Capitolo 16

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Era seduto sulla riva di un fiumiciattolo che bagnava il lato destro del campo e che i contadini usavano per innaffiare. Era abbastanza lontano dall'accampamento, quindi non c'era nessuno a parte lui.
I piedi penzolavano pochi centimetri sopra all'acqua, mentre la testa era appoggiata sulle mani.
Mi bloccai davanti a quella visione. Non lo avevo mai visto così disperato.
Rallentai la mia corsa fino a fermarmi, mi feci coraggio, poi lo raggiunsi a passo lento.

"Cosa ci fai qui?" Mi chiese non appena mi fui avvicinata a lui. Non alzò la testa.
"Sono venuta a cercarti" risposi, non senza un certo timore.
"Non serviva" sbottò acido. Sollevò la testa, ma puntò lo sguardo verso l'orizzonte, serio.
Non riuscii a rispondere. Mi aveva spiazzata. Un dubbio cominciò a farsi largo nella mia mente: Perché sono andata a cercarlo?
Perché si, cazzo! Non serve un motivo vero e proprio. Perché io a lui ci tengo, non voglio che soffra, che stia male.
"Vai via" ordinò in tono duro. Un tono che non avevo mai sentito, che mi fece quasi paura e mi causò una fitta al cuore.
Non riuscivo a parlare. Continuavo a guardarlo, bello come sempre, ma con lo sguardo smarrito nel nulla.
Quando voltò di scatto la testa verso di me, indietreggiai di un passo.
"Bradley, io..." Tentai di parlare, ma la mia voce, già di per se affievolita, si spense quando lo vidi alzarsi in piedi e venirmi incontro.
"Cosa ci fai ancora qui?" Chiese avvicinandosi.
"Vieni con me" riuscii solo a pregarlo.
"Val, non farmelo ripetere. Vattene" spostò lo sguardo sull'orizzonte, poi lo riposò sui miei occhi.
"Non vado da nessuna parte senza di te. Bradley, non è successo niente prima. È passato tutto"  non voleva ascoltarmi. Dovevo fargli capire che gli volevo bene, che quegli scatti non mi avrebbero fatta allontanare da lui. Dovevo fargli capire che io provavo qualcosa per lui, qualcosa che non avevo mai provato prima, e che avrei lottato per quella cosa.

"Sono un disastro, Val" disse, spostando nuovamente lo sguardo su un punto indefinito del paesaggio.
"No che non lo sei. Non sei perfetto, ovviamente, ma nessuno lo è" feci un passo nella sua direzione. Lui se ne accorse, e mi guardò. La sua espressione era piena di rassegnazione e vergogna. Aveva finalmente abbassato la guardia e deciso di aprirsi, quindi dovevo stare attenta a non sbagliare niente.
"Tu sei perfetta" disse sottovoce, probabilmente senza riflettere. Aprii la bocca davanti ad una tale affermazione ed arrossii. La pancia mi fece male, ma quel male piacevole.
"Io non sono perfetta" dissi, sorridendogli.
Mi guardò come a dire "non capisci quanto ti sbagli", poi però puntò lo sguardo per terra, ricordando qualcosa, e la rabbia tornò ad impossessarsi del suo volto.
"Ti farei solo del male, vattene" disse, tornando serio.
"Bradley..." Cercai di non tornare al punto di partenza.
"Lo dico per te. Vattene" urlò, scandendo l'ultima parola.
Respirava velocemente, alzando e abbassando violentemente il petto.
Decisi di accontentarlo. Non era nelle condizioni di affrontare una discussione e io non ero nelle condizioni di sentirmi rifiutare ancora una volta.

Mi voltai e mi incamminai in silenzio, senza girarmi indietro. Ogni passo che facevo ricevevo una pugnalata al cuore a non sentirne altri dietro di me.
A quanto pare, la nostra era una relazione che non sarebbe mai potuta partire. Era nata perché eravamo disperati, in cerca di conforto in una situazione che ci stava distruggendo. Ora che le cose cominciavano a sistemarsi, non sentiva più il bisogno di avermi al suo fianco. Si era sfogato su di me quando era frustrato e ora non gli servivo più. E io? Io invece ero stata così stupida da lasciarmi prendere da quel ragazzo che mi aveva appena detto di andarmene. Eppure non riuscivo a dargli la colpa del mio dolore.

Mentre camminavo a testa bassa verso il capannone, qualcuno mi si piazzò davanti.
Alzai lo sguardo e vidi Bradley, con gli occhi rossi.
Guardai meglio.
Stava piangendo.
Per la prima volta non sapevo come reagire. Senza dirmi niente, mise una mano dietro alla mia testa e mi attirò a sé, baciandomi.
Sentii il sapore salato delle sue lacrime entrarmi in bocca mentre ricambiavo il bacio. Un bacio disperato, un bacio che spazzava via tutti i miei dubbi.
Mi posò l'altro braccio sulla schiena e mi attirò ancora di più verso di lui, mente io gli buttavo le braccia al collo e facevo passare le mani tra i suoi capelli.
Quando si staccò per riprendere fiato, ne approfittai per guardarlo.
"Scusa" mi disse a fior di labbra.
"Di cosa?" Chiesi io, leggermente confusa.
"Per tutto" ammise, abbassando lo sguardo.
"Brad, non devi chiedermi scusa. Voglio solo che tu capisca che invece di scappare dai problemi, devi parlarne con qualcuno. Devi parlarne con me"
Cercai di mantenere il tono più calmo possibile, per evitare incomprensioni.
Ero ancora sorpresa da quel bacio e un pallino continuava a tartassarmi la mente. Cosa sono io per lui?
Appoggiò le mani sui miei fianchi e mi diede un bacio sulla fronte, distraendomi dai miei pensieri. Sorrisi per quel lieve contatto, poi tornai in me. Raccolsi tutto il coraggio che avevo in corpo.
"Brad, senti..." Cominciai.
"Dimmi" disse senza staccare gli occhi dalle mie labbra.
"Beh... No niente, lascia stare" dissi abbassando lo sguardo.
Bradley mi prese la mano e se la tirò verso la bocca, riempiendola di piccoli baci. Sollevai lo sguardo e mi persi nei suoi occhi azzurri come il cielo. A guardarli non si direbbe che un attimo prima fossero colmi di rabbia. In quel momento mi stavano guardando con... amore oserei dire.
"Puoi dire qualsiasi cosa a me. Non vergognarti" mi disse con tutta la dolcezza possibile, per poi riprendere a baciarmi le dita.
"Ok, beh... Noi due, cioè... Io e te, cosa siamo?" Dissi le ultime parole tutte d'un fiato, poi chiusi gli occhi come se mi aspettassi un pugno in faccia.
Mentre aspettavo una risposta, ascoltavo l'acqua del torrente che scorreva, poco lontano.
In lontananza, il vociare proveniente dai capannoni si faceva sempre più leggero all'aumentare dell'ansia che mi stava mangiando dentro, visto che non si decideva a darmi una risposta.
La mia espressione corrucciata divenne sempre più tesa ogni secondo che passava, finché si sciolse sentendo le labbra di Bradley sulle mie.
"Scusa" disse, a fior di labbra. "Ma eri così bella con quell'espressioni buffa in viso" continuò ridendo.
Gli tirai una pacca sul petto, ma non riuscii a fare a meno di sorridere.
Mi prese per mano e ci incamminammo verso la nostra tenda. Non aveva risposto alla mia domanda, e non sapevo se prendere il suo bacio come una risposta o come un modo per evitare di rispondere.

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