23. Come in un romanzo

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P.O.V. Alice

Quando finisco di piastrare i capelli, fuori il sole è tramontato da un bel po'. Prendo la borsa e vi ripongo il telefono insieme al regalo per Matteo, spero gli piaccia.
Scendo le scale velocemente e arrivata all'ingresso apro la porta. Sto per uscire, quando vengo richiamata dalla voce di mio padre.
"Dimmi" rispondo con già con un piede sul vialetto.
"Non credi che dovremmo andare tutti insieme?" urla nuovamente dal soggiorno. Sbuffo, ma lo raggiungo. Ha ragione, in fondo. Lui mi viene incontro sistemando la cravatta e sussurrando delle imprecazioni.
"C'è qualcosa che non va?" gli domando.
Lui alza lo sguardo, per fissarlo su di me.
"Sono tre volte che cerco di fare il nodo a questo dannato pezzo di stoffa" aggrotta le sopracciglia.
"Da' qua" mi avvicino e lentamente inizio ad sistemare la cravatta nel modo giusto. Non ricordo quando ho imparato a farlo, forse all'età di cinque anni, quando rubavo i vestiti dei miei genitori per metterli e fare delle sfilate per casa o dei set fotografici imitando "America's Next Top Model". A quel tempo credevo a tutto ciò che sentivo o vedevo in televisione, come una volta a tre anni, quando srotolai una dozzina di rotoli di carta igienica Regina, convinta che fosse infinita per davvero.
"Mamma e Soph?" chiedo dopo aver finito.
"Tua madre è andata a scegliere la borsa da indossare, mentre tua sorella è ancora a prepararsi in camera"
A quelle parole aggrottai le sopracciglia.
"Oh no, non farò tardi per colpa sua" iniziai a salire violentemente le scale.
"Perchè è così importante arrivare in orario?" mi domanda mio padre, dal piano inferiore e io arrossisco all'istante.
"Non posso arrivare in ritardo per colpa tua" urlo quasi, spalancando la porta della camera di Sophi.
La osservo e a poco a poco l'odio viene represso. È davvero molto bella nel suo abito rosa antico, leggermente più corto avanti che dietro.
"Calma. So che è la festa per il tuo fidanzatino, ma sto finendo di truccarmi" risponde, non distogliendo lo sguardo dallo specchio.
"Non chiamarlo "fidanzatino"" mimo le virgolette.
"Come vuoi" sospira.
Mentre aspetto che lei si prepari, mi siedo sul suo letto, per cercare di rilassarmi.
"Ci sarà tutta la sua famiglia?" mi chiede Sophia ed io annuisco, ma solo dopo ricordo che lei non può vedermi...
"Sì..."
"I suoi amici?"
"Anche"
"Persino i compagni di classe?"
"Sembra che tu lo stia facendo apposta per farmi avere un attacco di panico" ringhio.
"Mi stavo solo informando" fa spallucce, ma noto che cerca di reprimere un sorriso.
"E se Matteo approfittasse della presenza di tutte le persone più importanti della sua vita per rendere pubblica la vostra relazione?" dice tutto d'un fiato.
Mi alzo dal letto ed inizio a passeggiare per la stanza, rimuginando sulle sue parole.
"Non credo, me ne avrebbe parlato sennò" rifletto ad alta voce.
"Ne sei così sicura? E se volesse solo dimostrarti che ti ama e non gli interessa se i suoi parenti lo sappiano o meno? Sarebbe una bella sopra, ma soprattutto ci sarebbe da divertirsi un sacco..." ridacchia.
"Puoi smetterla di interessarti alla mia vita sentimentale e finire di truccarti?"
Detto questo, torno dai miei e mi abbandono sul grande divano, incurante di poter rovinare il vestito o i capelli.
Guardo per la millesima volta il tessuto bianco sporco del mio abito e giocherello con le mani in grembo. Sono ormai tre minuti che aspetto mia sorella. Tre minuti e cinquantotto secondi.
So di essere la regina dei ritardi, ma non sopporto dover aspettare qualcuno, soprattutto se quel "qualcuno" non è Matteo, non che mi sia mai capitato di aspettarlo, è sempre in orario, fortunatamente.
Finalmente vedo la figura di Soph scendere lentamente le scale... non solo ha fatto tardi, ma se la prende anche con comoda?
Digrigno i denti, per fare non una delle mie sfuriate da psicopatica o i miei decideranno davvero di mandarmi in analisi, preferibilmente nella Murder House.
"Un attimo! Ho dimenticato una cosa su" afferma Sophia, risalendo di nuovo velocemnte le scale.
Mi sta prendendo in giro?
Poco dopo siamo fuori ed io strattono il braccio di quella che dovrebbe essere mia sorella.
"Lo hai fatto apposta o cosa?"
"Cosa" risponde sorridente.
"Seriamente, sai che non sopporto aspettare e che non sono una persona paziente" le lancio un'occhiataccia.
"Farai meglio a muoverti ora" la tiro per farle aumentare il passo.
Arrivati davanti a casa Monetti, sono io a bussare.
"Vado io!" Si sente una voce dall'interno.
Ad aprirci non è Matteo, come avevo ipotizzato, ma un ragazzo che ha più o meno la mia età. È alto, con i capelli castano-biondo e gli occhi nocciola. Bensì abbiamo molte differenze, non riesco a non notare la sua somiglianza con Matteo, nei lineamenti e non solo. Ha il suo stesso modo di aggrottare le sopracciglia e le stesse lentiggini sul naso.
"Prego, accomodatevi" si gira di fianco, per lasciarci entrare in casa.
"Carino eh?" mi sussurra Soph una volta entrate.
Io faccio spallucce e lei mi risponde con un sonoro sbuffo.
"Il fatto che tu sia fidanzata non vuol dire che tu debba per forza essere una suora di clausura" alza gli occhi al cielo.
"Nessuno potrà mai essere bello quanto Matteo, lo sai. Indipendentemente dal fatto che lui sia il mio fidanzato o meno, non puoi negare che sia meraviglioso" sospiro.
"That's amore!" canticchia Soph allegramente, beccandosi una bella gomitata in un fianco.
Intravedo Matteo nel salotto, mentre parla con una coppia di ansiani che, da quel che so, credo siano i suoi nonni. Appena si volta mi vede e mi viene incontro, portando con sé anche i presunti nonni.
"Salve, grazie per essere venuti" dice Matteo ad i miei genitori.
"Congratulazioni per l'ammissione" afferma mio padre.
"Bene, ora andremo a salutare Andrea ed Elena, con permesso" Soph trascina via mamma e papà verso la folla di persone dispersa tra le varie stanze.
"Come ti chiami, cara?" mi domanda la gentile (per ora) ansiana che ho di fronte.
"Alice" le sorrido.
"Sei la fidanzatina di mio nipote?" chiede scompigliando i capelli a Matteo.
Fidanzatina? Anche lei? Ma cosa diavolo è preso a tutti? Prima Soph, ora la nonnetta. Calma, i "fidanzatini" si avevano alle elementari.
Solo ora elaboro ciò che mi ha chiesto e... CHE COSA?
"Signora..." mi affretto a rispondere, dopo essere sbiancata ed aver rischiato di strozzarmi con la saliva. Che cavolo devo dire?
"Oh, non chiamarmi "signora", mi fai sentire vecchia" mette una sua mano sulle mie in modo affettuoso. Anche se questa donna è molto gentile e simpatica, il mio cervello non può fare a meno di pensare: ma sei vecchia!
"Nonna, credo che mamma ti stia cercando" afferma Matteo tutto rosso in viso. Sia lodato!
Mimo un "grazie" a Matteo, mentre i suoi nonni vanno via.
"Sta tranquilla. Ha fatto la stessa domanda anche a tutte le mie compagne di classe" ridacchia.
"Andiamo a fare un giro?" aggiunge.
