Chapter Eighteen.

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Elena rimase a fissare Daniele che si allontanava lungo l'aeroporto, pronto a volare dalla sua Virginia. Aveva esitato per interi minuti litigando con la mora in macchina. Non aveva voglia di mollare i suoi amici, la sua casa, i propri familiari. Ma sapeva quanto fosse pericoloso rimanere. Dopo essere sparito dalla sua visuale, accese il motore dell'auto e si diresse a casa. Tutto ciò che riuscì a pensare mentre si trovava per strada era lui. Il suo migliore amico. Miliardi di ricordi passati assieme si rievocarono nella sua mente come un film. Non riusciva a credere che non avrebbe avuto più nessuno con cui condividere le sue angosce, la sua tristezza, le sue debolezze. Non era pronta a rinunciare alle sue attenzioni, a lui. Non si era affatto pentita di aver fatto fuggire Daniele, le ricordava troppo Mattia e farlo scappare da sua sorella le era sembrata l'idea migliore. Si sarebbe salvato e avrebbe anche salvato sua sorella da ogni evenienza. Si piacevano, questo lei l'aveva capito ed era felice. Odiava solamente il fatto di essere stata coinvolta in una cosa così grande, troppo grande per una donna come lei. L'ipotesi che Daniele le avrebbe raccontato tutto si fece presente nella sua mente, non aveva altra scelta. I minuti scorrevano e ciò che pensava era poter tornare a casa sua, pensare ad un piano e fare fuori quello stronzo di Alex. Avrebbe trovato un modo per farlo soffrire, per farlo morire lentamente. Meritava solo dolore per quello che aveva fatto a Mattia e per il dolore e il vuoto lasciato nel suo cuore. Qualcosa le suggeriva che ucciderlo sarebbe stato sbagliato, ma desiderava solo quello. Voleva la sua morte e si sarebbe presa la sua vita e forse anche quella di Stash.
Svoltò un'ultima volta prima di ritrovarsi a casa. Con un gran silenzio entrò chiudendosi in camera sua. Stranamente non era più sottosopra come l'aveva lasciata. Un uomo alle sue spalle fece ingresso facendola sobbalzare.
-Ehi, sono io.- disse Michael entrando e sedendosi sul letto. Era stato in pensiero tutta la mattina, non aveva idea in che stato fosse, soprattutto in che stato emotivo si trovasse. Non aveva voglia di tirarla fuori dai casini. Aveva accettato l'incarico affidatogli ma non riusciva a rimanere tranquillo, temeva per la sua vita. Era troppo impulsiva e prima o poi si sarebbe fatta male. Prima o poi avrebbe fallito.
-Ehi, sei stato tu? Hai messo tu in ordine qui dentro?- chiese. Pensò che dovesse averci messo davvero molto tempo da solo, ma i suoi pensieri su un Michael casalingo vennero spazzati via direttamente dalla sua confessione.
-No, in realtà ho chiamato una ditta di pulizie. Mi sono limitato a togliere le scritte di rossetto dal muro.- disse lui. Elena scoppiò a ridere prendendo un gran respiro. Notò persino che ci fossero dei nuovi vetri alle finestre e un nuovo lampadario. Scosse la testa in segno di disapprovazione per quello che aveva combinato in una sola notte. Distrutto due stanze e se stessa.
-Mi dispiace.- riuscì a sussurrare. Si stava scusando di tante cose. Per il suo comportamento da ragazzina, per aver messo in pericolo tutta l'intera banda, per aver fatto uccidere Mattia. I sensi di colpa si stanziarono nel suo corpo e non avevano intenzione di andare via. Quello che aveva fatto la faceva sentire troppo in colpa, non faceva altro che darsi della stupida e prendersi ogni responsabilità della situazione.
-Elena, come stai?- le chiese battendo una mano sul posto accanto a lui. Elena si sedette sul letto al suo fianco. Abbassò lo sguardo e si sentì colpevole. Nonostante Michael le avesse ripetuto più volte di non farlo.
-Come vuoi che stia? Bene.- domandò lei retorica facendo un sorriso di circostanza. Alzò lo sguardo e incrociò quello scuro e comprensivo di Michael. Le circondò le spalle con un braccio e la strinse dolcemente al suo petto.
-Intendo, come stai veramente, Elena.- disse lui più dolcemente. La sfiorò con dolcezza cercando di cancellare quelle lacrime che sgorgarono e scesero lungo le sue guance silenziosamente.
-È tutta colpa mia capisci? Lui si ritrova chissà dove, morto. L'ho messo in mezzo a questa dannata storia, avrei dovuto farlo da sola. Come sto? Un vero schifo.- concluse sentendosi peggio di prima. Non riuscì a trattenere le lacrime ed iniziò a singhiozzare come non aveva mai fatto prima d'ora. Rimasero in silenzio per un tempo infinito, Michael tentava di assorbire il suo dolore ma non riuscì a fare molto se non tenerla stretta.
-Elena basta, ti prego. Adesso calmati. Lavati il viso e poi raggiungici per il pranzo.- disse prima di uscire dalla porta. Elena prese un gran respiro guardando Michael allontanarsi e gettandosi sul letto. Non avrebbe dato ascolto a nessuno, era lei la colpevole e lo sarebbe sempre stata. Non avrebbe dovuto provocare Stash, non avrebbe dovuto rubargli la cocaina, non avrebbe dovuto sfidarlo e ferirlo più volte. Si pentiva persino di esserci andata a letto più volte. Era così ripugnata da se stessa che si alzò di scatto strappandosi quasi i vestiti di dosso. Li gettò in un angolo e si diresse completamente nuda in bagno. Si gettò sotto l'acqua fredda strofinando le mani sul suo corpo, come a voler togliere lo sporco della sua pelle. Voleva far sparire quello sporco che aveva dentro. Non si era mai sentita così colpevole come in quel momento, aveva ucciso delle persone e non era mai stata male. La schiuma scivolò sul suo corpo più volte, strofinava senza tregua facendo arrossare la sua pelle sensibile. Non appena uscì dalla doccia si asciugò accorgendosi dei suoi occhi rossi, in fretta si rivestì. Scese al piano di sotto sedendosi a tavola piluccando il cibo. Non aveva fame, lo stomaco le si era chiuso irrimediabilmente.

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