Four.

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Di fianco a me, Justin era intento a guidare tenendo gli occhi fissi davanti a sè. Io, invece, ero assorta nei miei pensieri. Guardavo fuori dal finestrino, con una mano appoggiata al mento, intenta a muovere le pupille da destra a sinistra e viceversa, scrutando cose e ombre non ben definite.
Le luci dei palazzi, dei casinò e dei pub ancora aperti illuminavano la notte, ma nonostante i colori accesi brillassero intorno a me, non potei far a meno di serrare le palpebre ed addormentarmi. Era stata una giornata davvero piena di eventi, per questo crollai in un sonno profondo che purtroppo non durò più di dieci minuti.

"Becky, ehi Becky svegliati"
Una voce smorzata e dal tono indefinito mi stava chiamando, mentre qualcosa mi stava scuotendo il braccio.
Aprii leggermente gli occhi e voltai il viso in direzione della voce.
Il ragazzo del teatro mi stava guardando con espressione quasi divertita.
"Cos'hai da ridere?" sbottai posizionandomi meglio sul sedile.
Lui alzò le mani in segno di resa.
"Assolutamente nulla, non stavo ridendo" disse a sua discolpa.
Alzai un sopracciglio e incrociai le braccia. "Invece sì. Stavi ridendo sotto i baffi che non hai" insistetti.
Questa volta rise sul serio appoggiando le mani al volante.
"Stavo sorridendo, non ridendo, per il semplice fatto che stavi dormendo... con la bocca aperta" spiegò.
Ah, ma bene! Era meglio se stavi zitto.
"Beh, che c'è di strano?" borbottai afferrando le mie cose e uscendo dall'auto sbattendo la portiera.
Lo vidi scendere e guardarmi stupito.
"Perchè sei così acida?" domandò affiancandomi.
Acida? Io? Okay sì, forse un pochino.
Mi misi seduta sulle scale del teatro, al solito posto. Tirai fuori le mie coperte e mi sdraiai chiudendo gli occhi.
Siccome non udii passi in allontanamento, riaprii gli occhi e lo vidi ancora lì, in piedi davanti a me.
"Senti, che diavolo vuoi da me? Ti ho già ringraziato per avermi pagato la cauzione, grazie anche per il passaggio ma adesso vattene. Disturbi il mio sonno" dissi mettendomi seduta.
Justin mi osservò qualche secondo tenendo le mani nelle tasche del piumino.
"Senti, lo so che posso sembrare invadente e che non è affar mio, ma ho le chiavi del teatro siccome lavoro lì e penso di poterti trovare un posto caldo in cui dormire" rispose togliendosi il cappello e passandosi le dita tra la chioma.
Cos'è? Un'arma di seduzione questa?
"Non ho bisogno del tuo aiuto, grazie tante". Mi sdraiai nuovamente sul gradino di marmo e attesi che se ne andasse.
"D'accordo, allora se preferisci passare la notte al freddo ti saluto!"
Detto ciò lo sentii allontanarsi lentamente.
Il mio corpo stava già iniziando a sentire freddo, così mi strinsi di più nelle coperte.
Forse passare una notte al caldo non sarebbe così male però.
Mi alzai di nuovo sperando che non se ne fosse già andato.
Per fortuna lo vidi vicino alla macchina intento a rimettersi il cappellino.
"Aspetta!" urlai per farmi sentire.
Si voltò nella mia direzione e sorrise.
"Hai cambiato idea?" gridò a sua volta.
Io sorrisi allargando le braccia e feci spallucce.

_____

"Wow!!" esclamai appena aprì il portone. "È una meraviglia"
Mi fece strada lungo la platea e si fermò davanti al palco.
"Non c'eri mai stata?" mi chiese sedendosi poi su una poltrona della prima fila.
Scossi il viso. "A mia madre non piacevano i teatri, nè tanto meno i film o i libri" dissi guardando le luci che illuminavano la sala. "Era una donna in carriera, aveva il suo ufficio al quindicesimo piano di un'azianda famosa nel settore della moda. Rincasava solo la sera e a quel punto mi dedicava tutto il suo tempo. Giocavamo a giochi di società o ai videogiochi"
I miei occhi divennero lucidi, così per non mostrare la mia commozzione mi voltai verso l'uscita.
"Mi dispiace" sussurrò e afferrai subito che aveva compreso. "Come è successo?"
Non mi andava di parlarne, così mi alzai e salii i gradini che portavano sul palco, ignorando la domanda. Infilai le mani nel giaccone e mi misi a girovagare sulle assi di legno col naso all'insù.
Il biondino rimase a guardarmi rimanendo nella sua posizione.
"Essere o non essere? Questo è il problema!" dissi tramutando la mia voce femminile in maschile.
Risi leggermente sentendomi, e per la prima volta in tre mesi mi sentivo davvero allegra e spensierata.
"Amleto!" irruppe il biondino, che nel frattempo era apparso sul palco. "Ho qualcosa che fa al caso tuo, aspetta qui"
Detto ciò scomparve dietro le quinte lasciandomi sola in quella cotale magnificenza artistica.
Riapparve dopo pochi minuti con un cappello dalla lunga piuma bianca nella mano destra e un teschio in quella sinistra.
"Ecco a lei i suoi effetti" disse inchinandosi e provocandomi un fragorosa risata.
Indossai il cappello e afferrai il teschio, poi mi schiarii la voce.
"Essere o non essere? Questo è il problema!" ripetei guardando il cranio ossuto che avevo in mano.
Lo sentii applaudire e fischiare.
"Voglio il Bis" esclamò ridendo.
Sorrisi e mi tolsi il cappello, ridandolo al ragazzo.
"Vieni, ti faccio vedere la sala costumi" disse facendomi strada dietro i tendoni.
Percorremmo un lungo corridoio ed entrammo in una stanza enorme piena di abiti di qualsiasi genere. Grossi cappelli di fine seicento, vestiti da damigella, body. C'era veramente di tutto e di più e io stavo per impazzire.
Mi misi a guardarli tutti senza toccare nulla. Erano bellissimi, alcuni con colori spenti, freddi; altri con colori accesi e sgargianti.
E poi c'erano parrucche a volontà. Da uomo, da donna; dal taglio corto, lungo; dai colori basici ai colori più strani.
"Oh mio Dio. Sto per sentirmi male" dissi quasi senza fiato. "Se sono in un sogno, che nessuno si azzardi a svegliarmi" sussurrai sfiorando una parrucca bianca per metà e nera per l'altra. Doveva essere quella usata per interpretare Crudelia De Mon.
"Puoi passare qui tutte le notti se vuoi. L'importante è che alle 8.00 di mattina tu sia già fuori. Altrimenti se ti beccano sono guai, per te e anche per me" mi avvertì Justin.
Annuii. "D'accordo ma come esco da qui?"
Mi fece cenno di seguirlo e mi portò sul retro della struttura, fermandosi poi davanti ad una tela. La scostò e, come nei film di mistero, apparve una porta in legno rovinato. Chissà da quanto tempo se ne stava nascosta lì.
"È sempre aperta. Usala per andartene e mi raccomando sta attenta e cerca di non mettere giù di posto nulla. Qualcuno potrebbe accorgersene"
Detto ciò mi salutò e lo vidi scomparire, lasciandomi sola in quel posto tetro ma affascinante.

Saver || J.B. {Conclusa} Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora