Buio, ricordi e paura...

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Lea si ritrovò completamente immersa nel buio, che come catrame avvolgeva ogni cosa.
Era tutto buio e silenzioso.
Lentamente, una luce iniziò a farsi largo in tutta quell'opprimente e sadica oscurità
La luce danzava, proiettando immagini , visioni, come le clip di un film, come ricordi racchiusi in bolle di sapone ormai scoppiate o volate via.
E vide frammenti di qualcosa che come uno YoYo, c'era stato, ma un secondo dopo non c'era più. Vide una bambina dell'età di circa 6 anni, che indossava solo un vestitino nero. Era girata di spalle, ma a Lea bastò poco per capire che quella nanerottola era lei da piccola. Si trovava in una stanza tutta illuminata, bianchissima. Aveva due codini ed uno era storto, pendente verso il basso. Si guardava in un grosso specchio, e dal riflesso si scorgevano i suoi occhi nocciola, lucidi, ed il suo visino tondeggiante tutto arrossato. Gli occhi erano tristi, ma non piangeva. Guardava solo il proprio riflesso come se dicesse a se stessa "Beh, che stai facendo? La vigliacca?".
O almeno così Lea interpreto lo sguardo di se stessa da piccola.
C'era qualcosa di sbagliato in tutto quel che stava accadendo, ed una sensazione di disagio iniziò a farsi largo dentro di lei, ma continuò a guardare ugualmente la scena, con la consapevolezza che non avrebbe potuto far altro che essere un osservatore e nulla di più
Attorno alla bambina c'erano quattro pareti senza porte, ed in mezzo alla stanza, solo una palla.
Ad un tratto si voltò di scatto, con una furia tale che sconcertò Lea, e diede un calcio fortissimo al pallone, facendolo sparare contro uno dei muri bianchi.
La palla schizzò via dal muro e rimbazò come impazzita per la stanza, lasciando una crepa grigia nella parete appena colpita.
La piccola disse qualcosa sottovoce e Lea pensò che forse si sbagliava, ma le pareva di aver sentito:
"Le principesse pirata non frignano, non sono poppanti!"
Non fece in tempo a verificare che la scena cambiò e comparve una sala quasi completamente buia, illuminata in piccoli punti .Era una luce fredda e sembrava al neon, di quelle degli ospedali, ma le ricordava stranamente quella del dentista, da cui aveva sempre avuto paura di andare. Le fioche luci spettrali erano disseminate in pochi punti, facendo sembrare la stanza infinita e piena di pericoli. Era piena di macchinari e persone con grossi grembiuli neri e rossi, e con mascherine anch'esse nere...Avevano in mano degli strani attrezzi, come quelli che usano i medici: bisturi, tenaglie, siringhe. Davanti a sé vedeva se stessa, alta cinquanta centimetri meno, ma sempre lei.
Il buio non le faceva scorgere bene i dettagli, ma sforzandosi vide che le tenaglie erano strane... avevano qualcosa che le ricopriva.
All'improvviso sentì un urlo e poi vide un medico che stava facendo qualcosa ad un ragazzo, steso su un lettino in fondo alla stanza.
Con angoscia, sia la Lea bambina, sia lei che guardava emisero un singulto. Si accorsero infatti entrambe che quel ragazzo, steso sul lettino di ferro grigio era proprio Caleb.
Tremava in modo evidente ed aveva la bocca aperta, come fosse in cerca d'aria.
Uno degli strani tizi col grembiule era chino sopra di lui, ed aveva in mano uno di quegli attrezzi...
Ad un tratto sentì la voce del ragazzo.
Stava cercando di dire qualcosa, ma sbiascicava parole senza senso e lei non lo capiva.
Mosse una mano verso di lei, e con uno sforzo che pareva immane sussurrò :
-V-vattene!-
Una goccia cadde sul pavimento liscio e scuro come la stanza.
Un'altra.
Lea guardò meglio il liquido sparso sul pavimento e si accorse con orrore che quello era sangue.
Il sangue di Caleb. Anche la Lea della visione se ne doveva essere accorta, perché si era portata le mani alla bocca e diceva qualcosa....
Il medico con l'uniforme si voltò, forse sentendo le sue parole soffocate e Lea ora distinse che il suo grembiule era nero e ...rosso come il sangue!
-Vattene!- Caleb gridò, con la voce increspata dal tremore.-Vai via!-
La Lea della visione indietreggiò spaventata.
-NO!NOO!!!-Urlando scappò via, uscendo da una porta nera, con una scritta che solo ora notò e che diceva "Cella impiantazioni"
E con la porta che sbattè, Lea si ritrovò nuovamente catapultata nel buio più profondo...
