Due.

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Louis ha continuato a rigirarsi nel letto senza sosta per tutta la notte.

Lanciava occhiate alla finestra, per vedere se Harry avesse ancora la luce accesa.

Si è reso conto dopo le prime due ore della notte che non l'avrebbe mai spenta, perché si è addormentato così.

E la cosa più inspiegabile di tutte è che quando ha capito che la luce sarebbe rimasta accesa ha avvertito una specie di senso di calore alla bocca dello stomaco e si è sentito stranamente sollevato da questo, come se quella notte fosse diventata un po' meno un incubo, solo per la luce accesa della camera della casa di fronte.

La mattina seguente, decide di alzarsi appena sente il rumore di stoviglie provenire dal piano di sotto. E' ancora lievemente confuso dall'incontro con quel ragazzo. Ci ha pensato tutta la notte, ed è impossibile che Harry si sia semplicemente dimenticato di chiudere la finestra e di spegnere la luce. Lo aveva visto piangere. Gli aveva chiesto se andasse tutto bene, e poi lo aveva anche richiamato, dopo che era tornato dentro. Louis aveva sentito, anche se non aveva risposto. Dopotutto quel ragazzo è un estraneo, si vergogna a farsi vedere piangere, anche se è quasi sicuro che riuscisse comunque a sentirlo.

E' possibile che abbia lasciato la finestra aperta apposta? Perché lo ha sentito piangere?

Louis si passa per l'ennesima volta una mano in mezzo ai capelli tagliati a scodella. Porta lo stesso taglio di capelli da quando era bambino e far scorrere le mani lungo la frangia è un gesto che ormai è diventato automatico, ogni volta che è nervoso per qualcosa.

Si siede sul letto, prendendosi la testa fra le mani per un istante, per riordinare i pensieri prima di scendere a fare colazione.

Ci ripensa ancora una volta: Harry, il ragazzo nuovo, ha lasciato la finestra aperta. Non vuol dire nulla, certo. È soltanto una finestra, ma ha comunque passato l'intera notte in bianco ad osservare la luce della sua stanza, e a sperare con tutto il suo cuore che per qualche motivo lui uscisse di nuovo sul balcone.

Gli avrebbe parlato, allora, sì. Sarebbe uscito sul balcone e gli avrebbe semplicemente raccontato ogni cosa che lo tormenta da un anno. O probabilmente da tutta la vita.

Soltanto perché ha un bisogno fortissimo di parlare con qualcuno, di avere qualcuno con cui essere sincero.

Per di più non si ricorda nemmeno l'ultima volta in cui qualcuno gli abbia chiesto come stesse.

Si infila le ciabatte e trascina i piedi giù dalle scale.

"Buongiorno." Borbotta, senza nemmeno guardarsi intorno per vedere chi ci sia già alzato.

"Buongiorno BooBear." Gli risponde la voce di sua mamma, gli rivolge un sorriso e gli scodella davanti una tazza di the fumante, e anche il cane, il suo grosso labradoodle, gli si avvicina per fargli le feste.

"Buongiorno."

Louis spalanca gli occhi, incredulo, sentendo la voce di suo padre che proviene dalla poltrona.

"Papà? Come mai sei ancora a casa? Ti hanno licenziato?"

"Non dire stupidaggini, Louis. Oggi ci sono le ispezioni igieniche nella fabbrica. Gli uffici sono chiusi."

"Ah." Gli risponde Louis, prendendo un biscotto dalla scatola e ficcandoselo in bocca.

"Non starà dormendo troppo quella ragazza?" borbotta il padre, sfogliando il giornale del giorno prima.

"Mark, sono solo le otto." Ribatte la moglie. "Ha soltanto 14 anni, potrà cominciare ad aiutare con i lavori domestici tra qualche anno. E poi Louis mi dà sempre una mano, ogni volta che gli chiedo un favore." aggiunge, scompigliando i capelli del figlio con una mano.

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