio in cui ci trovavamo, mentre mia madre cucinava una zuppa nel piccolo pentolino. Nel gas c'era una piccola fiammella, mia madre ci aveva messo dieci minuti ad accenderlo. Con il mestolo girava la zuppa in senso antiorario, in modo meccanico, che lasciava trasparire un chiaro nervosismo. Erano tempi difficili quelli.
Mio padre, che faceva il poliziotto, era stato costretto dal suo dipartimento a controllare la zona per lunghe ore della giornata. Molti erano coloro che saccheggiavano, e ancora di più erano quelli che rapinavano e si intrufolavano nelle case. La città sembrava impazzita.
Ad un certo punto un colpo. Uno sparo.
Il silenzio calò nella stanza. Io mi fermai e mi voltai verso mia madre. Il mestolo era caduto a terra. Corse verso la porta. La aprì e uscì talmente in fretta che non la chiuse.
Io corsi verso mio fratello, che stava giocando con una macchinina rotta, e lo presi con me.
Dall'esterno sentii un urlo straziante, che non dimenticai mai. La voce di mia madre era disperata, interrotta a volte da dei singhiozzi.
Abbracciai mio fratello e gli tappai le orecchie, mentre le lacrime mi cadevano sulla maglietta.

Cominciai ad urlare, ma Bradley mi coprì la bocca con la mano. Io scossi la testa tentando di allontanarla, ma lui mi spinse contro il muro, continuano a tenere tappata la bocca. Le mie lacrima gli bagnarono la mano, ma non sembrò preoccuparsene.

"Bene, bene. Ma guarda chi c'è qui" disse una voce alle nostre spalle.

Uragano CooperDove le storie prendono vita. Scoprilo ora