***
Un aggarbugliamento di voci si fece largo fra l'oscurità delle sue visioni e per un secondo si sentì soffocare, come se quei fili fossero stati avvolti direttamente attorno al suo collo.
-Lea!-
-Mi senti?!-
-Per fortuna... si sta riprendendo...-
-Occavolo non risponde! Proviamo così: calcio. CALCIO.CALCIOOOOOO!
-Mark non può svegliarsi per magia alla parola Calcio!-
Vedeva tutto sfuocato, ma distinse tante figure attorno a lei, tra cui un biondino coi rasta raccolti in una coda- Jude – che stava rimproverando il capitano.
Qualcuno le toccò una spalla.
-Lea, mi senti ? Sono l'allenatore Travis -
Vedeva tutto appannato, così iniziò a sbattere ripetutamente gli occhi, mettendo lentamente a fuoco come si fa con l'obbiettivo di una macchina fotografica.
-Perché...perchè sono sdraiata sopra un letto?- La voce impastata un incredibile dolore alla testa la colsero di sorpresa -E...come mai siete tutti attorno a me?
Era dentro una normale stanza, illuminata da un lampadario che pendeva oscillando leggermente dal soffitto. Fuori dalla finestra vide che era notte fonda, rischiarata solamente dall'alone opaco della luna. In più, stava iniziando a piovere.
Si mise a sedere sul letto, scostando la coperta decorata da palloni da calcio.
Guardò di nuovo la coperta coi palloni.
Guardò Mark.
La coperta.
Mark.
-Camera tua?-Riuscì a dire, con la voce un po' roca.
-Ehm...già...- Ammise il capitano.
Sorrise divertita, ed ora che riusciva finalmente a vedere guardò meglio :attorno a sé c'era tutta la squadra e naturalmente anche Nelly, Celia, Silvia...poi c'era una ragazzina nuova, probabilmente la figlia adottiva dell'allenatore, di cui le altre le avevano parlato. Tutti la guardavano preoccupati, soprattutto Jack, che sembrava stesse per mettersi a piangere.
Le scappò un sorriso.
-Ti sei ripresa vedo-
Lea sussultò.
Una voce più lontana delle altre, aspra e ironica al tempo stesso, risuonò nella stanza. -Non ci speravo più, sei caduta come un sasso! -La schermì ridendo.
Tutta la squadra riunita davanti al letto si scansò, permettendo a Lea la visione del ragazzo.
Dopo tutto quel che era successo, non si sarebbe mai aspettata che proprio lui si trovasse davanti a lei. Aveva pensato, o meglio dire sperato, che fosse stato solamente un sogno, un brutto sogno da cui finalmente si era potuta svegliare.
Invece no, la sua presenza significava che nulla era risolto, e che lei non si era ancora svegliata da quell'incubo. Quel sorriso amaro le fece ritornare in mente tutti i dubbi di prima e per un attimo sentì di nuovo una leggera fitta alla testa.
-Caleb, anche io sono felice di rivederti-Rispose a tono Lea. Non sapeva ancora esattamente come avrebbe dovuto comportarsi con lui, dopo quel che era successo. Era stato un sogno? Un illusione? Oppure era un ricordo? E...nel caso fosse stato un ricordo..cosa cavolo le stava succedendo, soffriva d'Alzheimer ?!?
Tantissime domande le affiorarono in mente e come mille palline da flipper iniziarono a rimbalzarle in testa.
..Il ragazzo della visione era davvero Caleb?
Come suo solito appoggiato alla parete, Stonewall abbassò la testa come guardandosi i piedi.
Rimase così per un po' e poi disse lentamente, come soppesando le parole, come se parlare gli costasse un'immensa fatica:
-Sono davvero felice che tu sia tornata...tornata in tutti i sensi.
Lea ammutolì ed abbassò anche lei la testa, cercando rifugio fra i suoi capelli biondi, che le caddero in avanti coprendole un po' gli occhi.
C'era qualcosa che non andava. Tutto questo le ricordava qualcosa, ma cosa?
Era arrabbiata, arrabbiata con se stessa. Perchè non le veniva in mente niente?
Chi era veramente Caleb Stonewall?
Chi era veramente LEI?
Caleb girò la testa quasi di scatto, facendo muovere il ciuffo castano, ma non abbastanza velocemente da nascondere a Lea la smorfia che gli era comparsa in volto.
Uscì dalla stanza, silenzioso come era comparso.

-Sono contento di rivederti...- disse in un sussurro, mentre camminava al di fuori della casa, sotto la pioggia che scrosciava forte per la strada.- Anche se ormai non ti ricordi più chi sono...o meglio chi ero per te.-
Ma quelle parole rimasero inghiottite dalla notte, catturate come farfalle in un retino, svanirono nel nulla mangiate dal buio, come il rumore dei passi del ragazzo, che si allontanava sempre più nell'oscurità...


Inazuma Eleven- Il Ritorno degli EroiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora