"Voi non dovevate entrare nell'Istituto, senza un obbiettivo non si può sopravvivere al mondo, questo mondo che ci divora lentamente,ma con una speranza si può almeno rischiare di farcela...Prego, stupitemi, dimostratemi che c'è un motivo se siete qui...".
Le labbra erano secche, le gambe tremavano, mi ero addentrato in questo inferno essendomi già arreso, non sarei mai riuscito ad uscirne.
Monika fece un passo avanti, abbozzó un sorriso e cominció a parlare, quello che disse mi avrebbe cambiato per sempre: "Era l'inverno di 2 anni fa, era un sabato sera come un altro, stavo tornando a casa, era buio e faceva molto freddo, non c'era nessuno per strada...O almeno così credevo" fece una pausa e una lunga lacrima bollente le rigó il volto.
"Ero quasi arrivata a casa, dietro di me la luce fredda di un lampione illuminava un uomo con un grosso cappotto nero, quando lo vidi mi spaventai, ebbi paura e cominciai a correre, non ero certa delle sue intenzioni, in realtà non ero neanche certa di averlo visto ma siamo in un mondo violento e carnale, non si sa mai" cominció a singhiozzare, grosse lacrime cadevano sul pavimento polveroso.
"Mi picchió, mi picchió forte, con la rabbia dei disperati, poi mi violentó, dopo mi picchió ancora, mi lasció sul marciapiede priva di sensi in una pozza di sangue".
Io non lo sapevo, io non lo sospettavo neanche, quegli occhi avevano visto cose che li avevano resi di ghiaccio.
"Ogni calcio, ogni percossa, ogni pugno mi risvegliava dal torpore che avevo, che il mondo aveva creato intorno a me, ciò che vedevo prima era falso, era un'illusione, facevo quello che dovevo fare: scuola, amici e tutto il resto ma mi sbagliavo, ero diventata schiava delle circostanze".
Rispondere alla disperazione con la volontà umana, al diavolo tutto, se le cose non vanno le puoi cambiare...Mi alzai lentamente.
"Non è questione di speranza, è questione di aggredire il mondo, di fare una scelta, l'uomo col cappotto nero era il simbolo della schiavitù, non mi picchiava perché voleva farlo ma perché doveva farlo".
Noi volevamo entrare...
"Lei vuole sapere perché siamo entrati qui, io le dico che volevamo entrare, non perché era giusto, non perché dovevamo ma perché volevamo, avremmo potuto chiamare la polizia, chiedere aiuto...No, noi volevamo entrare, noi volevamo vivere".
Io volevo vivere.
La vecchia sorrise "il reparto prima di quello della vostra amica è vuoto, la raggiungerete in pochi minuti".
Ci allontanammo senza parlare, fummo subito davanti al portone, fermai la mano di Monika prima che girasse il pomello, era freddissima, mi guardò con quei suoi occhi di ghiaccio.
"Credi che ci abbia mentito?" le chiesi, sorrise, con un sorriso tirato, e rispose "Non mi importa" e si addentró nell'ennesimo corridoio buio.
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Monika non c'è
HorrorTop100 horror 2019 L'agghiacciante storia di un gruppo di studenti che scopre le verità nascoste sull' istituto statale che frequenta, la scuola conosciuta come -L'Istituto dei Pazzi-.