Capitolo 9 - Sogni infranti

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Un'atroce paura l'attanagliava. Si sedette per terra perché era sicura che entro breve le sarebbe caduto il pacchetto dalle mani. Respirò profondamente quattro o cinque volte prima di prendere il coraggio necessario.
Lo aprì e nel farlo soffocò un rumoroso singhiozzo che le si creò in gola nel vedere la sua lettera.
Ancora sigillata.
A pezzi.
Così era anche il suo cuore, si era gonfiato fino a scoppiare come un palloncino e disperdendo minuscole schegge di vetro come quando si frantuma un cristallo nel toccare il pavimento. Tutte queste si erano conficcate in tutto il suo corpo, procurandole dolore e facendola piangere, annegandole gli occhi in un fiume di lacrime.
Con mano tremante prese il biglietto appoggiato sull'orologio e lesse:

Tieniti i tuoi regali, non servono per riparare tutto il male che mi hai fatto. Quello che c'è stato tra noi l'hai distrutto per sempre con la tua malvagità.

Il pianto si fece più forte fino a che le sue mani non lasciarono andare la scatola, che si rovesciò sulla sua gonna, mentre lei si lasciava cadere all'indietro sdraiandosi a terra. Si rannicchiò su un fianco incurante di dove potesse finire il pacchetto, non le importava, non le importava più di nulla. L'unica cosa che avrebbe voluto era non averlo mai aperto, non aver mai dovuto tradire la fiducia di Raimundo. Ora la sua vita non aveva davvero più senso, non si era nemmeno scomodato per leggere la sua lettera. La odiava così tanto? Si meritava tanto disprezzo? Perché si ostinava a non volerla ascoltare? Tutto l'amore che diceva di provare per lei ora dov'era? Troppe domande la tormentavano, troppe parole la ferivano ed era troppo debole per sopportarle perciò rimase per qualche minuto in trance, con le lacrime che le rigavano le guance in un pianto muto. Dopo un po' sentì una libellula appoggiarsi sulla mano che era distesa davanti a lei, ritornò alla realtà e la scrutò per alcuni secondi. Era bellissima, blu, come quelle che le regalava lui. Cosa le voleva dire? Non poteva di certo essere una coincidenza visto che era oltre la metà di dicembre e in questo periodo erano rarissime!
"Forse mi rimane un'ultima possibilità!" - pensò, allora corse in casa decisa a prendere borsa e cappello per andare da lui - "Francisca! Dove corri?" - Possibile che la fermasse sempre in questi momenti? - "Ho bisogno di aria, vado a passeggiare"

"Aspetta, prima avrei bisogno del tuo aiuto per controllare dei conti" - mentì, ma si poteva inventare qualsiasi cosa pur di non farla andare da lui. Tutto pur di non farli stare insieme, di renderla infelice.

"No zia... Devo andare"

"Voltati Francisca, abbi il coraggio di guardarmi negli occhi e negare che stai andando da lui!" - si asciugò i resti delle lacrime che aveva versato poco prima e si girò, pronta a negare l'evidenza.

"Non vado da lui, voglio semplicemente camminare in riva al fiume" - disse seria, ma Eulalia si avvicinò a lei pericolosamente e le chiese - "Questi occhi lucidi a cosa sono dovuti? Non dirmi che sei allergica al sole..." - Francisca provò a ribattere ma lei glielo impedì - "Se vuoi fare solo una passeggiata la potrai fare anche più tardi, ora seguimi."

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Con l'arrivo della sera, la temperatura era calata molto ed il cielo si era ricoperto di nuvole. Raimundo lo guardava assorto e sentiva il freddo pungente colpirgli il volto. A tratti si tormentava chiedendosi se avrebbe dovuto leggere la lettera, se avrebbe dovuto essere meno impulsivo nel scrivere quel biglietto. Come avrà reagito? Solo con il pensarla in lacrime gli si stringeva il cuore, non aveva mai sopportato vederla soffrire. Secondi dopo, però, si convinceva del fatto che aveva fatto la cosa giusta, in fondo lei aveva giocato con i suoi sentimenti, con i suoi sogni; lo aveva tenuto buono per mesi facendogli credere che lo amava e invece i suoi baci e le sue attenzioni erano solo bugie per approfittarsi di lui. Era sulla porta della locanda e aveva le mani nelle tasche dei pantaloni, lo rilassava.... O no?

"Tesoro, cosa fai qui da solo?" - gli chiese Francisca trovandolo in giardino a contemplare il cielo con le mani in tasca

"Niente..."

"Come niente?" - insistette sorridendo e mantenendo un tono di voce molto dolce. Non ricevendo risposta si avvicinò a lui accarezzandogli la schiena fino ad abbracciarlo facendo passare le sue mani tra le braccia e il busto di lui cercando il calore del suo petto con esse.

"Guardavo le stelle. Passiamo troppo tempo a preoccuparci di tante cose, a lamentarci per ciò che non abbiamo e non sappiamo apprezzare quelle piccole meraviglie che ci circondano. Guardale, guarda quante sono..."

"Tante come il nostro amore" - si voltò verso di lei e le regalò un tenero sorriso tenendola stretta a sé dalla vita - "Sai che sei ancora più bella illuminata da loro"

"Anche tu" - appoggiò le sue mani sul suo petto e tirando dolcemente i lembi della giacca lo avvicinò a sé e lo baciò. Un bacio lento, tenero, delizioso.

Sì, lo rilassava ma ricordando questi momenti non poteva evitare che una lacrima ribelle gli facesse brillare gli occhi.

"Padre cosa fate qui?"

"Figlia.."

"State bene?"

"Sì, stavo solo pensando"

"Ora venite dentro però, o vi ammalerete. Questo cielo minaccia neve"

Senza di te, non riesco a vivere.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora