Bentornati (Cap. 6)

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I polmoni respiravano polvere da sparo, bruciavano, come gli occhi che non volevano smettere di lacrimare a causa del vento freddo.
Le gambe tremavano, le braccia con qualche spasmo coprivano il viso sudato pieno di vergogna.
Nella testa solo immagini oscene in cui il freddo metallo lacerava le calde membra di Francesco e Lucia.
Vedevo il ghigno malvagio di chiunque stesse maneggiando con sicurezza gli strumenti appuntiti che si inarcava ancora di più quando le vittime indifese urlavano; oppure volti impassibili infliggere atroci sofferenze come fossero attività quotidiane; ancora tutto veniva coperto dai grotteschi rumori che i macchinari producevano mentre rompevano le ossa di corpi inermi.
Una volta che fummo lontani dal liceo grazie a una corsa disperata, conclusasi non perché ci si sentisse al sicuro ma per il semplice fatto che i polmoni reclamavano ossigeno, Sanders spiegò a Minus quello che era successo, lui ascoltava serio, inflessibile.
"Domani dobbiamo vederci" disse Monika fissando le bandiere del liceo che si vedevano in lontananza.
Già...non era finita, ciò che ci era successo ci avrebbe segnato per sempre.
Io e Mirko arrivammo a casa mia in meno di mezz'ora, non parlammo durante il percorso. Mia madre aprí con un sorriso stanco, "Bentornati ragazzi, andate a letto che è tardi, il tuo materasso è già pronto Mirko, com'è andata in centro?".
In camera ne io ne Mirko avevamo voglia di dormire, troppi pensieri nella mente, poi mi guardò con un sorriso tirato e disse "Monika se n'è andata con Sanders, secondo te stanno insieme quei due?".
Dopo tutto quello che era successo una domanda del genere....
Risi, risi di gusto, con spensieratezza; in quel momento grazie a quel mio caro amico riuscii a non pensare (anche se per pochi istanti) a Francesco e Lucia o all'Istituto.
Prima che ci addormentassimo Mirko mi chiese con un filo di voce "Dobbiamo tornare vero?", non risposi.

Era una domenica mattina particolarmente fredda, ci incontrammo in un parchetto nei pressi di casa mia, eravamo soli.
Monika come sempre prese in mano la situazione: "Se qualcuno non vuole venire lo dica adesso, a costo di andare da sola io tornerò laggiù".
Tremava ma in quegli occhi di ghiaccio vedevo sicurezza, mentirei se dicessi che sarei tornato in quel luogo raccapricciante senza ripensamenti, non ero convinto e forse se neanche gli altri (o perlomeno Monika) non fossero stati così sicuri, forse, avrei abbandonato Francesco e Lucia; Monika si accorse che ero perso nel vuoto, mi schioccó le dita davanti e nel fare quel gesto notai le cicatrici sui polsi... Era da un mese che non vedevo quei segni su di lei, non dissi nulla.
Sanders cominció a parlare (per quanto lo odiassi l'idea che quel gigante venisse con noi mi dava sicurezza), disse di portare torcie, fiammiferi, accendini, qualsiasi cosa potesse far luce; Monika invece andò dritta al punto, "Qualcosa per difenderci... Coltelli...Qualsiasi cosa". Scartata l'idea della polizia Minus che fino a quel momento non aveva detto nulla prese la parola, "Ragazzi ieri sera ho cercato su internet qualcosa sulla scuola...", che idiota che sono stato, non ho pensato al perché c'era una specie di manicomio sotto le fondamenta della scuola, quell'inetto di Minus invece (forse perché il più lucido di noi) ci era arrivato.
Proseguí "Durante la costruzione dell'edificio nel 1980 ci furono delle irregolarità burocratiche, il direttore del cantiere fece costruire sotto le fondamenta dell'Istituto una vasta area grande quasi 4 volte la scuola stessa poi con 5 operai si dice che sia sceso in quell'abisso e abbia scavato ancora", fece una pausa, sospiró "Quei 5 operai morirono in strane circostanze a distanza di pochi mesi, e il direttore scomparve".
Fissó Monika e riprese a parlare "il direttore si chiamava Cosimo Selli...".
"Mio nonno..." mormoró lei, "Sono più di 15 anni che è scomparso, io ho pochi ricordi di lui e mi madre non ne parla volentieri ma sapevo che c'entrava qualcosa con la costruzione della scuola, scomparí poco dopo la morte di mio zio, fu un anno duro per la mia famiglia". Pensai alla mia famiglia... non li avvertii neanche che *avrei fatto tardi* quella sera.

Stava diventando buio, vedevo la luna presa d'assalto da grosse nubi grigie e la luce che filtrava dalle finestre dell'auditorium si faceva sempre più rada. Stavolta certo che non avrei più visto la luce mi gettai nel buio.
Minus, Monika e Mirko armati di coltelli e altri utensili di fortuna erano dietro di me e Sanders rispettivamente equipaggiati con mazza da baseball di metallo e un grosso martello (più che un martello per i chiodi ricordava una mazza per abbattere muri).
Con le torcie arrivammo subito davanti alla porticina di legno marcio, con qualche fremito Sanders aprí lentamente la porta, una scritta fatta col sangue ricopriva le pareti, recitava:

Bentornati

Monika non c'è Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora