A VOLTE GLI INCUBI SI TRASFORMANO IN REALTA'

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Qualcosa di caldo sulle palpebre mi svegliò. Aprii un occhio, poi spalancai anche l'altro.

Era giorno. Il sole risplendeva dalla finestra illuminando una scrivania che non era la mia. Impiegai un attimo a capire dove mi trovavo. Poi un ricordo vago di ciò che era successo la sera prima mi fece sussultare e ne portò con sé subito un altro. Sbattei le palpebre, ancora intontita dal sonno, mentre i ricordi si affacciavano velocemente nell'ordine esatto in cui li avevo vissuti.

Impossibile. Non potevo averlo fatto davvero, non potevo aver permesso che accadesse. Non poteva essere un ricordo reale, doveva per forza essere stato un sogno.

Sentii qualcosa di pesante muoversi sulla mia schiena per spostarsi lungo il fianco. La bocca mi si aprì e un gemito mi sfuggì dalle labbra. Sbirciai verso il profilo di Stephen e cercai di tirarmi su, ma il suo braccio mi teneva ancorata al letto. Sentivo il suo respiro lento e regolare sbattermi contro la spalla, alcuni ciuffi di capelli mi solleticavano l'orecchio. Non potevo star sognando.

Avvampai, poi, altrettanto rapidamente impallidii e nascosi la testa sotto il lenzuolo nell'esatto momento in cui il respiro di Stephen mutò. Un attimo dopo scivolò anche lui sotto il lenzuolo e i suoi occhi mi cercarono, ansiosi e curiosi di ciò che avrebbero trovato nei miei.

"Ehi, ciao! Hai per caso visto la mia ragazza?", scherzò, sorpreso di trovarmi nascosta.

"Se ne è andata mezz'ora fa", restai allo scherzo.

Ammiccò. "Vieni fuori codarda e affronta quel mostro di fidanzato che ti sei scelta".

Affondai le dita nel lenzuolo e lo abbassai lentamente fin sotto il mento. Nonostante l'imbarazzo mi scappò un sorriso. Era davvero impossibile paragonare Stephen ad un mostro.

"Buongiorno", mi baciò veloce.

"Ciao", balbettai.

"Hai fame?", chiese, scivolando giù dal letto.

Il mio stomaco scelse proprio quel momento per mettersi a brontolare.

"Vado a prepararti la colazione", annunciò, infilandosi un paio di pantaloni della tuta.

Non riuscivo a staccare gli occhi dal suo torso nudo. Una linea quasi invisibile di peli gli scendeva fin sotto l'elastico dei pantaloni e si attorcigliava attorno all'ombelico. Ogni suo muscolo sembrava scolpito nella roccia.

"Aspetta un attimo!", sobbalzai, appena riuscii a distrarmi da ciò che stavo vedendo. Mio malgrado sollevai gli occhi sul suo viso. "Hai detto colazione?". A quel punto ero balzata giù dal letto e annaspavo sul pavimento alla ricerca dei miei vestiti. "Mi uccideranno. Mi uccideranno".

Il suo viso si illuminò di un sorriso. "Li ho avvertiti io".

Mi bloccai con una scarpa in mano. "Come?".

"Ho mandato un messaggio a tua madre per informarla che avresti passato la notte qui da me". Inarcò un sopracciglio, divertito dalla mia espressione inorridita. "Sul divano ovviamente", aggiunse con un sorrisetto.

Poi andò a controllare il suo cellulare.

"Ah, ecco!". Girò il display verso di me. "Mi ha risposto". Lesse il messaggio velocemente e riposò il cellulare sul comodino. "Tutto a posto. Non ti uccideranno".

Sentii un tonfo; la scarpa che tenevo in mano mi era scivolata a terra. "Ma come fai a convincere sempre i miei genitori?".

Aprì la porta con una scrollata di spalle, invitandomi a seguirlo. "Ancora convinta di non volerli informare del fatto che sono il tuo ragazzo? Potrei farti ottenere tutto ciò che vuoi. Una macchina nuova, una stanza più grande... scegli tu".

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