Lo sguardo di Stash rimase attento e vigile su Elena, la fissava e cercava di capire cosa ci fosse di sbagliato o cosa fosse successo. Più la guardava più sentiva l'ansia pervaderlo. Elena continuava a bere, non sapeva la vera storia di Stash, di cosa ne fosse stata della sua famiglia ma era preoccupata.
-Elena, mi stai facendo morire d'ansia. Vuoi parlare?- disse. Si rigirò il bicchiere fra le mani, finché non lo riempì nuovamente d'alcool e ricominciò a bere. Elena si torturò le mani, era palesemente nervosa. Stash non riuscì a fare a meno di notarlo, non era da lei. Eppure Elena sentiva di doverlo difendere da una notizia così forte, così potente. Si sentiva in colpa, in fondo avrebbe dovuto parlare Michael al posto suo, ma sapeva che non lo avrebbe mai fatto.
-Senti, io non so come tu possa prenderla ma...- venne interrotta da Stash che fremeva, non desiderava altro che poter sapere.
-Senti, vieni al dunque, okay?- si mosse nervoso sulla sedia e sentì dentro se che qualcosa non andava, che questa notizia avrebbe sconvolto la sua vita. Stash non sapeva che sarebbe successo, ma Elena sì. Non faceva che arrovellare il proprio cervello, iniziava a pensare che sarebbe stato solo uno sbaglio. Che avrebbe dovuto farsi i fatti propri.
-Ho scoperto da Michael una cosa che io avrei preferito non sapere.- disse lei. Il moro inarcò le sopracciglia senza capire. Cosa poteva centrare lui con Michael? Perché avrebbe dovuto interessargli?
-E io? Voglio dire, è una cosa che mi riguarda?- non voleva essere scortese con lei. Magari sentiva il bisogno di sfogarsi per una cosa personale e aveva scelto proprio lui per farlo. Quel pensiero lo fece sorridere leggermente, tanto che la ragazza non se ne accorse.
-Sì, riguarda te non me.- dichiarò agitata. A quel punto il piccolo sorriso sulle labbra di Stash scomparve e una ruga attorno all'occhio prese posto. Elena non riuscì a non notare quel piccolo particolare. Riempì nuovamente il bicchiere e Stash fece lo stesso.
-Allora vedi di parlare in fretta, sto iniziando a perdere la pazienza.- disse quasi scontroso. Elena non riuscì ad arrabbiarsi per il suo tono di voce. Non aveva idea di come avrebbe reagito e questo la spaventava un po', non che avesse paura di lui, ma per lui. Era preoccupata per lui e non riuscì a non ammetterlo a se stessa, sarebbe stato stupido e da ipocriti non farlo.
-Per caso mi è capitato di leggere un documento che Michael custodiva gelosamente dentro alla propria cassaforte, beh ecco...- rimase a fissarlo. Come poteva essere diventata così sensibile? Come poteva aver paura per lui, per la sua reazione, per il risultato di quel DNA? Era cambiata, era questa la risposta che riuscì a darsi velocemente nella sua mente prima che Stash riprendesse a parlare con agitazione.
-E...? Cazzo, parla. Sono stanco di questo gioco, non ho voglia di scherzare Elena.- dichiarò alla fine alzandosi. Si appoggiò al ripiano della cucina fissando Elena che ormai aveva ceduto ai propri istinti e si era presa coraggio. Era andata da lui per potergli parlare, era inutile continuare a tacere, lo avrebbe solo innervosito di più.
-E ho scoperto che Michael è tuo padre.- disse secca. Abbassò lo sguardo e si aspettò che Stash iniziasse ad urlare. Il ragazzo rimase in silenzio, fino a che non scoppiò a ridere istericamente, come se fosse un pazzo.
-Hai voglia di scherzare vero?- disse scuotendo la testa. Non riusciva a capire il perché di quella scenata, il ricordo dei suoi genitori gli metteva addosso tanta tristezza, non riusciva a capire del perché volesse ferirlo così tanto anche dopo aver messo le cose a posto.
-Stash, non sto scherzando.- disse Elena alzandosi e parandosi davanti la sua figura, appena qualche metro di distanza. -Sono seria, non ti sto prendendo in giro.- ripeté preoccupata della sua reazione poco consona. Aveva messo in conto anche questa possibilità, ma non pensava che si fosse rifiutato di crederci completamente.
