PROVOCAZIONI

8.4K 413 7
                                    

Mi risvegliai con la strana sensazione di aver fatto un sogno che dovevo assolutamente ricordare. Uno di quelli che poi, quando ti svegli, scompare come se non fosse mai esistito.

Mi rigirai su un fianco e subito mi resi conto della facilità con cui mi ero mossa. Quella sensazione di vuoto mi obbligò a spalancare gli occhi e ciò che vidi fu piuttosto deludente; al posto del volto stupefacente di Stephen, sul cuscino c'era solo un sacchetto marrone con attaccato un biglietto.

Premetti l'interruttore sbattendo le palpebre all'impatto con la luce fredda, abbagliante come un secchio d'acqua in piena faccia, e lessi in fretta la grafia di Stephen:

So che stenterai a crederlo ma ogni tanto devo lavorare anch'io.

Ho lasciato comunque la mia ombra a prendersi cura di te, come avevamo deciso ieri sera.

Mia piccola Micol, con te al mio fianco tutti i miei sogni hanno preso vita.

Stephen

Ps. Scusa se non me la sono sentita di parlare con te di quello che mi hai fatto leggere. D'altro canto tu hai avuto otto anni per metabolizzare il tutto e a me non bastano poche ore per accettare il fatto che qualcuno ha toccato qualcosa di mio nel peggiore dei modi. Mi domando se a volte sia meglio non sapere...

Ripiegai il biglietto e lo nascosi sotto il cuscino, ridacchiando per la metafora che aveva usato. La traduzione del messaggio era: non pensare di mettere in atto folli piani perché ti tengo d'occhio.

L'ultima parte comunque era riuscita a spazzar via la sensazione di solitudine che avevo provato appena sveglia, perciò mi sorpresi a canticchiare tra me e me mentre scartavo avida il sacchetto marrone. Il profumo che ne usciva era un indizio abbastanza evidente di cosa avrei trovato. Affamata, divorai la brioche facendo cadere lo zucchero a velo sulle lenzuola e poi corsi in bagno a fare la doccia. Lasciai scorrere l'acqua fredda per una buona mezzora prima di decidermi a scendere di sotto per preparare il caffè.

Non avevo guardato l'ora ma a giudicare dalla posizione del sole doveva essere quasi mezzogiorno, perciò non mi restava molto tempo prima dell'inizio del mio turno a lavoro. Speravo solo che Trevis avesse effettivamente trovato il tempo di andare a recuperare la mia auto perché non avevo nessuna voglia di chiedere un passaggio al Signor Robert. Escludendo Stephen, avevo ancora serie difficoltà a ritrovarmi in un posto ristretto con un uomo che conoscevo a malapena. Non che avessi qualche dubbio sul mio capo, ovviamente. Era sui miei nervi che ne avevo.

Tornai in camera a cambiarmi e ad aggiornare il capitolo venti del mio libro. Feci due lavatrici, cambiai le lenzuola al letto, mandai un e-mail alla nonna per accertarmi che fosse passata a prendere la pensione ma ad un certo punto esaurii tutte le cose da fare. Stavo per prendere in considerazione l'idea di andare a lavoro a piedi, dal momento che mancava solo un'ora all'inizio del mio turno, quando sentii bussare alla porta. Mi affacciai alla finestra e vidi la mia auto parcheggiata al solito posto. Con un sospiro di sollievo andai di corsa ad aprire, certa di trovare Trevis. Invece sotto la veranda non c'era lui ad aspettarmi.

Ero sorpresa. "Ciao. Che ci fai qua?".

Alex mi squadrò col suo solito irritante modo di fare.

"Non chiami mai, così sono passato a vedere se eri ancora viva". Sorrise ironico. "La finestra è ancora intera, grazie a Dio".

Roteai gli occhi. "Entra".

Il suo sorriso aumentò. "Con molto piacere".

Mi seguì in cucina e si appoggiò alla mensola delle spezie, guardandomi in silenzio. Per vincere l'imbarazzo avevo deciso di tenermi occupata lavando i piatti della colazione, cosa che di solito odiavo fare perché a lavoro mi toccava già farlo per ore intere. Per un po' si sentì solo il rumore della spugnetta che strofinavo contro la porcellana. Sapevo di dover dire qualcosa e scelsi la cosa più ovvia da dire:

La libertà più grandeDove le storie prendono vita. Scoprilo ora