Cerco una posizione comoda rigirandomi tra le lenzuola. Fisso il soffitto bianco e porto un braccio sulla fronte. Sposto una mano nello spazio vuoto accanto a me.
Quando andò via, cambiai appartamento. Non riuscivo a restare in quella che un tempo era stata casa nostra. Dentro quelle mura ci sono così tanti ricordi che rendevano la sua assenza una presenza costante. C'era il divano dove passavamo intere serate a guardare la televisione; la panca sotto la finestra dove spesso leggevo, e lui sulla poltrona a farmi compagnia nella lettura, spesso ad alta voce, leggevamo i versi o le frasi che più ci piacevano; il parquet che aveva sopportato tutti quei balli lenti che mi costringeva a fare sulle note di qualche canzone strappalacrime; il letto dove avevamo fatto l'amore, o dove avevamo passato notti insonni a parlare di progetti, o notti dove l'uno con le spalle all'altro non ci rivolgevamo la parola per via di un litigio.
Non potevo restare lì.Mi alzo e avanzo verso la camera di Faith. Ha la pancia contro il materasso e la bocca semiaperta. È uguale a lui. I ricci, gli occhi chiari, l'espressione imbronciata, il modo di dormire, le fossette sulle guance.
Non avevo preso una decisione riguardo domani; qualunque fosse stata la scelta, non potevo coinvolgere Faith.
Un papà non arriva un giorno qualunque, dopo tre anni di lontananza, e pretendere di vedere sua figlia.
Andrà via di nuovo. E vedere uno sconosciuto e chiamarlo papà, senza aver mai condiviso qualcosa, e poi vederlo riandare via, a quale scopo?Mi sono promessa ogni giorno della mia vita che niente e nessuno le avrebbe fatto del male, lui compreso.
Lei non dovrà mai conoscerlo."Qui c'è la merenda nel caso ha fame durante la mattinata." indico un cestino sul tavolo. "E sul letto in camera trovi i vestiti di ricambio." Bethany rotea gli occhi.
"Faccio la baby sitter a Faith da due anni e mezzo, mica da ieri. E vorrei ricordati che se continuerai con le tue paranoie, farai tardi a lavoro." poggia una mano sulla mia spalla.
Mi volto verso Faith, intenta a vedere la televisione sul divano. Abbasso velocemente la testa per tornare a fissare Bethany. Annuisco sorridendo. Prendo la borsa.
"Fa la brava." Le bacio la nuca. "Ti prometto che quando torno, ti porterò una sorpresa." sposto i ricci dalla sua fronte. Porta le piccole braccia intorno al mio collo, baciandomi la guancia.
"Ti voglio bene mamma." sorride dolcemente, mostrando due fossette sulle guance. Le sorrido scompigliandole i capelli e dopo averle baciato la nuca, vado via.
Sono le dieci. E ancora non ho preso una decisione. Ho due occhiaie che fanno invidia alle borse della Prada. Mi infilo in auto e vado verso la biblioteca. Stranamente oggi non c'è traffico e neanche la pioggia. Parcheggio l'auto e mi fermo in un bar non distante dalla biblioteca. Prendo un caffè per svegliarmi. La mia mente non smette di pensare a quel fatidico incontro. Massaggio le tempie e cerco di mantenermi sveglia. Devo smetterla di fasciarmi la testa con decisioni inutili.
Sono le dieci e mezza. Roger ancora non arriva in biblioteca. Manca solo mezz'ora alle undici. Cerco di tenermi occupata leggendo qualche romanzo, ma neanche Dorian Gray riesce a coinvolgermi. Sento il campanellino in cima alla porta d'ingresso suonare alla sua apertura. Continuo a leggere senza far caso chi sia. Sento le palpebre pesanti, gli occhi sembrano chiudersi da un momento all'altro. Chiudo il libro e mi dirigo verso lo stanzino del personale. Verso un po' d'acqua e bevo velocemente. Massaggio le palpebre con l'indice. Se il suo obiettivo era non farmi dormire, c'era riuscito.
Quando torno di là, vedo un uomo con un cappotto nero, di spalle, sfogliare un libro lentamente. Non ho sentito il campanellino suonare, quindi presumo sia il tizio di prima.
Fisso l'orologio. Undici. Non andrò, decisione stabilita.
Roger tarda ad arrivare, inizio a preoccuparmi. Decido di chiamarlo.
"Salve.."
"Oh Roger.."
"Sono Roger, al momento non sono disponibile, lasciate un messaggio e richiamerò." stupida segreteria. Riaggancio, lanciando il cellulare in borsa. Sbuffo rumorosamente.
Lo sconosciuto è fermo lì da un bel po'. Lo fisso cercando di vederlo in volto, ma resta immobile, dandomi le spalle.
"Se ha bisogno d'aiuto, chieda pure.." esclamo, cercando di attirare la sua attenzione. Non si volta, non risponde neanche. Che strana persona. Forse è sordo.
Ad un tratto scatta in avanti, poggia il libro sul tavolo e avanza scomparendo lungo gli ultimi scaffali. Decido di restare ferma, dietro il bancone. I film horror mi hanno insegnato che seguire la curiosità non porta bene.
Undici e un quarto. Starà ancora lì ad aspettarmi? Forse si, forse no. Ho aspettato tre anni, e qualche ora d'attesa, non li farà male.
Un rumore lungo il corridoio centrale mi riporta alla realtà. Mi alzo e cammino lenta guardandomi intorno.
"Va tutto bene?" intimorita giro l'angolo. Un mucchio di libri a terra. Sento il campanellino suonare e la porta chiudersi. Corro verso l'ingresso e vedo quell'uomo mischiarsi nella mischia.
"Ehi.." urlo, ondeggiando la mano. Avanzo cercando di raggiungerlo. Lo tengo d'occhio per un po', finché non scompare tra folla caotica.
Torno indietro in biblioteca. È incustodita, penso tra me, invece trovo Roger sulla soglia della porta fumare una sigaretta. Stringe gli occhi mentre aspira e una nuvoletta grigia circonda lo spazio intorno a lui.
"Roger." esclamo stupita. "Ho provato a chiamarti ma è scattata la segreteria." spiego frettolosamente. Resto in piedi di fronte a lui. "È successo qualcosa?" preoccupata corruccio la fronte.
"E a te?" risponde, gettando il mozzicone oltre il marciapiede. Sospiro, abbassando la testa. "Ho visto Harry questa mattina."
Spalanco gli occhi. "E lo hai visto anche tu, poco fa.." spiega calmo.
"Lo sconosciuto?" indico dietro di me la direzione in cui si è diretto. Annuisce lento.
"Sapeva non saresti andata. Mi ha spiegato dell'incontro." spinge la porta d'ingresso. "Così ha deciso di venire qui."
Cerco di realizzare quel che sta dicendo. Harry è venuto qui. Non poteva essere lui. Mi sento le gambe cedere e un senso di nausea salire. Muovo veloce le dita delle mani cercando di formulare qualcosa di sensato.
"Per quanto tu possa evitarlo, lui farà di tutto per vedervi." spiega.
"Faith non dovrà mai vederlo. Non può pretendere di venire qui e iniziare a fare il padre, dopo tre anni di menefreghismo." modulo la voce, cercando di non scontare la mia rabbia su Roger.
"Non andrà via. Resterà qui." dice serio. "Ha deciso di ricominciare da capo. Mi ha raccontato quel che è successo in questi anni. È finita per davvero."
Mi sento a metà tra sorpresa e paura. Non passano a vita migliore quelli come lui, dopo un vissuto di merda.
"Non significa che noi ne faremo parte. Non ho intenzione di rivivere tutto. È andato via una volta, chi mi dice che non lo farà di nuovo?" volto le spalle a Roger e vado a mettere a posto i libri che ha buttato a terra.
Appena arrivato e già mette tutto in disordine.
"Liz, qualsiasi cosa tu decida, io sono con te." posa una mano sulla mia spalla.
La stringo e poggio la fronte sul suo petto.Non posso permettermi di buttare via questi anni. Non posso distruggere l'indifferenza che ho costruito a fatica. Avrei voglia di urlare. Ma non riesco ad emettere alcun suono. Sin da quando l'ho conosciuto non ha fatto altro che portare scompiglio. Ma la cosa che mi fa più rabbia è che se potessi tornare indietro, non so se cambierei qualcosa o meno. Mi ha fatto del male e anche io gliene ho fatto. Ho speso gli ultimi anni della mia vita nel peggiore dei modi:sbalzi d'umore, notti insonni, pianti soffocati. Ho cresciuto una figlia da sola e continuerò sola. Ho altro a cui pensare; i capricci di un latitante che si sveglia una mattina e decide di prendere in mano la sua vita non voglio sentirli.

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Criminal |Harry Styles|
Fanfiction"Nessuno ti farà del male finché starai con me." Non ne esci da queste storie.