OCTAVIA
Stavo seduta sui gradoni in pietra di una scala, affacciata alla finestra ad ammirare lo splendore delle Lune.
Più pesanti delle precedenti, eppure decisamente più equilibrate, pensai, mentre soppesavo sul dito indice le nuove frecce, nere come la pece, che Hikari mi aveva comprato.
Era stata una bella sorpresa. Forse si era sentita in colpa dal momento che le ultime munizioni erano andate perse quando io ed Ilan eravamo tornati indietro a salvarla.
Avevo cercato di convincerla che in realtà non mi doveva nulla, ma che anzi ero io a ad essere in debito con lei per avermi salvato la vita, ma ovviamente, era stato inutile e, senza che minimamente ce ne fosse stato l'intento, si era venuto a creare quel balletto del " ma no, grazie a te" che difficilmente tolleravo.
Al terzo "no, ma figurati, era il minimo che potessi fare" avevo fatto un profondo respiro e, rispondendole con un bel "Grazie a te, non dovevi", avevo girato i tacchi prima di perdere la pazienza.
Rigirai la freccia, impugnandola saldamente con tutto il pugno, ed indirizzai l'apice verso l'alto mentre, con l'indice dell'altra mano, andavo a pizzicarmi con la punta di ferro della freccia.
E decisamente appuntita, conclusi, ammirando alla luce lunare la piccola goccia di sangue scarlatto che era fuoriuscita.
Stavamo tutti lì, disseminati sulle scale di quella specie di fortezza che dal piano terra portavano a quello superiore, dove era allocata la stanza del Generale Capo (ebbene sì, di cognome faceva Capo). Tutti tranne Chris, che in quel momento stava discutendo proprio in quella stanza col Generale.
Ci avevamo messo due giorni di cammino, ma finalmente eravamo riusciti ad arrivare al confine tra la Nazione della Sabbia ed il Regno della Foresta.
Erano stati due giorni abbastanza tranquilli in fin dei conti, segnati da qualche sporadica chiacchierata, un cielo sereno e nessun nemico all'orizzonte. Nessuna bacca velenosa, nessun salvataggio e, a parte i momenti in cui Lydia si ritrovava sovrappensiero a canticchiare ad alta voce, nessun inconveniente fastidioso.
La notte avevamo dormito nelle due tende per evitare di svegliarci nel bel mezzo di un campo fiorito, anche se, stando nel deserto, dubitavo che ci fosse quel tipo di rischio. Del resto la notte in cui Kari ci aveva salvati io ero rimasta sveglia proprio per controllare che non ricapitasse l'incidente della foresta, eppure nulla era successo.
Ma come si dice: meglio prevenire che curare, no?
Quella in cui ci trovavamo era la Fortezza 0-42, detta anche Porta Viva, triste traduzione del vero nome della fortezza che, in realtà, era in lingua antica, ma che ora come ora non saprei proprio ricordare, men che meno pronunciare.
Era una delle basi della Nazione della Sabbia messa a protezione del confine. Oltre a essa, solo pochi chilometri ci separavano dal territorio nemico.
Inutile dire che durante il viaggio non ci era venuto in mente alcun piano per oltrepassare il confine nemico.
"Passare sotto terra?" No, anche loro hanno Rheol, capaci di percepire le vibrazioni del terreno, che controllano il confine ventiquattro ore su ventiquattro.
"Aggirare la sicurezza?" Impossibile.
"Affittare una mongolfiera?" È uno, scherzo vero?Più andavamo avanti più le proposte si facevano improbabili.
"Li attacchiamo!" In cinque? Seriamente?
"Accoltelliamo di nuovo Ilan e chiediamo aiuto"Era una situazione così disperata che persino io, dopo un attimo di sconforto, avevo iniziato a ridere per l'assurdità delle idee.
Fatto sta che la nostra ultima speranza risiedeva in un piano suggeritoci dal Generale di Porta Viva. Ci avrebbero di certo aiutati. Se c'era una cosa che avevo capito era che eravamo, o meglio, che Lydia era l'ultima possibilità rimasta per contrastare il nemico e liberare Au Maite.
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Ddaear Arall || L 'Altra Terra
FantasyPrimo libro della Trilogia di Ddaear Arall (Completo e in revisione) Tratto dal prologo: "Au Maite, fluttuando leggiadra, discese dalla cima dell'albero; gli occhi aperti ed infiammati della stessa luce che sprigionava attorno a sé. -Il pa...