Flashback

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"Era una fredda domenica mattina di gennaio. Contrariamente a quanto molti pensano, anche in India arriva il freddo, soprattutto al Nord, dove sono nato io. Un freddo così umido che si formano dei fitti nebbioni. Lavoravo dal lunedì al sabato, quindi il mio unico giorno di riposo, la domenica, per me era sacro!"

Vedo Amanbir scomparire nei suoi pensieri, inghiottito dai ricordi. 

Sospira e come se fosse stato catapultato indietro nel tempo, ci fa rivivere il racconto come se fosse accaduto oggi:

"Finalmente domenica. Avevo in programma di restare a letto fino a tardi stamattina, ma il coro di voci provenienti dalla moschea musulmana accanto a casa nostra mi ha svegliato alle sei del mattino. Noto con gioia che la casa è piena del profumo di aloo paratha, il goloso pane ripieno di patate che mia sorella sa essere la mia colazione preferita! Prima che possa alzarmi sento bussare alla porta.

"Amanbir, sei sveglio? La colazione è pronta!"

Non mi lascia il tempo di rispondere che si fa strada in camera e appoggia sul letto un vassoio ospitante un piatto trasbordante di una quantità di aloo paratha sufficiente a sfamare un esercito e una fumante tazza di masala chai, il tè indiano alle spezie.

"Allora fratello, che programmi hai per la giornata?"

"A dire il vero non pensavo di alzarmi per almeno un'altra ora!"

"Oh dai per favore! Ho bisogno che mi accompagni al mercato e poi tra non molto arriverà Latika coi bambini!"

Non finisce nemmeno la frase che vedo le due piccole pesti correre sul mio letto, seguiti a distanza dalla loro madre. 

"Buongiorno zio! Facciamo un gioco!"

"Bambini per favore un po' di pietà per un povero lavoratore. La domenica è l'unico giorno che ho per riposare!"

"Ed è anche l'unico giorno che hai per stare con la tua famiglia" - mi incalza Latika con il solito tono da sorella maggiore, mescolato alla scontrosità che la caratterizza per pura genetica. Ringrazio ogni giorno il cielo di aver preso dall'altro lato della famiglia.

Decido di non cogliere la provocazione e mi siedo sul letto con la schiena appoggiata alla testiera e le gambe stese, dove posso adagiare il vassoio con la mia colazione preferita. I bambini mi guardano imploranti in attesa che condivida il mio tesoro con loro e mi riempiono di baci quando gli porgo il pane e condivido con loro il mio tè.

"Dove sono i nostri genitori?" - chiedo alle mie sorelle che si sono già accomodate intorno a me sul letto, come se fosse la cosa più naturale di questo mondo interrompere il riposo del loro fratello.

"Ma come non ti ricordi? Oggi partivano per New Delhi per sbrigare quella faccenda dei documenti per conto di nostro cugino"

"Ah già è vero. Questa settimana ho avuto così tante cose per la testa, che mi è passato completamente di mente". Nessuno sa ancora della mia situazione a lavoro e della minaccia di chiusura della ditta. Ma non voglio guastare la domenica di festa. Ci sarà tempo per parlarne.

Tutti raccolti sul letto della mia stanza, che è ormai diventato, come ogni domenica, il punto di ritrovo familiare, continuiamo a chiacchierare piacevolmente di cose senza importanza, tra risate e alzate di voce, finché la nostra attenzione viene richiamata dalla porta che si apre. Restiamo un attimo in silenzio aspettandoci di sentire la voce del marito di Latika che annuncia il suo arrivo, ma con nostra sorpresa non è la sua voce quella che sentiamo, ma quella dei nostri genitori.

Dovrebbero già essere sul treno per Delhi a quest'ora. Mi alzo per andargli incontro e chiedere cosa sia successo, ma mi blocco dietro la porta avvertendo una voce sconosciuta. Una voce femminile che non parla la nostra lingua. Parla solo inglese. Anche se dall'accento non mi sembra né americana né britannica.

"Per favore siediti" dice mio padre rivolto alla voce sconosciuta nel suo povero inglese.

"Oh grazie. Grazie. Davvero non so come ringraziarvi"

L'ha fatta accomodare nell'altra stanza dove troneggia un divano di legno di fronte a una vecchia televisione. Stanza che non usiamo mai, se non per gli ospiti.

D'improvviso mia madre spalanca la porta della mia stanza. Riesco a pelo a scansarmi per non esserne colpito. Mi guarda negli occhi, probabilmente domandandosi che ci facessi dietro alla porta, poi rivolta a tutti noi, un pò ansiosa, ci dice:

"Ragazzi presto datevi una sistemata. Abbiamo un ospite. È una gori (una bianca). British. Ah Amanbir, per la tua felicità, ha gli occhi azzurri!"









Come acqua tra le maniDove le storie prendono vita. Scoprilo ora