Capitolo 32: L'informatore

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OCTAVIA

Rimasi immobile a fissare quell'orribile scena per tutto il tempo, senza riuscire a distogliere lo sguardo neanche per un secondo.

Da quando ero piombata in quel mondo, avevo vissuto una serie di momenti che mai si sarebbero cancellati dalla mia mente: la battaglia nella base di Arjuna e la morte di quel ragazzo biondo, le persone che avevo ferito, il pugnale che aveva trafitto Ilan e tante altre. ciononostante, nessuna poteva paragonarsi a quella che stavo vivendo.

Non era la crudezza della scena in sé per sé a colpirmi, quanto piuttosto la sua crudeltà. Stavo assistendo alla vittoria dell'ingiustizia sull'equilibrio del mondo.

Non si trattava più di guerra o di sopravvivenza, ma solo di ingordigia, voracità e piacere nell'assaporare il dolore altrui.

Sei persone armate contro un unico ragazzo.

Il gusto provato dalla guardia che era stata colpita era un'aurea nera che cresceva attorno a lui come un mostro, sfamandosi dei gemiti che il ragazzo emetteva ad ogni percossa.

Senza accorgersene, Lydia si era aggrappata al mio braccio, nascondendo il volto alla scena che si stava svolgendo.

Ho sempre odiato il contatto altrui, ma quella volta non mi scansai. Il peso della mia compagna fu la prova tangibile che quello che stava avvenendo sotto i miei occhi era reale, come una zavorra che mantiene una mongolfiera a terra.

Fu solo quando sentii il volto di Lydia sollevarsi che mi accorsi che tutto era finito.

Rimanemmo per qualche secondo così, immobili, ferme a fissare quella strada deserta.

Dieci... nove...

Iniziai a contare alla rovescia, come facevo da piccola quando dovevo trovare le forze per rialzarmi e fare ciò che dovevo.

Sei... Cinque...

Il mondo è un posto troppo pieno di delusioni per potersi fermare ogni volta.

Tre... Due...

Bisogna rialzarsi. Sempre.

Uno.

Raddrizzai le spalle, mi sistemai la tracolla che reggeva la faretra e afferrai delicatamente il polso della mano con cui Lydia si teneva aggrappata a me. Di rimando, lei spostò lentamente i suoi occhi cioccolato dal mio volto alla sua mano ed immediatamente dopo aprì le dita, facendo un passo indietro e spostandosi una ciocca di capelli dietro all'orecchio.

Sentii il braccio formicolare leggermente mentre il sangue riprendeva a circolare e le impronte bianche che le sue dita avevano lasciato sulla mia pelle scomparivano.

Vidi quegli occhi da cerbiatto fremere per poi puntarsi dritti dritti nei miei.

Già mi preparai a rispondere al suo inutile "Scusa" che ero certa stesse per pronunciare.

Lydia era fatta così: chiedeva scusa anche quando non aveva alcuna colpa oggettiva. Proprio per questo rimasi scioccata quando le parole che pronunciò furono: «Riusciremo a porre fine a tutto ciò.»

La fissai con uno sguardo più interrogativo di quanto avessi voluto. Non capivo, dall'intonazione che aveva usato, se la sua fosse una domanda o un'affermazione.

«Siamo qui per questo» risposi, prendendole il sacchetto di tè dalle mani ancora un po' tremanti «Meglio tornare a casa di Niczia.»

Fu un rientro piuttosto silenzioso. Non che mi dispiacesse più di tanto, ma non sentire Lydia parlare a raffica del nulla mi fece uno strano effetto. Aveva uno strano luccichio negli occhi difficile da decifrare.

Ddaear Arall || L 'Altra TerraDove le storie prendono vita. Scoprilo ora