Pigiami, pinguini, padelle e verità

866 39 1
                                    

 Lea vide davanti a se un turbinio di rosso, giallo ed arancio che mai si sarebbe sognata di vedere.
In uno schioppo, l'intero ristorante di Hillman, nuovo, ingrandito ed appena finito di ristrutturare saltò in aria.
Il boato fu talmente forte che le orecchie le si chiusero, facendola restare a guardare la scena in un muto orrore, e se gli altri gridavano, e se gli altri la chiamavano, dicendole di allontanarsi, dicendole di scappare...lei non li sentì.
Vide solo i mattoncini rossi con cui era stato costruito schizzare in aria nel silenzio più totale, mentre una nube di polvere si innalzava alta nel cielo.
Non si coprì nemmeno gli occhi. Stette solo immobile con le braccia penzoloni, inerme davanti a quel disastro, a quell'abominio.
Strinse i pugni, mentre il fuoco famelico divorava la carcassa di quello che era stato, anche solo per poco, uno dei pochi posti in cui si era sentita veramente a casa.
Chiunque fosse il responsabile, chiunque avesse compiuto quell'atto, per lei adesso era un mostro.
E meritava di pagare.
Si volse di scatto, con una smorfia che celava tutta la sua rabbia ed il suo rancore. Sì, avrebbe pagato, e l'avrebbe pagata cara.
Vide Caleb e gli altri impietriti, accecati da tutto quel rosso fiammeggiare, sconcertati dall'esplosione.
Dei vetri di alcune finestre schizzarono da un'altra ala dell'edificio, andandosi a conficcare nel terreno. Uno di questi , piccolo ma aguzzo, le si scagliò nel braccio, entrandoci per metà.
Lea ululò il suo dolore, non sicura se fosse solo per quel vetro, o per tutto il resto.
Con la mano tremante, se lo tolse dall'avambraccio, stringendo i denti.
Forse fu la sua immaginazione, ma vide se stessa riflessa per un secondo, con uno sguardo che la sorprese.
Non era arrabbiata, di più.
Il suo volto sporco di fuliggine era solcato da rughe di muta ira e decisione.
Si guardò intorno e si accorse che lei era l'unica fra tutta la folla e la squadra, ad avere quello sguardo, che gridava sfida e soprattutto vendetta. Gli altri provavano solo paura e tristezza.
Ma poi incrociò quelli di Caleb e di Jude, e con un sorriso notò che le stesse emozioni erano dipinte anche nei loro volti.
Si fissarono a vicenda, e con un breve cenno del capo si misero d'accordo: no, non l'avrebbe passata liscia per nessun motivo.

***

Per sfuggire al temporale, tutta la squadra si era riunita nel salotto della casa di Lea, la più vicina al negozio di Hillman.
Dopo quel disastro erano arrivati i pompieri, che con l'aiuto della pioggia avevano spento l'incendio, in una miriade di spruzzi. I ragazzi avevano proposto il loro aiuto –recuperare gli oggetti che si erano salvati, mettere a posto, fare qualsiasi cosa che avesse potuto dare loro una mano – ma sia Hillman che gli stessi pompieri avevano rifiutato, lasciandoli con l'amaro in bocca e con quella sensazione d'impotenza, che a Lea faceva ribollire il sangue ed avvampare il viso.
Così, non avevano potuto far altro che andarsene a casa di Lea, in una silenziosa e triste processione.
Chiesero anche al sig.Hillman, ma com' era prevedibile, con un grugnito rifiutò.
Lo capivano perfettamente, perciò non insistettero più del dovuto e si avviarono senza di lui.
Arrivati a casa, Lea diede loro asciugamani, coperte e qualche vestito largo che aveva e, con l'aiuto di Nelly, Silvia e Celia organizzarono un accampamento d'emergenza nel salotto.
Nonostante certi felponi che indossava le stessero molto grandi, ai ragazzi risultarono incredibilmente stretti e solo in alcuni casi perfetti.
-Certo che sei proprio piccola!-Esclamò stupito Jude, indossando una felpa rossa con scritto "Love me to the moon and back"
Nonostante fosse ancora tesa per tutto quello che era successo, e fradicia -aveva infatti preferito prima vestire gli altri perchè dopotutto erano ospiti-scoppiò a ridere vedendolo in quello stato.
-Ma proprio quella dovevi indossare?-
Trattenendo una risatina lo squadrò coi suoi occhi marroni.
Jude voltò la testa e arrossì leggermente.
-Beh...quelli migliori se li erano già soffiati gli altri-
-Mmmm-fissò per terra pensierosa, finchè non le venne in mente un'idea.
Raggiante, corse scalza sul parquet filando in camera sua e sbiascicando un "non ti muovere".
Tornò compiaciuta verso di lui con in mano una grossa maglia grigia.
Poi però per un secondo si bloccò, arrossendo.
"Ma che stai facendo Lea, gli stai dando il TUO PIGIAMA! Vabbè che non sembra proprio un pigiama , ma è personale,TE NE RENDI CONTO? Magari non lo vorrà nemmeno"
Imbarazzatissima, non disse nulla, limitandosi ad allungargli la maglia sotto gli occhi.
Jude la prese e poi la guardò.
Il suo sguardo, Lea se ne accorse, si riempì di stupore ed anche un po' di divertimento.
La maglia era grigia con il disegno di un pinguino azzurro.
-E-è il mio pigiama...dato che odio dormire con cose strette, ti dovrebbe andare bene...sempre che tu lo voglia.
Jude aveva la faccia di chi fra le mani teneva un biglietto della lotteria vincente.
-Oh...certo grazie!
Ormai Lea conosceva abbastanza bene i gusti di tutti i ragazzi della squadra, perché dato che non era ancora una grande giocatrice, aveva deciso di fare anche la manager e di rendersi utile in qualcos'altro, per compensare le carenze del suo gioco.
-C'è un posto in cui mi posso cambiare? Nel bagno c'è Jack da più di mezz'ora, e nonostante le proteste non fa entrare nessuno .Anzi, ora che mi ci fai pensare è strano, sarebbe meglio che Celia o qualcun altro andasse a vedere, magari...magari a voi apre.
Lea annuì –Certamente, grazie per avermelo detto. Le altre sono occupate al momento-Disse voltando la testa verso il salotto, dove Celia e Silvia stavano finendo di montare delle specie di tende realizzate con coperte e legate alle porte, finestre ed ovunque ci fosse un appiglio. - Ci andrò io, tranquillo. Invece se vuoi puoi cambiarti...beh, l'unico posto libero per ora è in camera mia.- Lo guardò un secondo, e quando spaesato si voltò alla ricerca della stanza, lo prese per mano.
-Ti ci porto io, vieni-
Mentre percorrevano il corridoio, lei a piccoli passi veloci e lui con lunghe falcate, Lea si rese conto per la prima volta quanto fosse alto, e che era già la seconda occasione in cui lo toccava.
Non che le dasse fastidio, sconcertasse o cosa, ma ebbe comunque un brivido che le salì lungo tutta la schiena fino alla base del collo.
-Ei ma è vero, sei ancora tutta bagnata!- Jude si bloccò di colpo in mezzo al corridoio, illuminato solamente dalla flebile luce arancione di una lampada a muro.
Lea aggrottò la fronte. Se n'era completamente dimenticata!
-Già, hai ragione. Ora entro in camera e prenderò lì un vestito.-
Arrivati davanti alla porta di legno, Lea strinse la mano sulla maniglia e lo guardò imbarazzata.
-Ehm...devi sapere che non è una vera camera...in pratica vivo solo lì, ed a differenza del salotto...-Aprì la porta ed accese la luce- ...è molto in disordine.
Se Jude si aspettava qualcosa fuori posto, letto sfatto e cose del genere, non fu per niente pronto a quel che si ritrovò davanti.
Il materasso era a terra, e le estremità delle coperte erano legate una alla scrivania, una sotto il computer, un'altra infilata dentro un cassetto e l'ultima sotto al letto, in modo da formare nel complesso una tenda faidate, proprio come quelle che stavano realizzando le altre in salotto.
Poi c'erano libri ovunque.
Libri sulle mensole, dentro l'armadio semiaperto, sotto il letto, sopra il letto, sul davanzale, sopra il PC, dietro la porta...
Jude rimase fermo a fissare la stanza con la bocca semispalancata, prima di accorgersi che Lea aveva già preso una maglia da sotto la scrivania e dei leggins scuri sotto una pila di altri tomi.
-Ecco fatto! Adeso ti puoi cambiare, fammi sapere se ti serve qualcos'altro!
Scappò poi velocemente dalla stanza, andandosi a rifugiare nello sgabuzzino, prima che lui potesse dire niente, domandandole magari il perché avesse allestito una tenda  in camera sua.
Non voleva spiegarglielo, sarebbe stato imbarazzante, e l'avrebbe presa per ridicola.
Cambiatasi, corse- sempre a piedi nudi - verso il bagno.
Davanti alla porta c'era una fila interminabile: Mark, Joe, Todd, Scott, Xavier, Shawn, Nathan, Todd, Hurley, Kevin, Darren... erano tutti schierati uno dietro l'altro e continuavano a spingersi e borbottare
-Ei ti muovi?-
-Non spingere!-
-C'ero prima io!-
-No io!
-Non è vero, io!-
-Piantatela!-
-Ho fame!-
-Daiiii mi scappa!-
-JAAAACK!-
-Ho sonno!-
-Ho freddo!-
- TI VUOI MUOVERE Si o NO?-
-Adesso sfondo la porta...-
Quando Hurley stava già prendendo la rincorsa, Lea gli si parò davanti sventolando l'indice: -Nonononono cosa credi di fare? Qui nessuno sfonda nessuna porta!
-Ma io devo andare io bagno!- Piagnucolò Hurley
-E io ho fame!-Si lamentò Mark -E sonno! E sete e freddo! E...-
Lea si costrinse a non dargli una manata per farlo stare zitto.
-Mark? Per favore vai in cucina, ed aiuta Austin ed Archer a preparare qualcosa. Ormai è quasi ora di cena, su!
-Ma io...
-No, niente scuse. Vuoi mangiare? Allora vai da bravo...-lo fulminò con un' occhiata.
-E voi aiutate Celia e le altre a finire di montare le tende, a mettere a posto i sacchi a pelo e le coperte.
-Ma noi...
-Fra cinque minuti il bagno sarà libero, da bravi...
Dopo qualche altro battibecco tutti si riversarono in soggiorno, e Mark in cucina, con l'intento di capire cosa fosse quella specie di piatto fondo e nero col manico-nomché padella- e a cosa servisse.
Lea tirò un sospiro di sollievo e bussò dolcemente alla porta.
-Jack?C'è qualche problema?-
Nessuna risposta.
-Jack, sono io, Lea! Non c'è più nessuno qua fuori, puoi dirmi che succede?-Accostò l'orecchio alla porta, cercando contemporaneamente di vedere qualcosa dallo spioncino- Ti posso aiutare in qualche modo?-
Jack, nonostante fosse grande e grosso, frignò qualcosa di  incomprensibile
-Jack, non capisco..- disse col tono più dolce che le riusciva, staccandosi dalla porta –Su, aprimi ,ti aiuto.
Dopo un po', con un sonoro 'clack', la porta si aprì quel poco che bastava a Lea di sgusciarci dentro.
Quando fu entrata, Lea si appiattì in angolino, perché con la sua stazza Jack occupava quasi tutto lo spazio a disposizione.
Guardandosi attorno Lea capì subito il problema: sul pavimento di mattonelle azzurre e bianche erano disseminati una ventina di vestiti, e Jack indossava una maglietta che non gli arrivava nemmeno ai fianchi, lasciandogli scoperto l'ombelico e stringendogli le braccia in una posa innaturale.
Lea trattenne a stento una risata: sembrava uno spaventapasseri!
Ma sapendo che l'avrebbe ferito sorrise solamente, e dolcemente gli sussurrò di aspettarla lì.
Poco dopo, tornò con una camicia extra large a maniche lunghe, e con dei pantaloni altrettanto grandi.
-Ecco- disse mentre glieli porse-Trattali bene perché erano di mio padre.-
Mentre usciva nuovamente dal bagno, pensò con una smorfia quanto fosse bello, per quel poco che ricordava, quando suo padre stava con lei, sempre con quella camicia gigantesca per lui, e la sollevava in aria facendola volare.
Aveva solo pochi ricordi, sprazzi confusi qua e là...ma quello era uno di quelli di non si sarebbe mai potuta dimenticare, perché quando giocavano insieme, lei era certa che con lui a fianco sì,
ce l'avrebbe fatta, avrebbe davvero imparato a volare.
Non sapeva nemmeno cosa era successo, c'era un altro vuoto in tutto quello che aveva passato e vissuto.
Perché se n'era andato?
Perché l'aveva abbandonata? Cosa era accaduto?
Le tornò di nuovo quel forte mal di testa , che sentiva ogni volta che tentava di ricordare qualsiasi cosa riguardante il suo passato. Ormai aveva capito che le veniva per quel motivo, così si fermò.
Doveva parlare a tutti i costi con Caleb, lui avrebbe potuto spiegarle perché non ricordava, cosa era successo e tutto il possibile. Ma dopo ciò che era accaduto al negozio di Hillman Caleb non le aveva più rivolto parola ed anzi, l'aveva accuratamente evitata.
Camminando verso la sala Lea pensò che non era un caso tutto quel che era successo...Il dolore al petto, poi alla testa, quegli strani comportamenti e poi l'esplosione.
Con unna smorfia, abbassò il capo, facendosi cadere i lunghi capelli biondi davanti al viso, ormai quasi asciutti dopo il bagno imprevisto sotto la pioggia.
Aveva deciso: avrebbe detto a tutti quel che sapeva, in un modo o nell'altro, e sarebbe riuscita a far luce sul suo passato.
Fece un grande respiro e poi scostò la tenda che portava nel soggiorno.
Avrebbe affrontato anche quella. Dopotutto lei era una principessa guerriera.
Entrò sorridendo nella sala, urlando: Chi di voi ha fame?
In un coro di "iooo!" Lea sorrise, andando a vedere in cucina se era già tutto pronto, e se Mark avesse finalmente scoperto l'esistenza della padella...

Inazuma Eleven- Il Ritorno degli EroiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora