HO TENTATO DI AMARTI

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In sogno qualcuno bussò alla porta.

I colpi si fecero sempre più forti finché non mi resi conto che erano reali. Per un momento sogno e realtà si confusero perché la stanza era ancora immersa in un'oscurità così totale che mi sembrava di essermi svegliata con un sacco nero infilato in testa.

Mi stiracchiai e a occhi chiusi annaspai alla ricerca di Stephen. Il letto era vuoto.

I colpi alla porta continuavano a farsi sempre più insistenti. Mi tolsi di dosso la coperta e sfrecciai giù dalle scale. Aprii la porta ed eccolo lì, il mio angelo personale.

Si fece di lato e mi oltrepassò, richiudendo la porta con il tacco della scarpa.

"Ho portato la colazione", annunciò, trasportando un sacchetto marrone in cucina.

Lo seguii in silenzio.

"Questa notte è stata per me una fonte di continue scoperte". Cominciò a togliere i contenitori dal sacchetto, sistemandoli sul bancone della cucina. "Ho scoperto che la nettezza urbana da te passa alle sei del mattino, che i tuoi genitori escono per andare a lavoro alle sette e mezza, che tuo padre viene a controllarti sì e no tre volte a notte. E che tu", si piegò per baciarmi sulla guancia, poi ammiccò, "quando dormi di lato sbavi un pochino".

"Io non sbavo", mugugnai.

Mi rannicchiai sulla sedia e rimasi ad osservarlo, con le guance in fiamme. Era strano vederlo lì, nella cucina di mia madre, intento a curiosare nel frigorifero. Si comportava come se vivesse qui da sempre.

"Vuoi del latte?", chiese.

"No, grazie. A me i cereali piace mangiarli così come sono".

La sua testa spuntò dall'anta del frigorifero. "Mi stai prendendo per il culo?".

Mi alzai per porgergli una tazza. "Mia nonna non lo comprava mai così mi sono abituata a non berlo".

Aprì il cartone e si riempì la tazza. Le mie guance andarono in combustione nel momento esatto che scorsi sul davanti della sua maglietta un alone un poco più scuro rispetto al resto della stoffa azzurra, nel punto preciso dove avevo posato la bocca la sera prima.

"Ho sbavato così tanto?", farfugliai.

Accennò una risata e mi tirò contro di sé, consolandomi con un abbraccio.

"Devo comunque ammettere che sei sexy anche con la bocca spalancata, la saliva che cola e", si ritrasse, adocchiando malizioso il mio abbigliamento, "il pigiamino a stelline".

Mi voltai di scatto e addentai una ciambella. Era difficile distogliere lo sguardo da lui, quasi impossibile. Lo sentivo muoversi, aprire i sacchetti, sollevare il coperchio del bidone della spazzatura, rimettere a posto il cartone del latte...

Era bello.

Quasi troppo bello.

Tuttavia restava un quesito irrisolto. Quale metodo diabolico e meschino avrei adottato per fargli capire che, nonostante quello che provavo, nonostante la fiducia che avevo in lui, ero effettivamente diversa dalle altre? Non avrei potuto tenerglielo nascosto a lungo. Se ne sarebbe accorto, era inevitabile.

Quindi restavano due opzioni praticabili. La prima, più logica e sensata, consisteva nel tornare a ignorarlo, fingere che tra noi due non fosse iniziato nulla, ignorare i miei sentimenti e continuare a nasconderli a lui. Questa opzione lo avrebbe tenuto distante dalla mia vita e sufficientemente lontano dai miei segreti. Avrebbe sofferto, è vero. Ma solo all'inizio, poi la sua mente avrebbe rielaborato il dolore trasformandolo in un semplice ricordo malinconico.

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