Capitolo 15: Protezione

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OCTAVIA

Avete presente la sensazione che si prova quando si passa da una stanza in cui si suona musica ad alto volume ad una in cui regna il silenzio più totale? Le orecchie iniziano a fischiare, i rumori arrivano al timpano lontani ed ovattati ed il silenzio che ti circonda assume una consistenza irreale e quasi fastidiosa.

Ecco, quella è esattamente la sensazione che provai quando vidi il corpo di Hikari cadere a terra mentre la tempesta di sabbia tutta attorno a noi di colpo cessava di esistere. 

Le raffiche, che fino a poco prima avevano sferzato l'aria incessantemente, si erano spente quando la ragazza aveva toccato il suolo e la sabbia, che aveva costruito una muraglia tutto attorno a noi, era crollata con un solo tonfo sollevando solo lievi sbuffi di polvere nell'istante in cui i granelli precipitarono sul terreno.

Sentii i capelli, che fino a quel momento avevano danzato assieme al vento, precipitare improvvisamente verso il basso, ricadendomi sulle spalle e sulla fronte sporca di sudore e di sangue, mentre con gli occhi fissavo incredula la scena che si era appena svolta.

Ilan stava in piedi a pochi centimetri da me. Aveva le gambe ben salde a terra, le braccia allargate e la punta del coltello che gli aveva trapassato la parte superiore del petto che faceva capolino oltre la maglietta che indossava.

Lui ce l'aveva fatta. Lui, al contrario di me, aveva fatto in tempo. Era riuscito a salvala spingendola a terra ed interponendosi tra il coltello e me. 

In effetti, a conti fatti, aveva salvato entrambe.

Quello era esattamente uno di quei momenti in cui il tempo si gela, i rumori si abbassano, il battito del cuore rallenta e gli eventi si susseguono lentamente, dando il tempo di assaporare l'importanza di ogni singolo secondo della vita.

Ma come ogni momento anche quello doveva finire. E così, come in un video a cui era stato premuto il tasto play, il tempo riprese a scorrere normalmente, agguerrito ed incalzante come non mai.

La freccia che avevo scoccato raggiunse l'uomo che aveva lanciato il coltello, conficcandosi nella sua carne mentre il suo grido si sovrapponeva a quello straziante di Ilan che, con la mano sana, si afferrava la spalla ferita. Le gambe gli cedettero ed io feci giusto in tempo a sorreggendolo da sotto le ascelle rallentando, così la sua caduta. 

Gli girai attorno mettendomi, di fronte a lui ed afferrando il manico del coltello pronta ad estrarlo. Ma, prima che facessi forza, lui afferrò la mia mano con la sua, rossa di sangue, stringendo le labbra e scuotendo la testa.

«Sto bene, aiuta Hika» disse tutto d'un fiato. 

Alzai un sopracciglio. 

Ma lei non si è fatta niente, pensai. 

Se c'è qualcosa che odio, è questa sottovalutazione del potere delle donne. Noi non siamo dei gracili fiorellini in un mondo freddo e crudele, siamo forti quanto gli uomini, se non di più. E se a pari condizioni, lei è semplicemente a terra e tu hai un coltello conficcato nella spalla, sei tu quello che necessita di aiuto.

Ma quello non era esattamente il momento di mettersi a discutere, anche perché in quel momento Hikari era rimasta l'unica in grado di contrastare adeguatamente gli attacchi.

Lei era ancora a terra, con la testa alzata e lo sguardo puntato verso Ilan, nell'espressione più incredula che io avessi mai visto dipinta su di un volto.

Mi avvicinai a lei e, tendendo il braccio, le porsi la mano. 

Lei spostò gli occhi dal ragazzo a me e si soffermò per qualche secondo sulla mano senza cambiare espressione. Poi, qualcosa nei suoi occhi cambiò improvvisamente e, afferrando saldamente la mia mano, si sollevò.

Ddaear Arall || L 'Altra TerraDove le storie prendono vita. Scoprilo ora