SEI IN DEBITO CON ME

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Il mattino successivo mi alzai molto tardi dovendo cominciare il turno solo alle sei del pomeriggio. Stavo bevendo una tazza di caffè seduta al tavolo della cucina, la mamma era impegnata a pulire l'interno del forno, quando suonò il telefono e andò a rispondere, imprecando a denti stretti per essere stata interrotta.

"Pronto?", disse in tono secco, come se una telefonata fosse stata l'ultima cosa sulla terra che desiderava. Si era infilata il cordless tra l'orecchio e il mento, potendo così continuare ad avere le mani libere e proseguire il suo lavoro.

"Oh, salve Signor Craoge...".

Il caffè mi andò di traverso.

"No, ero qui con Micol che si è appena alzata... sì, sì, ha trovato un bel posto di lavoro e ha riallacciato un po' di vecchie amicizie".

Fingevo di essere distratta mentre in realtà non mi perdevo una singola sillaba. A quanto pareva mia madre e quella specie di psicologo si tenevano in contatto. Avrei dato non so cosa per scoprire cosa si fossero detti nei giorni precedenti, alle mie spalle.

"Non c'è alcun problema", ridacchiò tesa, lanciandomi un'occhiata di sottecchi per controllare se ero ancora seduta attorno al tavolo. "Aspetti un momento che vado... vado a vedere... una cosa".

Sollevai un sopracciglio, seguendola con lo sguardo mentre lasciava la cucina e socchiudeva la porta. Non me la dava a bere. Cos'è? Sperava forse che fossi così ingenua da non capire che se ne era andata apposta?

Appiccicai l'orecchio alla porta e mi misi in ascolto, sforzandomi di ricollegarmi al loro discorso.

"Certo, certo, è migliorata rispetto ai primi giorni", parlava in un sussurro e faticavo a recepire ogni parola.

"Non saprei. Non so che fare. Mi sento così impotente. Mia figlia non c'è... capisce? Non è mai del tutto presente. Quando la guardo la vedo come sbiadire lentamente, disperdersi nell'aria come uno spettro".

Silenzio.

"Ma no, assolutamente. Mangia tutti i giorni, chiacchiera con noi, ora lavora persino. Ma è... vuota. Dentro di lei non c'è rimasto nulla. Dovrebbe guardarla sorridere: è lo spettacolo più straziante che si possa vedere. E' come se ad ogni sorriso una parte di lei si spezzasse. La mia bambina è...".

Cominciò a singhiozzare e divenne impossibile capire il resto della frase.

"... a volte la sento urlare, sì, soprattutto la notte, quando è sola. Durante il giorno cerca di mentire, come le ho detto, sorridendo in continuazione. Ma mi sono accorta che basta un minimo pretesto, un minimo rumore fuori dal comune per farla scattare. E allora ecco che comincia a urlare di nuovo. Non lo fa mai davanti a noi, ovviamente. A volte la sera, io e mio marito ci sediamo davanti alla porta della sua camera e ascoltiamo in silenzio quello strazio, tutte quelle grida. E'... un modo come un altro di starle vicino".

Seguì una lunga pausa ed io mi sentii attraversata da un fremito. Ero stata fin troppo ottimista nel sperare di preservarli da ciò che provavo.

"Quando vorrà vederla?".

Drizzai le orecchie, come se avessi una qualche speranza di sentire la risposta dall'altra parte della cornetta.

Altra lunghissima pausa. Pensai che avesse terminato la telefonata perciò corsi a rimettermi sulla sedia e aprii una confezione di brioche, in modo che rientrando mi avrebbe trovata occupata in qualcosa. Rientrò, e come avevo immaginato lasciò subito cadere lo sguardo sulla brioche che avevo appena cominciato a mangiucchiare.

"Tutto bene?", chiesi. Avevo deciso di metterla in difficoltà. Una piccola rivalsa per avermi taciuto le sue telefonate con quel dottore.

Mi inviò un sorriso. Se non avessi spiato la telefonata avrei potuto giurare che fosse un sorriso vero.

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