Capitolo 18: Ladro

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LYDIA

Calore.

Sì, questa fu la prima parola che associai ad Eira.

Per tutto il viaggio avevo pensato alla nostra meta come a un paesino abbandonato, un po' come quelli che si vedono nei film western. Non so con che associazione mentale io avessi potuto collegare quel deserto al Far West, eppure una volta fatta non si era più cancellata dalla mia mente.

Infatti quando Chris ci aveva chiesto di andare a comprare una mappa e del cibo avevo avuto dei forti dubbi sulla riuscita della nostra "impresa". Inoltre, il fatto che il sole fosse già tramontato aveva accentuato l'idea che mi ero fatta di Eira: strade deserte e case con luci spente.

Mai la fantasia mi aveva portata tanto lontana dalla realtà! E di viaggi mentali ne avevo fatti parecchi nella mia vita: dall'immaginarmi dove stesse andando un passante che avevo incrociato per strada, al cercare di capire per quale motivo una ragazza seduta in autobus accanto a me stesse piangendo.

Infatti la prima sensazione che provai appena misi piede in quel posto fu calore.

Lo so, non è una sostantivo che di solito si associa ad un paese; eppure vi assicuro che Eira emanava calore da ogni angolo.

Gli ultimi raggi del sole, già nascosto dietro l'orizzonte, continuavano a rischiarare il pulviscolo in lontananza, creando un ipnotico gioco di colori fra le nuvole all'orizzonte che andava affievolendosi man mano che la notte cercava di farsi spazio nella volta celeste.

Lungo le strade file continue di piccole lanterne in cartone erano accese a illuminare le vie. Le luci nelle case non erano assolutamente spente, ma, anzi, dall'interno delle abitazioni provenivano voci allegre di gente che cantava.

Più ci avvicinavamo al centro, più la folla aumentava per le vie del paese: uomini e donne, ragazzi ed anziani. Quasi tutti indossavano abiti tenenti al rosso o al verde, con decorazioni gialle e oro. Le donne portavano lunghe gonne ricamate, mentre gli uomini indossavano lunghi pantaloni di tela. Non capivo se fossimo giunti in un giorno di festa o se quella fosse la normalità.

Mi spostai di lato per far passare due bambini che, ridendo e urlando, si inseguivano per le strade. Mi toccai la guancia per scoprirla sollevata in un sorriso inconsapevole.

Ogni tanto gli abitanti ci lanciavo occhiate incuriosite, dal momento che sarebbe stato evidente a chiunque che April e io eravamo forestiere o, meglio, che io lo fossi. Infatti, quasi tutti gli abitanti di Eira avevano dei tratti somatici simili a quelli di April: carnagione olivastra, capelli scuri, sui toni che variavano dal nero al castano, e taglio degli occhi leggermente a mandorla. Anche se, a differenza sua, la maggior parte di loro era piuttosto alta e nessuno, almeno di quelli che avevamo incontrato fino a quel momento, aveva occhi azzurri come i suoi.

Arrivati alla piazza centrale, ci guardammo intorno cercando di capire cosa fare.
Una serie di banconi ricchi di verdura, frutta e spezie riempivano gran parte dello spazio. Almeno la parte del "se riesci a procurarti del cibo" sarebbe stata facile, mancava solo di trovare la mappa.

«Tu vedi di prendere qualcosa qui, io andrò a cercare una cartina da qualche parte» mi disse April, dando voce ai miei pensieri.

«Perfetto» risposi sorridendole.

Non mi avrebbe potuto dare un compito più bello: cibo!

Così, dopo esserci date appuntamento sotto la statua centrale della piazza, le nostre strade si divisero.

Non sapevo bene cosa prendere, avevo visto molti banconi di frutta ed ortaggi, ma immaginavo che ai ragazzi non sarebbe bastato. Intravidi in lontananza una giovane donna dai lunghissimi capelli color caramello che teneva in mano un cesto pieno di carni e formaggi.

Ddaear Arall || L 'Altra TerraDove le storie prendono vita. Scoprilo ora