"Ehm... non vorrei rovinarti i piani, ma casa tua è in preda ad un invasione barbarica e non credo che riusciremo a trovare un posto per stare da soli" gli faccio notare.
"Non preoccuparti. Ho un'idea" mi prende per mano ed inizia a salire le scale.
"Stiamo andando in camera tua?"
"No. Qui abbiamo una specie di stanza per gli ospiti con un piccolo soggiorno ed il terrazzo che affaccia sul lato opposto rispetto al giardino, così nessuno potrà vederci" mi fa l'occhiolino.
"Bella idea" sorrido ammiccante.
Arriviamo davanti ad una porta bianco sporco con un pomello in ceramica e Matteo la apre lentamente. La stanza è in penombra e... si sentono dei rumori? Voci?
Matteo accende la luce e davanti a noi ci sono Michele e Ada colti in flagrante.
Loro diventano come due pomodori, mentre io e Matteo ridiamo come matti.
"Scusate" ci affrettiamo a dire e chiudiamo la porta e la luce.
"Chi lo avrebbe mai detto!" Mi piego in due dalle risate.
"Matteo e mia sorella che si sbaciucchiano" continua a ridere.
Anche lui? "Sbaciucchiano"?! È una parola?
"Per caso oggi è la giornata "usiamo parole assurde"?" mi siedo a terra ridendo e Matteo mi imita ed intreccia la sua mano con la mia. Già è stupendo, se ride poi... morirò giovane.
"A quanto pare, tra poco partirai" sospiro dopo essermi ripresa.
"Non farmici pensare" appoggia la sua testa sul mio grembo.
"So che ci sono tante domande che potrei farti in questo caso, ma ne ho una che mi tormenta: nell'appartamento dove abiterai sarai solo o lo condividerai? Con un uomo o una donna?"
Oh no, la mia parte paranoica sta uscendo fuori.
Lui ride. Perché ride?
"Gelosona" si avvicina a me e mi lascia un dolce bacio a fior di labbra.
"Credo che vivrò con Fabio, frequenterà l'università di Pavia, così prenderemo un appartamento diciamo "in mezzo". Sarà più difficile per entrambi arrivare in facoltà, ma vale la pena fare qualche sacrificio".
Sembra così serio e... maturo, ho paura che possa crescere troppo in questi mesi o, addirittura, anni e trovarmi infantile al suo ritorno.
"Promettimi una cosa" annuncio seria.
"Non crescere mai" sospiro.
"Resta il mio Matteo. Il Matteo che ha paura dell'acqua profonda, che gira spensierato sulla sua Vespa rossa, che organizza picnic romantici al chiaro di luna, che mi butta in piscina con tutti i vestiti addosso. Il Matteo che ha fatto una battaglia con il gelato alla nocciola, che ha imbrattato tutta la cucina con la farina ed il cacao. Il Matteo sgarbato che ho conosciuto sei mesi fa e che continuo a conoscere giorno per giorno." Mi fermo un attimo per espirare. È il momento giusto per dirlo? Ma d'altronde non credo ce ne siano.
"Il Matteo di cui mi sono innamorata e che sto imparando ad amare giorno per giorno. Ti amo e vorrei tanto che restassi così per sempre, perché ho così tanta paura che tu possa maturare ed iniziare a vedermi come una stupida bambina e che possa dimenticarti di me e etichettarmi come una sciocca storia al liceo, perché per me è molto più che una storia, per di più sciocca, perché non riesco ad immaginare la mia vita senza di te e senza il tuo lato infantile, perché ti amo e non c'è nulla che possa fare per farti rimanere con me, senza comportarmi come una bambina egoista con i suoi giocattoli. Ciò che mi resta è solo la speranza che nulla cambi nel nostro rapporto, soprattutto noi due. Scusami" mi fermo per asciugarmi il viso con una mano. Non mi ero accorta che delle lacrime mi fossero scese sul volto e che la mia voce fosse strozzata. Nella mia mente questa doveva risultare come una dichiarazione in tutto e per tutto, ma come al solito la mia emotività rovina tutto.
Di solito quando immaginavo il mio primo "Ti amo" nella mente apparivano scene romantiche, come il tramonto in campagna o il mare di notte solo con le stelle ad illuminarmi. Non ho mai pensato che debba essere per forza il ragazzo a dichiararsi per primo, perché non sono una di quelle sciocche che immaginano una scena del genere: Ti amo - dice il ragazzo.
Awww ti amo anche io - rispose lei.
Soprattutto odio quei fidanzati che se lo ripetono in continuazione. Andiamo, se ripeti spesso la stessa cosa, il sentimento perde di credibilità.
Matteo alza il capo dal mio grembo e si mette alla mia altezza. Mi ero voltata per non farmi vedere piangere da lui, ma lui afferra il mio mento e mi fa voltare nella sua direzione. Con un bacio ferma una lacrima che scendeva lenta sulla mia guancia e fissa il suo sguardo nel mio.
"Francamente credo che sia difficile che un idiota come me possa crescere, ma nel caso questo accada non potrei mai stancarmi di te. Non ci si può stancare della persona che si ama, dell'unica persona che sia abbia mai amato" prima di avvicinarsi ancora di più a me, sorride e capisco che ha ragione. Io lo amo e anche nel caso lui cambiasse non potrei mai smettere di amarlo, pur provandoci.
"Ti amo" sussurra, ma non mi da il tempo di assaporare quelle parole che le sue labbra sono sulle mie, impazienti e bisognose. Bisognose di quella bolla che rimpiangeranno tanto a lungo. Seppur bisognoso, il nostro non è un bacio passionale, perché sento quelle dannate farfalle nello stomaco di cui ho sentito tanto parlare e di quella voglia di avere sempre di più, di non averne mai abbastanza, quella sensazione di poter fermare il mondo, anzi, quella necessità di fermare il mondo intorno a sé ed il tempo che scorre, perché tutto sta girando troppo vorticosamente e solo ora sono riuscita a prendermi una pausa e a calmarmi, perché so che è questo il mio posto. È questa casa mia. Ovunque lui sarà, io sarò con lui, perché ormai una parte di me gli appartiene e non posso più riprenderla indietro.
Gli mordo il labbro e lo tiro a me, lentamente, con la paura di potergli fare male. Lui ha ancora gli occhi chiusi quando io li riapro a poco a poco. È così bello e mi ama e non c'è cosa più bella al mondo. Sbatte le palpebre ed il suo viso è ancora fin troppo vicino al mio. Lo guardo. Mi guarda. Lo divoro con un prato di campagna. Mi divora con un cielo dopo la pioggia. E mentre i nostri occhi comunicano senza parlare, sento ciò di cui ho solo letto nei libri. Ciò che ti fa tremare le gambe. Ciò che ti crea un vuoto nello stomaco. Ciò che può far paura. Ciò che si può scoprire solo insieme. L'unica paura che non si è in grado di sconfiggere da soli.
È l'amore.
Non sono cinque lettere. Non è un sentimento. Non è superficiale. Non è quello di cui si parla nelle canzoni.
È qualcosa di vero, di irragiungibile in certi versi.
E solo ora, tra un misto di grigio e verde, mi sento come in un romanzo di Jane Austen.

#angoloautrice
Non uccidetemi. So che non aggiorno da molto, ma non stanno andando molto bene le cose qui. Sono stata in vacanza per una settimana e non ho avuto il tempo per aggiornare, poi mio nonno è stato ricoverato e la scuola è iniziata . Non starò qui annoiarvi con i miei problemi personali, perciò spero che il capitolo vi piaccia e, non prenedetemi per una stupida, ma ho pianto scrivendo la dichiarazione di Alice. Lo so, ho seri problemi.
Mi siete mancate molto e mi sono mancati loro due, soprattutto il mio amato Matteo. Spero che non abbiate abbandonato la storia e ringrazio chi continua a seguirla.
Alla prossima :)

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