-Mio padre è morto!- le urlò in faccia voltandosi. Numerosi ricordi di sua madre e suo padre presero posto nella sua mente. Quella maledetta notte dell'incendio non sarebbe mai scivolata via dalla sua mente. Rivide le fiamme divampare fuori dalle finestre, le urla dei vicini e quelle strazianti di sua madre. I pompieri a gettare acqua dentro casa, altri che provavano ad entrare dalle porte, dalle finestre. Quelle maledette fiamme parevano non volersi domare. Si rivide, un timido ragazzino di quattordici anni che tornava a casa dopo una notte brava con i suoi amici, correre verso la porta andata distrutta. Veniva bloccato dai pompieri, veniva tenuto a bada da una crisi isterica di pianto e rabbia. I vicini a consolarlo. Non appena vide la testa biondiccia di sua madre si era messo a correre e sorridere felice di poterla rivedere. Aveva chiesto di suo padre ma nessuno era stato in grado di dire nulla fino a che non lo vide col volto annerito, immobile su una barella. Scoppiò non appena il viso di suo padre venne coperto da un telo bianco. A Stash parve d'impazzire. Sua madre lo aveva consolato, ma poi aveva perso il controllo della situazione. Aveva iniziato ad imbottirsi di medicinali, calmanti, pillole su pillole. Una notte l'aveva trovata con la foto di suo padre tra le mani, stretta al petto e il suo corpo senza vita. Non aveva più avuto le forze di combattere, di piangere. Si era arreso. Aveva passato i suoi ultimi 3 anni da una zia, poi aveva iniziato la sua attività criminale e non aveva più smesso. Tutte le volte che lo faceva si sentiva meglio, svuotato. Tutto quello che gli restava era la forza di reagire e ricominciare.
-Stash, ti giuro che...- iniziò ma venne interrotta.
-Sta' zitta.- le sibilò tappandole la bocca con una mano. Elena lo guardò fisso negli occhi, una strana sensazione le prese posto in corpo. Alzò una mano e con delicatezza la poggiò sulla sua, la spostò ed ebbe paura di una reazione. Stash abbassò le mani e rimase immobile a fissarla.
-Giuro che non ti sto mentendo. Guardami. Guardami negli occhi!- urlò per farsi ascoltare. Le sue mani finirono sulle sue guance e Stash si sentì quasi incastrato in quegli occhi color pece.
-Ho visto quel documento, te lo giuro. Non ho nessuna intenzione di prenderti in giro Stash. Lui è tuo padre.- ripeté. Deglutì a fatica, era questo che sapeva Stash? Che suo padre era morto? Lo sguardo di Stash si abbassò, sentì gli occhi pungere e non avrebbe retto a tal ricordo.
-Mio padre è morto, l'ho visto io coi miei occhi quella notte...- disse a bassa voce. Elena lo afferrò per la nuca e se lo attirò a sé, lo strinse forte, Stash si lasciò andare contro il suo petto e pianse piano. Elena sentì una fitta al petto, il ragazzo si aggrappò forte.
-Ti prego, non ho voglia di ricordarlo. Lui è morto fra quelle fiamme...- Elena lo zittì con una carezza. Non aveva voglia di sentirlo in quello stato, in realtà non pensava nemmeno che potesse soffrire così tanto. Non aveva capito nulla di lui, della sua vita. Forse non era mai stata davvero così interessata, aveva sempre e solo pensato a se stessa.
-Faresti meglio a parlare con Michael.- disse infine Elena. -Nessuno ti sta prendendo in giro, te lo giuro. Và da lui e avrai le risposte che cerchi.- le propose. Stash la guardò negli occhi, non aveva mai capito quanto le braccia di Elena fossero confortanti, dolci, belle. Si protese in avanti e sfiorò le labbra con le sue. Non fu un vero e proprio bacio, rimasero semplicemente a sfiorarsi, come se stesse meglio in quel modo. Elena le sorrise appena e con lo sguardo lo incoraggiò ad andare. Rimase qualche altro secondo incerto, poi decise di attraversare quella porta e andare via. Elena lo seguì, approfittandone per tornare a casa. In auto, nel completo silenzio, Stash guidò, lanciando qualche occhiata al suo fianco. Elena lo guardava con la coda dell'occhio, preoccupata. Con delicatezza gli fece una carezza sul ginocchio per poi tornare a guardare fuori dal finestrino. Non appena arrivarono la prima a scendere dall'auto fu Elena, che notò Stash seduto, con le mani sul volante e lo sguardo avanti, perso nel vuoto. Scosse la testa, lo guardò un'ultima volta e poi si allontanò, sapeva che sarebbe sceso. Non appena oltrepassò la cucina, notò lo sguardo di Michael, abbassò gli occhi e salì in camera sua. Stash nel frattempo scese, prese un bel respiro e si ritrovò sulla soglia della porta. Esitante fece qualche passo fino a ritrovarsi proprio di fronte a Michael. Entrambi si guardarono, Michael aveva già capito tutto dallo sguardo vacuo e triste di Elena. Non era rabbioso nei suoi confronti, non provava assolutamente nulla, semplicemente pensò che finalmente era giunta l'ora di affrontare il suo passato e presente. Di riconoscere suo figlio e di smetterla con la paura, avrebbe affrontato la situazione da uomo.
-Sapevo che Elena ti avrebbe raccontato tutto quanto, solo non così presto.- disse l'uomo facendo un gesto con la testa per invitarlo a sedersi. -È sempre stata così impaziente e tu lo sai bene, vero?- chiese facendo un mezzo sorriso. Si affrettò a prendere un bicchiere di scotch e lo buttò giù d'un fiato. -Vuoi?- chiese. Stash fece una smorfia nel guardarlo. Non riusciva a credere che quello fosse proprio suo padre. Non trovava nemmeno la più piccola somiglianza, niente. Il suo cervello non riusciva a darsi pace, non credeva nemmeno tanto a tutta questa storia.
-Hai voglia di prendermi per il culo?- chiese. Si appoggiò allo stipite della porta e lo guardò con aria di sfida. I ricordi dei suoi genitori bruciavano ancora tanto.
-Nessuno ti sta prendendo in giro, Stash.- il suo tono era calmo, ma rasentava paura. Era stato giorni a non poter credere vero una cosa del genere. Non riusciva a capire come il suo peggior nemico fosse in realtà suo figlio, il figlio che non aveva mai visto crescere per colpa della sua paura. Se solo avesse visto prima i risultati forse Stash non sarebbe cresciuto da solo, forse avrebbe potuto prendersi cura di lui e non lasciarlo solo. Forse aveva solo paura di immischiarlo in affari sporchi, anche se poi, lui lo aveva fatto da solo.
-Tu non sei mio padre. Lui è morto anni fa.- disse stringendo le mani a pugno e avvicinandosi a lui. Michael non si scompose, rimase immobile a guardarlo esausto già di tutta quella situazione. Stash era convinto di quello che diceva, per lui tutto era da pazzi, il suo scopo era farlo stare male per fregarlo, più passava il tempo più se ne convinceva.
-Ascoltami, puoi per un minuto? Devo raccontarti come è andata anni fa.- propose Michael. Gli fece segno d'avvicinarsi ma lui non lo fece.
-Chi mi dice che tu non mi stia prendendo in giro?- domandò scettico. Fece un passo avanti e si ritrovò proprio di fronte a lui e lo guardò dall'alto. Michael seduto sulla sedia versò un altro bicchiere di scotch, ma stavolta lo passò a Stash.
-Perché ho il test del DNA e per una volta vorrei che ti fidassi. È incredibile anche per me tutta questa storia.- disse semplicemente. Stash si sedette e accettò il bicchiere. Lo tracannò tutto d'un sorso. Ne sentì l'incessante bisogno. La gola bruciò ma non gli importava, il cuore pulsava e bruciava più di tutto e con lui avrebbe dovuto fare i conti dopo.
-Sentiamo cosa cazzo hai da dire.- sputò fra i denti con cattiveria. Proprio non riusciva a credere a quell'uomo che era sempre stato il suo unico nemico, una persona che avrebbe dovuto uccidere per quante volte gli aveva sbarrato la strada.
-Non mi aspetto che tu mi creda. Ma io e tua madre, siamo stati molto amici 25 anni fa. Lei aveva appena conosciuto quello che tu hai creduto fosse tuo padre. Sono stati assieme per parecchio tempo, ma tua madre era sempre stata innamorata di me, come io di lei.- fece una pausa, i piccoli ricordi lo uccidevano. Erano stati amici molto stretti e ricordava ancora la sensazione degli abbracci, il gusto dei suoi baci delicati, come se fosse successo solo qualche ora prima.
-Siamo finiti a letto, ma tuo padre lo ha saputo subito. È stato pesante da digerire, ma lei aveva scelto lui perché ha sempre pensato che tu fossi suo figlio e voleva farti crescere con un padre. Non ho mai saputo della sua gravidanza fino a che non me lo disse lei, dopo essere sparita per mesi con lui e avermi fatto soffrire. Quando ti vidi la prima volta avevi appena 3 anni, una peste. Mi feci un rapido calcolo e ci arrivai in fretta. L'unica cosa che feci fu prendere un tuo capello e portarlo ad analizzare. Tua madre non ha mai saputo nulla. Non ho mai avuto il coraggio di aprire quella busta.- disse. Esalò un respiro come se fosse stanco dei ricordi che continuavano ad accecarlo. Stash rimase a bocca aperta, conosceva davvero i suoi genitori. Lo ascoltò sbarrando gli occhi e non riusciva a credere che quella storia fosse vera.
-Quando ti ho visto giocare con tuo padre ho pensato che sarebbe stato meglio non sapere. Per te, per lei. Non avrei rovinato la vostra famiglia, mi sono fatto da parte e l'ho aspettata. Perché sì, io in realtà l'aspettavo. Non sai quanto ho amato tua madre. Quando ho saputo della sua morte il mondo mi è crollato addosso. Tu non ricordi ma io al suo funerale c'ero. Ero là, nascosto a guardare la sua foto sulla bara. È stato straziante. Amarla per quattordici anni e non averla mai avuta, se non per una notte. Qualche giorno fa ho deciso di sapere la verità. Ora in te rivedo tua madre e l'unica cosa che voglio è riallacciare con te...- sussurrò quasi. Stash scattò in piedi quasi fosse posseduto. I muscoli tesi, i pugni chiusi pronto a scattare. Se solo non avesse avuto le lacrime ad appannargli gli occhi si sarebbe lanciato contro di lui e lo avrebbe preso a pugni.
-Sono tutte cazzate! Sono solo tutte cazzate!- batté i pugni sul tavolo facendo tremare tutto quanto. Michael chiuse gli occhi pronto ad una reazione di quel tipo.
-Stash calmati, sto dicendo davvero.- a quel punto estrasse la busta dalla tasca e la poggiò sul tavolo facendola strisciare verso la sua direzione. Il moro guardò furente prima lui e poi la busta. La prese e la guardò accuratamente. Lesse il contenuto sentendo la rabbia scorrere nelle vene. Sentiva di essere stato tradito da tutti, sentiva che fosse tutta una bugia, ma quella prova era schiacciante, anche troppo. Strappò quel foglio e si attaccò alla bottiglia di scotch ancora piena sul tavolo. Ne buttò giù un bel sorso per poi parlare.
-Tu non sarai mai mio padre, mai! Un padre gia ce l'avevo ed è morto in quell'incendio, tu non sei nessuno per me. Nessuno!- continuò ad urlare. Buttò giù altri sorsi di scotch fino a sentire lo stomaco in fiamme e la testa vorticare veloce. Aveva il fiatone, come se avesse fatto una corsa, buttò giù altro alcool, non essendo soddisfatto.
-Lo so. Vorrei almeno poterci provare. Stash, tu sei mio figlio...- disse ma Stash lo interruppe ancora, con voce più alta e feroce.
-Non dirlo nemmeno! Io non sono tuo figlio.- quando bevve l'ultimo sorso si sentì completamente svanire. La testa girava come se si trovasse all'interno di un uragano, e se si fosse mosso sarebbe caduto.
-Che succede qui?- domandò Elena comparendo sulla porta. Era stata attirata dalle urla e vide Stash con gli occhi rossi e tremolante, mentre Michael se ne stava in piedi pronto a soccorrere il ragazzo.
-Portalo a casa, è ubriaco.- disse solamente. Elena annuì, ma Stash provò ad opporsi. Poi si lasciò andare far le braccia della ragazza non appena vi si ci trovò in mezzo. Si lasciò trascinare fuori, con lo sguardo di tutti i coinquilini addosso, fino in macchina. Elena senza dire nulla mise in moto e corse verso casa del ragazzo, in cui aveva lasciato la sua auto.
-Stash, svegliati. Siamo arrivati.- il ragazzo aveva chiuso appena gli occhi per la stanchezza e l'alcool, ma li riaprì al suono della sua voce. Si lasciò trascinare senza riuscire ad aprire bocca, era esausto e non aveva voglia di affrontare la situazione ancora. Elena frugò nelle tasche di Stash, ma un ragazzo la precedette e le aprì la porta. Non aveva idea di chi fosse, ma lo scansò lasciandosi alle spalle le sue domande su cosa fosse successo. Portò Stash in camera e lo fece distendere.
-Ti preparo un caffè, aiuta per lavare via le sbronze. Nel frattempo spogliati e fai una doccia fredda.- disse prima di sparire dalla stanza ed incaricare il ragazzo di prima di preparare un caffè. Non appena tornò in camera lo ritrovò intento a litigare con le scarpe, lei si avvicinò e l'aiutò a disfarsi degli abiti. Sfiorò per sbaglio il suo petto e sentì un groppo alla gola.
-Coraggio Stash, devi fare una doccia.- lui mugolò qualcosa e si alzò barcollante. Elena lo accompagnò sino alla doccia per poi fargli scivolare via i boxer. Cercò di non pensarci e lo fece entrare, non appena si appoggiò al muro, con una forza inaudita attirò Elena a sé.
-Vieni anche tu!- le disse scherzando lei sorrise ma si tirò indietro.
-Per favore Stash, fai la doccia.- disse trattenendosi dalla voglia di farlo suo.
-Ma io voglio che tu rimanga qui con me, ho bisogno di te Elena...- le confessò con voce strascicata e da ubriaco. La ragazza sentì il fiato corto, rimase a fissarlo fino a che non entrò in doccia. Lui sorrise e chiuse gli occhi sotto al getto dell'acqua. Tentò di spogliarla ma non ci riuscì. Lei gli insaponò la schiena e cercò di non farlo cadere. Lo lavò con dolcezza finché non azionò il gettò dell'acqua fredda e vide il ragazzo fare un salto. Rise della sua reazione, così il moro l'afferrò e la portò sotto con se. La ragazza boccheggiò per la pungente sensazione dell'acqua gelata poi iniziò a ridere. Quando uscirono erano entrambi più svegli e infreddoliti. Si avvolsero in un asciugamano e ritornarono in camera.
-Grazie Elena.- disse mentre beveva il caffè completamente amaro. Fece delle smorfie ma ingoiò tutto senza storie. Elena sorrise semplicemente.
-Non preoccuparti, va tutto bene. Adesso riposati è meglio.- disse. Stash obbedì, si disfò dell'asciugamano rimanendo nudo per poi rivestirsi in fretta. Si gettò sul letto e guardò la ragazza.
-Spogliati e metti degli abiti asciutti o ti ammali.- Elena si disfò della maglia e dei jeans rimanendo in intimo davanti a lui, non aveva idea se lo faceva per provocazione o per altro, ma non si sentiva a disagio davanti a lui. Scavò nel fondo del suo armadio e tirò fuori una maglia bianca.
-Ti avrei preferito nuda ma... va bene.- ghignò con sguardo malizioso. Esplorò il suo corpo ancora leggermente bagnato e sentì una strana voglia di toccarla tutta. Elena si voltò di spalle e si sfilò il reggiseno zuppo. Infilò la maglia che le arrivò sotto al sedere per poi fare la stessa cosa con le mutandine. Stash si sentì assalito dalla voglia.
-Vieni qui, copriti o anche tu ti ammalerai.- le fece spazio sotto le coperte e si strinse a lei. Intrecciò le loro gambe e le sue mani finirono sotto la sua maglia. L'accarezzò, fino a giungere al fondo schiena. Elena rabbrividì e si accasciò sull'incavo del suo collo. La sua lingua iniziò a leccare la gola del ragazzo lasciandolo agonizzante.
-Elena....- sospirò. La ragazza, completamente andata, continuò imperterrita. Stash non riuscì a resistere, la sovrastò e con le labbra marcò il suo collo fino a morderlo. Le sue mani finirono per toccare i suoi seni sodi, li strinse e la baciò. Le tolse immediatamente la maglia, impaziente di poterla toccare, leccare, baciare e averla per se. Se la ritrovò nuda, sotto di se e non riuscì a trattenersi. Quando si spogliò e la fece sua capì di essere entrato direttamente in paradiso.Ok ci siamo.
Inizio subito per farvi disperare.
Credo proprio che questo sia il penultimo capitolo.il capitolo successivo è l'ultimo.
Però magari cambio idea e ci aggiungo qualcosa, devo solo pensarci bene.
Comunque qui vediamo i Stelena che sono troppo .. Vabbè ahahah
Poi Michael e la sua struggente storia. Così sapete anche come sono andati i fatti.
Genitori morti e vita di merda, classico.
Ma Elena gli ha portato una ventata di aria fresca.
tenetevi pronte per l'ultimo capitolo perché ci saranno di nuovo
Daniele e Virginia e chiaramente parlerò ancora di Stash e Elena.
Vi ringrazio tanto, e mi riservo i ringraziamenti
profondi per l'ultimo capitolo (salvo mie nuove idee).
Quindi okay bene, vado.
Un bacio.Debbi.
