26. "Going back"

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Tom aveva poche certezze nella vita.
Credeva in poche cose.

Non sapeva cosa era giusto, per lui tutto era indifferente. Se una cosa gli andava, la faceva. Niente problemi o limiti di alcun tipo. Solamente sé stesso, sé stesso era il suo unico ostacolo. Aveva imparato a superarsi, a dare ascolto all'adrenalina nelle sue vene e non al cuore o al cervello.

Non sapeva chi era quello che tutti chiamavano Dio. Per lui non esisteva. Una persona così potente non avrebbe mai permesso il dolore, una persona così potente avrebbe fatto in modo di avere un padre normale, un padre che ci tiene ai suoi figli e che non tradisce la moglie. Un essere superiore avrebbe lasciato, come unico sentimento la felicità, quella completa, quella che fa alzare gli angoli della bocca alle persone. Dio non esisteva per lui perché, altrimenti, nessuno sarebbe morto in modo doloroso. Già per lui la morte era inconcepibile, il dolore lo era ancora di più. A lui non significava nulla.

Non capiva la matematica. Non capiva perché uno più uno dovesse fare due e non tre o cinquecento. Chi lo aveva stabilito? Non capiva perché mettere anche le lettere in mezzo ai numeri, le lettere a casa sua si usavano solo per parlare e scrivere, non per fare i conti. Non capiva perché il professore si ostinasse a spiegargli i concetti, tanto non li apprendeva e mai ci sarebbe riuscito.

Non capiva le persone che giudicavano tutti. Lui, a prescindere, ignorava tutti. Era molto più facile. Vivere la vita fingendo che le persone inutili non esistessero, metodo Kaulitz. Criticare? Perché spendere tempo a parlare di persone a cui nessuno importava? Le critiche non miglioravano né lui né gli altri.

Non sapeva queste cose ed altro.

Sapeva, però, cos'era Bill.
Sapeva le emozioni che lui gli aveva sprigionato dentro. Sapeva com'era vedere un arcobaleno dopo la pioggia,  com'era sentire la tua canzone preferita appena accendi la radio. Sapeva come creare una buona melodia, dove andare per mangiare il buon cibo. Sapeva cosa voleva dire cadere e rialzarsi, come si sorrideva a trentadue denti. Sapeva che esisteva un sentimento chiamato felicità, di cui il solo nome lo disgustava, ma sapeva che Bill aveva portato il disgusto verso un piacere. Sapeva che Bill lo aveva fatto sentire in tutti questi modi diversi senza grandi gesti o parole.

Quel ragazzo moro, che tanto curava il suo aspetto, aveva curato il suo cuore. Aveva fatto spazio tra le vene e le arterie e lo aveva allargato. Aveva pompato il sangue nelle sue vene e ora tutto circolava nel modo giusto.

Bill era come la sigaretta del mattino, prima di entrare a scuola: una ventata di aria fresca, che calma i nervi.

Per questo, quando lo trovò rannicchiato contro il muro di Alexander Straße con un foglio bianco in mano, si limitò a prenderlo in braccio e a sussurrargli parole nell'orecchio. Premeva il suo respiro contro il suo lobo e scandiva bene ogni lettera della frase appena detta.

«Prepara la valigia, torniamo a Magdeburgo».

Brown Eyes || Twincest.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora