Three.

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La centrale di polizia era ormai del tutto buia, solo la luce di qualche ufficio era ancora accesa, intenta a tenere svegli i dipendenti.
"Capitano, l'abbiamo trovata" disse il tizio grasso, tenendomi ben stretto il braccio e facendomi sedere davanti ad una scrivania piena di scartoffie.
L'uomo seduto di fronte a me, era indaffarato a fumarsi una sigaretta, tanto che non mi degnò nemmeno di uno sguardo.
Diedi un finto colpo di tosse e questi, finalmente, si voltò nella mia direzione.
Aveva gli occhi così chiari da sembrare di ghiaccio. Il modo in cui mi osservò, mi mise i brividi.
"Dunque?" mi azzardai a dire siccome nessuno prese parola.
Una nuvola di fumo mi arrivò dritta in faccia, bloccandomi il respiro. Gli occhi presero a bruciarmi.
"Sai perchè sei qui ragazzina?" mi domandò l'uomo dagli occhi glaciali.
Aveva una voce roca e profonda. Avrebbe fatto spaventare chiunque, ma non me.
"Certo che lo so, non sono scema" risposi lasciandomi andare sulla sedia ed accavallando le gambe.
"Quindi confessi di aver rubato la borsa a una signora bionda sulla trentina, oggi al parco?". Puntò la lampada più verso il mio viso, costringendomi a ridurre gli occhi a due fessure.
"Si" risposi sinceramente.
"Capitano" intervenne il poliziotto più magro "tra le cose della ragazza c'era anche un portafoglio, i documenti non corrispondono alla sua descrizione"
Maledetti sbirri.
Il capitano mi guardò con delusione.
"Ah, e così non solo hai rubato una borsa, ma anche un portafoglio a... Chi è la vittima Rogers?" chiese rivolgendosi al collega.
"Felicity Trevor, 73 anni". Il poliziotto controllò meglio all'interno del portafoglio. "Non ci sono soldi"
Guardai l'uomo che ancora fumava. Scosse la testa.
"Hai usato tu i soldi?". Un'altra nuvola di fumo mi pervase.
Appoggiai i gomiti alla scrivania e feci un sorriso.
"Beh, che senso avrebbe rubare un portafoglio senza poi usarne il contenuto, Capitano?". Amavo essere così insolente.
Lo vidi sorridere divertito. "Sai, ragazzina, mi sei simpatica, ma nonostante questo una notte in cella non te la toglie nessuno" disse facendo cenno ai suoi uomini di portarmi via.

Seduta su quella fredda panchina mi tornò in mente mia madre. Avrei voluto tornare alla mia vecchia vita. Alle uscite con le amiche, alle chiacchierate al telefono che duravano ore, alla scuola, ai compleanni. Invece ero costretta a chiedere soldi ai passanti per tirare avanti, che razza di assurdità. Ed ora ero anche finita in prigione.
Proprio mentre mi stavo per addormentare, sentii la porta della cella aprirsi. Un uomo che non avevo mai visto, una guardia forse, mi fece cenno di uscire.
Erano passate solo due ora da quando mi avevano chiuso lì dentro.
"Che succede? Dove mi portate?" chiesi un po' allarmata.
"Hanno pagato la cauzione, puoi andare" fu la risposta.
Pagato? Ma chi avrebbe mai potuto farlo? Non conoscevo nessuno.
"E chi l'ha pagata?" domandai ancora.
"Quel ragazzo laggiù"
Mi voltai verso la direzione indicata dall'uomo e vidi un ragazzo appoggiato al muro che mi salutò con la mano.
Lo riconobbi subito.
Mi avvicinai a lui e feci un mezzo sorriso.
"Grazie!" dissi per poi prendere la mia roba e uscire di lì.
Sentii dei passi dietro di me. "Tutto qua?". Il ragazzo del teatro mi affiancò.
Lo guardai alzando un sopracciglio. "Che significa 'tutto qua', mi sembra di averti già ringraziato" risposi rallentando il passo.
Non rispose, ma nemmeno si preoccupò di allontanarsi. "Ti accompagno, ho la macchina qui vicino"
"Come se non sapessi che non ho dove andare..." borbottai io sempre con grande grazia.
Non lo sentii replicare, ma nonostante io lo stessi liquidando con lo sguardo non aveva intenzione di andarsene. A quel punto mi fermai.
"Senti, ti ringrazio molto per aver pagato la cauzione ma non ce n'era bisogno. Sarei uscita comunque tra poche ore" dissi guardandolo. E fu in quel momento, quando i miei occhi incontrarono i suoi, che dentro di me successe qualcosa di strano.
Le sue labbra si incurvarono in un bellissimo sorriso che mi fece avvampare.
Becky che ti prende? Mai visto un ragazzo sorridere?
Sì, ma non così dannatamente bene.
Distolsi lo sguardo dal suo e lui in quel preciso istante mi tese la mano.
"Mi chiamo Justin"
Guardai la sua mano aperta sotto il mio naso e gliela strinsi pensandoci un po' su.
"Becky"
Sorrise di nuovo, ma questa volta mi voltai in tempo per non vedere quei denti bianchi e perfetti.
"Beh, ci vediamo, grazie ancora" e con passo deciso mi allontanai da lui.
"Aspetta!"
Ma cosa vuole ancora?!
"Dimentichi questi.." sussurrò mettendomi in mano cinque dollari.
Guardai prima il pezzo di carta poi lui. Il berretto di lana che aveva sul capo gli lasciava scoperto qualche ciuffo di capelli. Dovevo ammetterlo, era davvero carino.
"Non posso accettarli Justin, davvero, hai già fatto troppo" mormorai restituendoli al proprietario, il quale però non diede segno di volerli indietro.
"Mettiamola così, te li presto per prendere un taxi, così ho una scusa per rivederti quando me li ridarai" disse , aggiungendo a quelle parole un fighissimo occhiolino.
"Mi vedresti comunque, sai dove mi aggiro" risposi sorridendo.
Si mise le mani nelle tasche dei jeans.
"Allora facciamo così, tu prendi i cinque dollari, sali in macchina con me e ti riaccompagno al teatro".
Mi fece cenno con la testa di andare con lui.
"Ma.."
"Niente ma, Becky! Mi faresti l'onore di salire in macchina con me?".
Incorciò addirittura le mani e si mise in ginocchio per convincermi.
"Okay, okay, non fare così che mi imbarazzi" risposi ridendo appena.
Detto ciò, ci incamminammo uno affianco all'altra in direzione della vettura.

Saver || J.B. {Conclusa} Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora