19. L'uomo incappucciato

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L'uomo camminava velocemente fra le case di Godric's Hollow. La notte era stranamente umida e ventosa per essere a Marzo. Le vetrina della gioielleria babbana era celata da una grata di metallo, ma di certo non gli avrebbero impedito di diventare l'uomo più ricco del mondo se soltanto lo avesse voluto, pensò.
Le strade della cittadina erano quasi vuote. Alcune giovani coppie passeggiavano al chiaro di luna, tenendosi per mano. Lui di certo non avrebbe perso tempo per stare con una donna, si disse schifato.
Le poche persone che gli passavano di fianco lo guardavano male. Quando una ragazzina si fermò proprio davanti a lui imprecò mentalmente.
-Signore Holloween è passato da alcuni mesi. Perchè va in giro con una tunica e il cappuccio?
Arrogante, pensò. Perchè un uomo non poteva avere la libertà di vestirsi come voleva?
Si avvicinò quel tanto che bastava per farle guardare sotto il cappuccio. Il sorriso si spense sul volto della bambina e la paura oscurò il suo volto. Si voltò di fretta e corse via.
Sotto la veste tastò il manico della bacchetta... un solo gesto e la ragazzina non sarebbe mai tornata dalla madre... ma era inutile, decisamente inutile. Proprio come la vita di quella piccola Babbana.
E lui non aveva tempo per simili sceneggiate... no, quel giorno puntava in alto. I McKinnon si erano appena trasferiti. Una delle famiglie magiche più potenti aveva poche protezioni sulla propria casa, distruggerle sarebbe stato semplice, bastava un gesto con la mano e una parola sussurrata. Era l'occasione che aspettava da tempo.

Giunse alla fine della strada e proseguì lungo un'altra via più buia. La attraversò silenziosamente e svoltò in un vicolo secondario. La casa era lì. Nuova, appena dipinta, e pronta ad essere distrutta da un incantesimo più che alla sua portata. Una folata di vento immaginaria porto alla luce le sue emozioni. Eccitazione e un senso di potere illimitato.
Aprì il cancelletto con la magia ed entrò in giardino. L'apparme scattò rumorosamente. Fece in tempo a squillare solo una volta perchè l'uomo sussurrò - Silencio - con una voce fredda e straordinariamente simile a quella di un serpente.
Arrivato davanti alla porta sorrise freddamente. All'interno non si udivano rumori, segno che nessuno si era svegliato. Avvertiva solo una strana presenza... come se qualcuno lo stesse spiando, ma la strada era deserta. Mormorò qualche controincantesimo per abbatere le poche barriere magiche presenti intorno alla casa. Poggiò la mano sulla maniglia fredda come la sua pelle bianca e fu dentro.
L'atrio della casa era pieno di scatole e oggetti per via del trasferimento appena compiuto. Qualche vaso era stato posizionato sulle mensole, mentre un allegro tappeto ricopriva il pavimento di legno.
Si guardò intorno: non c'era nessuno. Sentiva la presenza della mente di tre persone grazie all'incantesimo che aveva usato su se stesso per potenziare le sue capacità. Riusciva ad avvertire i loro pensieri con una facilità impressionante. Raggiunse un corridoio stretto e lungo. La prima stanze era un bagno angusto. Lo superò con passo felpato ed entrò nella seconda camera.
Sulla porta era appeso un quadro con scritto "Camera di Will. Bussare prima di entrare, grazie".
La stanza era buia ma lui vedeva lo stesso. Un ragazzo, Will McKinnon, ancora troppo piccolo per andare ad Hogwarts o in un'altra scuola, dormiva su un lettino ad un angolo della stanza. Vari oggetti e scatole gli bloccavano il passaggio per giumgere al letto, ma con un distratto gesto della mano li fece evanescere.
Attraversò la stanza e si inginocchiò ai piedi del ragazzo. Poggiò la mano fretta sulla sua guancia e lo sentì ribbrividire al contatto. Tirò fuori la bacchetta e si preparò a formulare l'incantesimo.
Lancio un ultimo sguardo al ragazzo.
-Avada Kedavra! - urlò. Un lampo di luce verde illuminò il volto di Will McKinnon, poi il suo respiro regolare si spense.
Niente. Lui non provava niente. Non provava alcun sentimento di rimorso per la morte di quel ragazzo.
Un urlo da una camera di fianco lo riscosse. Si erano accorti della sua presenza. Velocemente uscì dalla stanza e si chiuse la porta alle spalle.
Una donna, la signora McKinnon, uscì dalla sua camera, seguita a ruota da un uomo. Lei non aveva la bacchetta.
-Cos'hai fatto a nostro figlio? - urlò - che tu sia maledetto assassino!
-Silenzio, donna - sibilò freddo l'uomo sotto il cappuccio.
Alzò la bacchetta e la puntò contro di lei.
-Avada Kedavra! - un lampo di luce verde e anche la donna smise di respirare come il figlio.
L'uomo urlò di disperazione, ma poi la sua espressione addolorata scomparve dal suo volto, sostituita da rabbia.
-Hai ucciso mia moglie e il mio unico figlio - disse con una calma terrificante - morirai per questo.
-Stupeficium!
-Avada Kedavra!
Lui era sicuramente più potente, anche se il signor McKinnon era uno dei maghi più forti. Il lampo di luce rossa e quello verde si incontrarono a mezz'aria. Nessuno dei due maghi sembrava voler cedere. Per un attimo l'uomo pensò che uno scontro aperto non era stata la migliore idea, che forse doveva ritirarsi. Ma lui era il mago più forte che fosse mai esistito. Lui era Lord Voldemort. E nessuno avrebbe potuto fermarlo. Quell'uomo sarebbe diventato il secondo dei sette. Sei, se non contava la parte di anima che sarebbe rimasta dentro di lui.
Con un urlo agghiacciante strinse la presa sulla bacchetta. Il suo incantesimo prese il sopravvento sull'altro finchè non spezzò la bacchetta del mago.
Il signor McKinnon era sorpreso. Non pensava che un mago avrebbe mai potuto batterlo in un duello. Il suo sguardo incrociò un ultima volta quello dell'assassino, poi si spense e l'uomo cadde a terra.
Lui assorbì tutta l'energia sprigionata dalla morte del mago e formulo l'incantesimo. L'anello, si disse. Lui era il secondo.
Quando ebbe concluso la magia prese un profondo respiro. Si accorse che continuava a sentire una presenza da qualche parte. Con orrore si accorse che era nella sua mente. Un urlò carico di rabbia uscì dalla sua bocca. L'incantesimo che gli aveva permesso di sentire i pensieri degli altri l'aveva portato ad aprire la mente. E qualcuno era entrato.
Espanse la sua coscenza verso la persona. E una parola affiorò sulle sue labbra. Un nome: Potter.
Si preparò ad uccidere quella persona, quel ragazzo.
Un altro urlo, ma questa volta non era suo. Un istante prima che cominciasse a formula l'incantesimo senti la presenza affievolirsi fino a scomparire.

James Potter: la Leggenda del MalandrinoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora