Capitolo XVI

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Will parcheggiò di fronte alla casa di Hazel, mentre il ragazzo sul sedile del passeggero rimaneva in un chiuso silenzio, le guance pallide e, lo specializzando lo notò solo in quell'istante, gli occhi lucidi e arrossati.

"Grazie per il passaggio Solace" disse questi con freddezza, scendendo velocemente dalla piccola smart senza voltarsi indietro e raggiungendo la porta di casa.

"Nico no... Aspetta!" rispose il ragazzo più grande scendendo in fretta e chiudendo la macchina.

"Vattene, hai già fatto abbastanza" replicò l'altro dandogli le spalle, le braccia lungo i fianchi e i pugni serrati.

"Sarò anche un idiota, uno stronzo e un insensibile, ma non ti lascio da solo"

Nico tenne lo sguardo basso, trovando improvvisamente interessante la scritta di benvenuto in francese scritta sullo zerbino.

"Non sono solo, c'è mia sorella in casa. E poi non mi serve la tua pietà o qualunque cosa sia" disse tirando fuori le chiavi di casa dalla tasca dei jeans neri strappati.

Will si avvicinò di scatto appoggiando una mano sulla porta per impedirgli di aprirla.

"La mia non è pietà" rispose lo specializzando con serietà, costringendo l'altro ragazzo a voltarsi per guardarlo.

"Non mi interessa cosa sia, Solace! Ora devo andare da Hazel, sparisci" quasi ringhiò Nico in risposta, guardandolo negli occhi con malcelata rabbia.

"Le imposte alle finestre sono chiuse e non filtra nessuna luce dall'interno. La casa è vuota da ore e tu lo sai"

"Ma si può sapere che cazzo vuoi? Sarai anche più vecchio di me, sarai anche l'aiutante di un professore dell'Università, ma non hai alcun diritto di dirmi cosa fare e di startene lì a giudicare!" replicò con voce alta e irata, tornando ad armeggiare con la serratura.

"Non voglio giudicarti Nico!"

Il ragazzo più giovane aprì la porta entrando in casa.

"Lo stai facendo, lo fanno tutti" rispose con tono piatto, per poi chiudere lasciando fuori lo specializzando, una lacrima, invisibile all'altro, che finalmente sfuggiva al suo controllo.

***

A Leo era mancato passeggiare con Beck nel parco, un hot dog alla mano, a parlare di cazzate e a scambiarsi stupide battute.

"Silena Boureguard..." disse il ragazzo stringendosi nella leggera giacca da meccanico, scandendo ogni lettera di quel nome, le sopracciglia aggrottate in un espressione concentrata.

"È francese?" chiese un attimo dopo guardando il fratellastro come se avesse appena avuto un'illuminazione.

Beckendorf sbuffò con un lieve sorrisetto.

"Sua madre è di Parigi" rispose mettendo le mani in tasca una volta terminato il panino.

"Parigi! París! La città dell'amour!" esclamò allora Leo, il tono volutamente melodrammatico storpiato dall'ultimo boccone di hot dog, facendo ridacchiare l'altro.

"Ora ne sono certo, ho un fratello rimbecillito" rise Beckendorf scuotendo la testa con rassegnazione.

"Ma smettila, cosa faresti senza di mua?" rispose il più giovane fingendo platealmente di svenire, crollando fra le braccia di Charles che lo afferrò al volo.

"Oh grazie mon amour"

"Ma va' a cagare" scoppiò a ridere il fratellastro lasciandolo cadere sull'erba.

"Ahia! Il mio divino fondoschiena ti chiederà i danni morali e materiali!" protestò Leo ridacchiando, pronunciando ogni parola con la R moscia, senza alcuna intenzione di alzarsi da terra.

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