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27 giugno 1914

La mattina uscii con Marabella per andare a comprare un vestito per il ricevimento del giorno dopo, anche io volevo fare colpo su di lui come lui aveva fatto colpo su di me. Andammo da Valerie, una delle più prestigiose boutique della città e scelsi un abito stile principesco, senza spalline, stretto sul seno da una fascia nera, e la gonna ricoperta da balze. Il tessuto era giallo vaniglia, ricoperto da svariati strati di seta di diversi colori: verdini,  neri, bianchi e come tocco di classe, la gonna si raggruppava al lato, con un fiore giallo. Chissà cosa avrebbe detto lui se fosse stato lì? Gli sarebbe piaciuto? Avrebbe approvato? In quelle ultime ore non riuscivo che a pensare a lui, re indiscusso di tutti i miei pensieri.

Il resto della mattinata e il pranzo trascorse tranquillo tra chiacchiere e spettegolate con le domestiche, e lui regnava sempre sovrano così per distrarmi, verso le quattro, chiesi ad August, uno dei più fedeli servi di mio padre, di prepararmi la mia destriera per andare a cavalcare. Appena pronta, mi feci aiutare a salire e battei i talloni per spronare Astrid al galoppo. Di solito andavo nel bosco, per sentieri non tracciati, per sentire aria di libertà, di pace, di spensieratezza, cosa che tuttavia io ero. Quel giorno però andai verso il lago, attratta da quel posto per una ragione sconosciuta. Mi piaceva andare al lago soprattutto in piena estate o pieno inverno, quando o la luce del sole o la neve trasformava quei luoghi in posti al confine tra realtà e fantasia. Poco prima di arrivare, sentii due risate, una maschile leggermente familiare, l'altra cristallina e limpida come l'acqua di ragazza. Smontai da cavallo e mi diressi in silenzio ai margini dell'ombra del bosco, per vedere chi fossero con una morsa alla gola che mi impediva di respirare regolarmente. Da dove ero io, potevo vedere la testa mora di una ragazza, ben vestita, seduta ai piedi del lago e affianco...lui, semplicemente lui che le teneva la mano e la guardava come se fosse l'unica cosa bella al mondo, come se fosse...innamorato. Cosa credevo? Questa domanda mi sorse spontanea. Che in una sera sola gli sarebbe venuta voglia di conoscermi?! Come quando arriva il principe azzurro, ti bacia e vissero per sempre felici e contenti?! Perchè devo sempre convincermi di cose che non esistono? Possibile io sia così poco attenta a ciò che devo credere? Dovevo saperlo che lui era occupato, dovevo almeno immaginarlo, ma non mi era minimamente passato per la testa, e in quel momento ero delusa da me per essere stata io stessa così ingenua, io che mi lamentavo della stupidità degli altri, lo ero stata di più. Ed era possibile che con un solo incontro si potesse tenere già così tanto ad una persona? No, questa è solo speranza. La speranza di aver trovato forse qualcuno che mi potesse capire, e quando la speranza viene ferita la senti, un bicchiere che cade a terra e si frantuma in mille pezzi. Ritornai alla cavalla con un nuovo motto per la mia vita: la vita non è come le favole, qui i cattivi hanno la meglio e i buoni rimangono indietro, fregati dalla loro stessa bontà.
Dovevo riprendermi dall'ultima batosta presa, non potevo andare a casa in questo stato, dovevo prima ricostruire i muri crollati e ricominciare ad usare quella freddezza che avevo dopo la morte di mia madre. La speranza è una brutta bestia, per farla nascere ci vuole tempo e fatica, ma basta un nulla di fatto per distruggerla.

Rimasi in giro fino a poco prima di cena. Mio padre mi avrebbe uccisa, ma almeno ero riuscita a rimettere insieme un buon pezzo di armatura. Di fatti appena entrai in casa stanca e sporca, accorsero una cinquina di domestiche e mio padre che iniziò a tartassarmi di domande:
-Mio Dio, ma dove sei stata tutto questo tempo?! Che cosa ti è successo? Stai bene? Ti sei fatta qualcos...- 

- Sto bene, padre. Mi scuso infinitamente, ma non mi ero resa conto dell'ora mentre cavalcavo. Sto bene, sono solo stanca e sporca.-

Lui sospirò bonario e disse rivolto alle domestiche:
- Preparate un bagno per Jennifer.- poi si rivolse a me e disse:- Per questa volta te la faccio passare liscia, ma che non succeda un'altra volta, chiaro? Mi hai fatto quasi venire un infarto per la preoccupazione!- poi mi abbracciò e mi diede un bacio sulla fronte. Mi diressi in camera mia e il bagno mi aiutò ancora di più a riprendermi. Solo speranza di poter avere un amico che mi capisse in frantumi. Solo quella. Solo quella eh?

Nella foto: Jaime

Non arrendersi mai {IN REVISIONE}Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora