La bianca luce abbagliante ferì gli occhi di Nico, che cercava di svegliarsi.
Si sentiva indolenzito, quasi avesse dormito per giorni, un fastidioso pulsare dalla spalla destra.
Quando aprì del tutto gli occhi, si accorse di non essere nella propria camera, ma in una stanza fastidiosamente luminosa e asettica.
Solo quando vide la flebo attaccata al proprio braccio, capì di essere finito all’ ospedale e cercò di mettersi seduto con uno scatto.
Un dolore bruciante alla spalla lo fece desistere e soffocò un urlo tappandosi la bocca con una mano.
“Che diavolo mi è successo?” si chiese spalancando gli occhi per il terrore.
Cercò di ricordare, ma sentiva la testa girare vorticosamente e non riusciva a mantenere la concentrazione per più di qualche secondo.
Chiuse gli occhi e cercò di ricordare… di ricordare qualunque cosa…
“Io mi chiamo…”
Iniziò a respirare più velocemente, tenendosi il viso tra le mani.
“Nico”
Sì, si chiamava Nico… Sapeva chi era, perciò non era successo nulla di grave.
“Io mi chiamo Nico, Nico di Angelo. Ho quattordici anni”
Cominciò a calmarsi.
“Mi chiamo Nico di Angelo, ho quattordici anni, vivo a New York con mio padre e mia sorella”
Il ragazzino spalancò gli occhi di scatto.
“Bianca” sussurrò.
Si guardò intorno.
“Dov’ è Bianca?”
In quel momento vide una sagoma familiare fuori dalla porta a vetri.
“Papà?” sussurrò tra sé e sé.
Riguardò più attentamente e si convinse che fosse davvero lui.
Stava parlando con un medico che di tanto in tanto accennava alla stanza di Nico.
Mano a mano che parlava, Ade sembrò calmarsi, accennò quasi un sorriso, finché il medico non ricevette una chiamata d’ urgenza e il padre di Nico lo seguì, sottraendosi alla vista del ragazzino.
“Se sono davvero in ospedale, Bianca verrà tra poco a trovarmi” si disse, dopo aver osservato inutilmente la porta per qualche minuto, prima di chiudere nuovamente gli occhi, cercando di ignorare il dolore alla spalla.
***
Nico si svegliò gridando.
L’ incidente.
Sì, aveva avuto un incidente, ora lo ricordava.
I fari abbaglianti, la caduta, la mano di Bianca…
“Bianca!” urlò il ragazzino guardandosi intorno nella stanza vuota.
“Bianca! Dov’ è mia sorella? Dov’ è Bianca?” continuò cercando di alzarsi ma la spalla lo costrinse a letto.
Qualche secondo dopo, una giovane infermiera entrò nella stanza di Nico.
Lui la guardò ad occhi sbarrati.
“Dov’ è mia sorella?” chiese ancora, con un filo di voce.
La donna lo guardò senza rispondere e gli andò affianco per cambiare la flebo.
“Dov’ è Bianca?”
“Stai fermo, devo cambiarti la fasciatura… farà male…” disse l’ infermiera ignorando le sue domande.
“Lei non farà nulla prima di avermi detto dov’ è mia sorella!” gridò il ragazzino con le lacrime agli occhi.
“E’ in questo ospedale”
Nico tacque. Stavano curando anche lei, allora. Era rimasta ferita anche lei nell’ incidente.
“Come sta? Quando posso andare da lei?”
“Non andrai da nessuna parte se non cambio la fasciatura”
Il ragazzino annuì controvoglia alzando di poco la spalla, stringendo i denti per il dolore.
L’ infermiera tolse piano le bende e Nico si impose di star fermo.
“Prima finisce, prima andrò da Bianca” si disse, cercando di non pensare a quella stupida fasciatura.
***
Era passato un giorno da quando Nico si era svegliato in ospedale, e ancora non gli permettevano di andare dalla sorella.
“Devo andare da Bianca!” urlò quando un medico lo venne a controllare.
Lui lo guardò, quasi indeciso se rispondergli o meno.
Il ragazzino lo fissò intensamente in attesa di una risposta e l’ uomo sospirò.
“Vado a prendere una sedia a rotelle e ti porto da tua sorella…” disse uscendo nel corridoio.
Sembrava che nessuno volesse parlare di Bianca, non gli avevano nemmeno detto come stava o cosa le era successo.
Con l’ aiuto del medico, si sedette sulla sedia a rotelle e questo lo portò fino ad una stanza che sembrava identica a quella che avevano assegnato a lui.
Sorrise quando vide la sorella, addormentata tra le coperte, e rimase stupito di vedere anche il padre seduto lì vicino.
Non era venuto a trovare lui nemmeno una volta.
Ma non gli importava, finalmente era riuscito ad andare da Bianca, quindi andava tutto bene.
Il medico lo lasciò di fianco al letto della sorella.
Nico sorrise e le prese la mano, guardandola dolcemente, per poi rivolgersi al padre.
“Da quanto dorme?”
“Bianca è in coma, Nico”
***
Mentre tutti i ragazzi stavano in mensa a mangiare quello che credevano fosse cibo, Nico preferì passare solo dalla caffetteria per prendersi il consueto caffè nero senza zucchero di ogni giorno.
Si sedette su di una panchina nell' angolo del giardino posteriore del campus, a sorseggiare la bevanda e a riguardare gli appunti del primo giorno.
"La valvola mitrale, o mitralica, si trova tra l'atrio e il ventricolo sinistri del cuore. Il suo compito è di regolare il flusso sanguigno attraverso l'orifizio che mette in comunicazione questi due compartimenti cardiaci"
Il ragazzo rilesse tutto, cercando di memorizzare, anche se conosceva già la maggior parte della lezione grazie alle ore passate in obitorio.
"Hey sfigato!" disse qualcuno, accompagnato dalle risate di molti.
Nico strinse i pugni ma non alzò la testa dai propri appunti.
"Hey guardami quando ti parlo, stupida matricola!"
Il ragazzo senti qualcuno che gli afferrava malamente il viso per alzarlo dai fogli.
"Mollami immediatamente" sibilò infuriato.
"Altrimenti? Mi farai del male con i tuoi appunti da secchione?" ironizzò il tipo che si trovava di fronte a lui.
Nico gli prese istintivamente il polso e lo girò di scatto facendo pressione sui nervi.
Sul viso del ragazzo più grande comparve una smorfia di dolore e piegò il braccio sotto la stretta del più piccolo.
"Ti ho detto di lasciarmi in pace idiota" disse Nico furioso, lasciandogli andare il polso che l' altro tenne stretto a sé con un espressione sconvolta e infuriata.
"Credo che al novellino serva una lezione per fargli capire chi comanda in questo campus" disse rivolgendosi ai ragazzi dietro di lui, che fino ad allora erano rimasti immobili.
Due di loro si avvicinarono a Nico e lui ebbe appena il tempo di scendere dalla panchina prima che uno di loro lo spingesse a terra.
Altre risate.
Il ragazzo fece per alzarsi, ma qualcuno lo colpì con un calcio nelle costole che lo fece boccheggiare per qualche secondo, suscitando altra ilarità fra i presenti.
Nico allora si alzò lentamente, cercando di capire se i ragazzi avevano ancora intenzione di colpirlo.
Intercettò un pugno e lo schivò quasi per miracolo, mentre un altro lo colpì al viso, mandandolo di nuovo a terra, la testa che incominciava a girare e nella bocca il sapore metallico del proprio sangue.
"Hey hey hey! Ragazzi ma che state facendo?! Tre contro uno non è leale e poi siamo solo al primo giorno!" disse una voce vagamente familiare.
Il ragazzo che per primo aveva infastidito Nico sbuffò.
"Taci Valdez, a meno che tu non voglia fare la fine di questo qua" disse con aria disgustata accennando al ragazzino che era ancora a terra.
Ci fu un attimo di silenzio, poi il ragazzo che aveva parlato guardò Nico.
"No, certo che no... Era solo per dire..." disse al più grande alzando le spalle, sedendosi sulla panchina di fianco agli appunti del ragazzo a terra.
***
Forse Leo doveva capire cosa stesse succedendo già quando vide la piccola folla nel giardino sul retro.
Stava raggiungendo i ragazzi della squadra di football che aveva conosciuto quella mattina, quando sentì Brian, il capitano, sbraitare contro una matricola.
In quel momento era seduto sulla panchina, a guardare il ragazzino pallido e smunto che aveva visto a lezione di anatomia quella mattina.
Era a terra, il labbro inferiore spaccato e diversi lividi sul viso.
Dovette fare affidamento su tutto il proprio autocontrollo per non urlare oscenità contro Brian e compagni, per poi raggiungere il ragazzo e portarlo all' infermeria.
Tutta quella situazione era troppo familiare per lasciarlo indifferente.
Vide i due tirapiedi del capitano dare ancora qualche calcio al corpo del ragazzino a terra, che non faceva neanche più resistenza, solo cercava di evitare i colpi più forti.
Leo strinse spasmodicamente i pugni per non intervenire.
Dopotutto cosa avrebbe potuto fare?
Avrebbe potuto aiutarlo, ma in quel caso avrebbero solo pestato anche lui.
Quando finalmente Brian si ritenne soddisfatto, borbottò ancora qualche insulto e poi fece per andarsene con gli altri della squadra.
Leo rimase immobile sulla panchina, lo sguardo ancora sul ragazzino.
"Valdez, tu non vieni?"
Doveva seguirli, doveva andare con loro, ridere alle loro battute e assecondarli.
Doveva far si che non lo prendessero di mira.
"No"
La risposta stupì Leo quanto Brian che, dopo aver fatto una smorfia di disgusto, si voltò per andarsene.
Ormai il danno era fatto, tanto valeva aiutare il ragazzo come voleva fare dal principio.
Scese velocemente dalla panchina e si inginocchiò dietro di lui prendendolo per le spalle, ignorando i suoi gemiti di dolore.
"Piacere, sono Leo Valdez, e tu hai decisamente bisogno di passare dall' infermeria" disse con un sorriso forzato, cercando di sostenerlo.
***
"Guarda! C' è lo sfigato!"
Leo si strinse nel giubbotto, ignorandoli, e continuò a camminare.
Sentì i passi dietro di lui, ma non si voltò e iniziò a correre per andarsene il più velocemente possibile.
"Hey vieni qui idiota!"
Ridevano.
Il ragazzo continuò a correre verso casa senza fermarsi.
All' improvviso si sentì strattonare dallo zaino e cadde a terra con un gemito.
"Avevo detto che dovevi fermarti!" disse un ragazzo ridendo.
Un' altro si affiancò al primo.
"Dove stavi andando? Dalla mammina?" disse facendogli il verso e ghignando.
"Oh no, è vero... Lei è morta" continuò, scoppiando a ridere.
Leo digrignò i denti e fece per alzarsi ma uno di loro iniziò a prenderlo a calci.
Lui si rannicchiò per non farsi colpire, ma si ritrovò comunque a boccheggiare in cerca di aria.
"Quando noi ti diciamo di fare qualcosa, tu lo fai! Sono stato chiaro?" ghignò l' altro.
Leo si allontanò rimanendo a terra, sperando che quei ragazzi l' avrebbero lasciato in pace.
Loro invece si avvicinarono di nuovo a lui e iniziarono a prenderlo a pugni, ai quali non riusciva a sottrarsi in alcun modo.
Solo quando si stancarono e se ne andarono ridacchiando, Leo si ritrovò solo, a terra nel vicolo, cercando di respirare.

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Voglia di vivere
Fiksi Penggemar"Bianca era morta. E con lei la sua vita" "Ignorare i demoni, le paure, i sensi di colpa. Vivere per gli altri, non per sé stessi" Nico e Leo si ritrovano nella stessa classe di anatomia all' Università ma come possono andare d' accordo? Due rag...