Uno spiraglio di sole si faceva spazio tra le persiane di camera di Bill. Era ufficialmente mattino.
Si stropicciò le mani sugli occhi, soprendendosi, per l'ennesima volta, di quanto fossero lunghe le sue dita. Si girò di 90 gradi e si imbattè con lo sguardo nella sveglia.
07:00 spaccate. Ecco cosa diceva. L'aveva guardata prima che suonasse, capitava raramente. La sveglia sarebbe suonata, in verità, in 5 minuti. Il sole aveva giocato d'anticipo.
Che giorno era? Ah, se lo ricordava. L'8 gennaio.
Scuola. Fu l'unica parola che si soffermò nella sua mente. L'unica che conteneva ansia nel suo petto.
Aveva trascorso i passati dieci giorni con Tom, a riprendere quel vecchio rapporto che avevano perso. Erano tornati dalla loro vecchia panchina e avevano scoperto che l'avevano rimossa. Per commemorarla, avevano fatto un pupazzo di neve nell'esatte coordinate dell'amato oggetto.
Passavano le giornate un po' a casa di Tom a guardare i mille film di cui era in possesso, un po' a casa di Bill ad ascoltare musica, passavano qualche giornate nei negozi di dischi senza un desiderio preciso o giocavano a palle di neve.
Tom aveva comprato una polaroid, aveva cominciato a fare varie foto a Bill e se le era appese alla parete. Ora non c'era solo la foto con Bill a cinque o sei anni, ora c'era una foto con Bill a quasi diciannove anni. Il tempo passava troppo in fretta.
Il moro aveva rotto con Saimon? Non nel modo in cui avrebbe dovuto. La parola che aveva usato era stata pausa, gli aveva detto di essere confuso, di non essere sicuro dei suoi sentimenti. Questo, però, Tom non lo sapeva. Tom era sicuro di avere strada libera con il ragazzo.
Non affrettava i tempi, anzi, era andato un passo alla volta. Sapeva che dovevano ripartire da zero, anche nelle cose più semplici.
Fu questo a cui ripensò Bill mentre girava il cucchiaio nel piatto, ormai vuoto, di quelli che una volta erano cereali con il latte. Le cose semplici. Tom lo era, con lui lo era stato in quelle settimane.
Aveva messo lui al primo posto, aveva perfino snobbato i suoi amici per lui. E lui non aveva il coraggio di lasciare Saimon per paura di ferirlo.
Non l'aveva lasciato perché non sapeva se Tom avrebbe fatto sul serio davanti agli altri. Non voleva più segreti. Quello era il giorno della verità.
O succede o no.
Se Tom l'avesse ignorato, lui avrebbe troncato completamente il rapporto. Basta segreti, questo si era imposto.
Era uscito di casa con il cuore in gola, non voleva altre delusione. Nemmeno la musica nelle sue cuffie riusciva a calmarlo, dire che stava ascoltando la sua canzone preferita.
«Bill!» gli urlò Lena buttandoglisi addosso. L'aveva fatto cadere.
Si trovavano entrambi con il sedere a contatto con il cemento freddo, abbracciati, perché non si vedevano da un po'. Lena aveva passato le vacanze a Berlino, dai suoi parenti. Era stato il tempo più lungo di lontananza che avevano affrontato. Si telefonavano spesso, sempre si potrebbe dire.
«Pronto?» gli disse allungando una mano, cercava di alzarlo da terra.
Bill accennò un colpo di testa: non si capiva se fosse un sì o un no, ma bastava alla ragazza. Lo prese a braccetto e oltrepassarono il cancello.
Il moro cercava il viso di Kaulitz in ogni persona che incontrava, desiderava tanto averlo al suo fianco, non solo quel giorno, ma ogni mattina.
Troppo romantico? Un po'.
Sospirò. Una parte di lui continuava a ripetergli che non sarebbe venuto, o meglio, avrebbe tirato dritto ignorandolo. Semplicemente, non voleva dargli ascolto.
Lena l'aveva abbandonato. Aveva riconosciuto Rik da lontano, la sua nuova fiamma di qualche giorno, e si era precipitata a salutarlo. Ora c'era solo lui. Lui e i gradini che lo separavano da quei lunghi corridoi pieni di persone.
Aveva appoggiato il piede sul primo gradino, ne mancavano ancora una decina. Venne fermato da qualcosa, però.
«Buongiorno» e sentì scioccarsi un bacio sulla fronte.
Dovette controllare un attimo i suoi stimoli di saltargli addosso. Tom Kaulitz era lì, era andato dritto verso di lui e gli aveva baciato la fronte davanti allo sguardo di metà dell'istituto.
Voleva dire qualcosa? Probabilmente.
Bill non ebbe il tempo di pronunciare parola, troppo preso a fantasticare sulla situazione generale.
«Allora, entriamo o vuoi rimanere qui tutta mattina?» disse, l'altro, ridendo.
Lui accennò un sì con la testa, un cenno diverso da quello che aveva fatto a Lena. Questo era una affermazione vera e propria.
Spostò lo sguardo sul gradino davanti a sé per posizionarci il piede, quando si accorse che Tom gli aveva piazzato la sua mano davanti. Come a dire "mi prendi per mano?"
Anche per sempre, se gli fosse stato concesso.
Allungò anche la sua mano e le loro dita, sfiorandosi un secondo, si intrecciarono l'una nell'altra.
Camminavano sincronizzati, camminavano mano nella mano, camminavano davanti a tutti. Bill con Tom e Tom con Bill.
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Brown Eyes || Twincest.
Fanfiction«Nonostante le cose pazzesche che sono successe noi ci apparteniamo ancora - disse Tom guardando il ragazzo davanti a sè - non abbiamo mai smesso di farlo. Io sono tuo Bill, io apparterrò a te anche quando mi chiederai di smettere». Lo guardò, si gu...