STANNO ARRIVANDO

7.6K 477 21
                                    

Senza mai dare il mio assenso mi ritrovai comunque a dover lavorare durante tutti i turni serali di Giusy perché da quel che avevo capito aveva dei problemi ad affidare i suoi gemelli alla nuova baby-sitter. Il Signor Robert mi aveva assicurata dicendomi che era solo una situazione momentanea, ma intanto avevo dovuto disdire il mio corso in palestra. E, anche se ormai sapevo a memoria ogni tecnica base di difesa, se volevo davvero portare a termine il mio piano non potevo permettermi di accontentarmi di ciò che fino ad ora avevo appreso.

D'altro canto non me la sentivo nemmeno di arrabbiarmi più di tanto con Robert e Giusy perché senza volerlo mi avevano fornito un pretesto per non dover vedere Stephen. Volevo sì, sistemare le cose con lui. Ma questo era un desiderio che avevo prima di avergli consegnato il Prologo della mia vita.

Temevo non mi avrebbe accettata, che i suoi occhi mi avrebbero guardato con disgusto, che non avrebbe capito che, sì, avevo sbagliato, ma che lo avevo fatto perché nessuno mi aveva mai insegnato a non provocare gli uomini.

"Giornata fiacca, eh?", mi si avvicinò Robert.

Finii di contare le banconote da dieci dollari e gliele consegnai. "Abbiamo incassato poco".

Aggrottò la fronte, rigirandosi la mazzetta di soldi tra le mani, poi sollevò gli occhi su di me. "Vai a casa. Ci penso io a chiudere".

Mi liquidò con un gesto della mano e non ci pensai due volte a slacciarmi il grembiule sporco di unto di patatine fritte e caffè.

"Buonanotte, allora", lo salutai, mentre infilavo il grembiule in una borsa di plastica.

Stavo per uscire dal suo ufficio quando mi sentii chiamare. Tornai sui miei passi.

"Ho dimenticato qualcosa?".

Mi sorrise bonario, porgendomi una busta chiusa. "La tua paga".

"Grazie".

"Dovresti darci un'occhiata prima di ringraziarmi".

Misi la busta nella tasca interna della giacca.

"Stai facendo un ottimo lavoro, sai?", si complimentò di punto in bianco. Poi guardò fuori dalla finestra. Aveva ripreso a piovere. "Sei con la macchina?".

"Come sempre".

"Ottimo! Sai...", attaccò impacciato. Era strano vederlo così. Di solito non amava girare intorno alle cose. "A proposito di Giusy... so che spesso ci vedi arrivare insieme".

Atteggiai la faccia ad una smorfia di stupore, fingendo di non averci mai fatto caso.

"Noi staremo provando ad uscire insieme". Tossicchiò imbarazzato, tornando a guardare fuori dalla finestra. "Ma gradirei che gli altri non lo sapessero. Non vorrei...".

"Ma certo", lo rassicurai, comprensiva. "Non devi preoccuparti".

"Bene!", si rilassò, tornando a farsi giocoso. "Allora io non dirò a tuo padre che ti vedi con un uomo misterioso".

Strabuzzai gli occhi. "Ma io non..."

"Alt!". Alzò un dito. "Non negare, perché ci ho parlato personalmente".

Attraversai l'ufficio quasi di corsa. "Stephen è stato qui?".

Ci pensò un po' su. "Ad essere sinceri non mi ha detto il nome". Si bloccò per lanciarmi un'occhiata di ammonimento, "Ma sei certa sia il ragazzo giusto per te? Onestamente non mi ha fatto una buona impressione con quei capelli lunghi e l'orecchino al naso".

Spalancai la bocca.

"Sai che sono amico di tuo padre perciò ho un occhio di riguardo per te", proseguì. "E, credimi, quell'uomo non mi piace".

La libertà più grandeDove le storie prendono vita. Scoprilo ora