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29 giugno 1914

Mi svegliai sentendo dei rumori di voci concitate provenienti dal piano di sotto, così ancora mezza addormentata uscii di soppiatto ancora in vestaglia da notte per capire meglio.  Percepii soltanto alcune parole di tutto il discorso: folle, impossibile, non ci credo, l'avevo detto, è sicuro... non capivo il nesso del discorso così rinunciai e mi ripromisi di chiedere tutto più tardi a mio padre. Avevo una strana sensazione al petto, come un macigno di pietra che era pronto a schiacciarmi, ma ancora mezza nel mondo dei sogni, non ne ricordavo il motivo. Ritornai in camera e scorsi l'ora: le sei di mattina. Ma questi sono matti se fanno riunioni addirittura alle sei della mattina! pensai.  Mi rimisi a letto e provai ad addormentarmi di nuovo, del resto la sera prima, avevo fatto tardi. La sera prima. D'improvviso, la consapevolezza cadde su di me come una secchiata d'acqua gelida e capii subito cos'era quella pietra sul mio cuore. Lui non era venuto. LUI non era venuto. Stavo decisamente meglio da inconsapevole. Sospirai sconfitta dall'evidenza e feci ciao con la mano all'idea di dormire. Dovevo assolutamente imparare a non far entrare le persone così facilmente. Ero una pappamolle, ormai l'avevo capito. Tutti i miei propositi dei giorni prima, non devo farmi calpestare, non devo fare di qua, non sono di là, erano andati a farsi benedire e tanti saluti a tutti. Credevo di aver ricostruito mura, invece era tanto se ero riuscita a mettere quattro mattoni. Mi crogiolai per una mezz'oretta nell'autocommiserazione, poi riemersi nel mondo reale. Bhe, se non potevo uscire dal tunnel creato dal dolore, avrei per forza imparato a conviverci. Incominciai a ripetermi cose a cui non credevo minimamente, come: dai che non ti piaceva così tanto, non era un sentimento così profondo, non è vero questo, non è vero quell'altro. Continua così che forse prima o poi ci crederai anche tu Jennifer.

Scesi a fare colazione solo verso le dieci, dopo essermi fatta un bel bagno e una bella toeletta, riuscendo a mettere la mia solita maschera di compostezza. Intanto le voci erano cessate. Trovai mio padre, seduto sulla poltrona che dava sul giardino della villa, intento a guardare il nulla, stava pensando a qualcosa che lo angosciava, come lo dimostravano le sue mani chiuse a pugno sui braccioli della poltrona e il suo cipiglio concentrato. dimostrava di essere più vecchio dei suoi quarant'anni.  

-Padre, che succede?-  lui serrò la mascella e non diede segno di aver intenzione di rispondermi.   -Padre?-  A quel punto partì come una locomotiva.

- L'arciduca Francesco Ferdinando e sua moglie sono stati uccisi ieri da un giovane uomo riuscito a scappare. L'Austria non ha dato ancora segno di voler attaccare, ma i consiglieri di Sua Maestà stanno agendo, consigliandolo di aver finalmente l'occasione di attaccare e conquistare la Serbia e gli altri paesi balcanici. La guerra è alle porte, e se l'Austria viene attaccata saremo obbligati a mandare dei contadini in guerra ad ammazzarsi, perderemo una marea di gente, l'economia dell'Italia si abbasserà ancora ed andremo in banca rotta, verremo conquistati e tutto quello che abbiamo fatto per avere l'unificazione del regno andrà sprecato.-

- La mia mascella toccò terra e le mie sopracciglia il soffitto, poteva essere un'espressione comica, se non fosse stato per il contesto. 

-Che faremo?- chiesi tentennando.                   

-Aspetteremo, non possiamo fare niente altro, assolutamente niente altro.-  mi ritirai in camera dopo aver parlato un altro po' con mio padre. Okay, so che non è un'espressione da signorina, ma quando ci vuole, ci vuole: eravamo nella cacca fino al collo. Non c'era altro modo per definire questa situazione.

Preparai il cavallo per andare a fare un giro, stavolta nel bosco.  Non stavo prestando molta attenzione a dove andavamo, stavo solo seguendo un percorso lanciata al galoppo immersa più o meno in tutti i miei pensieri, cercando di far ordine tra tutte le cose che mi frullavano in testa, abituandomi sempre di più al dolore al petto.  Prima o poi sarebbe passato, o almeno ci speravo con la parte rimanente di cuore.-Ehi, signorina, fermatevi!- pensa come stai messa Jen, adesso immagini pure la sua voce... -Ehi, fermatevi!- grazie subconscio, tu si che sai come far smettere un dolore... - Jennifer!- ancora?! 

- Jennifer Marie Cavignano fermati!- e sentii il cavallo che si fermava bruscamente grazie a  delle mani che tiravano le redini...mani che non erano le mie! Il cavallo si impennò per la brusca frenata ed io mi aggrappai alla criniera per tenermi. 

-Ma sei matto?!- ancora non guardavo chi avesse frenato il mio cavallo infuriata come ero e continuai imperterrita a dirgliele di tutti i colori! Per la miseria, era un momento talmente bello, stavo immaginando la sua voce! E ti pareva che non ci si metteva uno sconosciuto!  

-Ma come vi siete permesso di fare questo?! Volevate ammazzarmi?! E non provate a dirmi di no! Giuro su tutto quello che vive e respira su questa terra che vi farò arres...- mi bloccai di colpo appena mi persi nei suoi magnetici occhi blu che in quel momento mi guardavano divertiti. Lo avevo insultato. Lo. Avevo. Insultato. Bhe, meglio così, tanto avevo già in programma di dirgliene quattro o anche venti.  

-Arres...? Cosa, arrestare? Davvero mi faresti arrestare?-  e si permetteva anche di fare dello spirito con me?! E nemmeno mi dava del lei, dopo tutto quello che mi aveva causato, mi trattava anche come amica intima?! Eh no signorino, qui c'è bisogno che mammina ti impari un po' di educazione! La rabbia iniziò ad avanzare strisciando lentamente dagli angoli più remoti del mio corpo. Ma ero una signorina, e mi sarei comportata come tale, con calma e sangue freddo l'avrei fatto sentire così impotente che sarebbe scappato di corsa. Poi che non riuscivo a proferir parola era un dettaglio insignificante. Per riprendere fiato feci un bel sospiro ed indossai una maschera degna di una regina di ghiaccio. 

-Avreste problemi se lo facessi?- chiesi in tono freddo. Lui sembrò confuso dal mio tono molto freddo e distaccato, ma rispose lo stesso:

- No, riuscirei ad uscire subito, ma non capisco perché devi farmi arrestare, era tutto calcolato e lo dimostra il fatto che sei ancora in sella al tuo destriero- 

-Ma se poco poco fossi stata un tantino più imbranata o scoordinata nell'andare a cavallo, sarei caduta e voi sareste stato il responsabile.  E sareste stato responsabile anche di un mio probabile infortunio. Per favore, mi sembra inconveniente dare del tu ad una persona che non si conosce se non per una vaga chiacchierata una sera, credo che vostra madre ve lo abbia insegnato o devo dubitarne?-  lui fece per rispondere ma non gli diedi il tempo di finire:

- Non vi date tanta pena per cercare una risposta di cui non mi importa nulla. E ora se volete scusarmi devo andare, ho degli impegni che valgono il mio tempo- girai il cavallo e senza degnarlo di un ultimo sguardo spronai il cavallo a ripartire. Prima di girarmi vidi la sua espressione: era sbigottita, offesa e se non mi sbagliavo vi era anche un lampo di dolore, ma di sicuro mi sbagliavo. Il mio piano era che con questa enorme farsa mi sarei dovuta sentire compiaciuta, invece non feci altro che allargare la mia voragine. Quella sera feci davvero fatica ad addormentarmi, ma il sonno, anche se tardi, alla fine sopraggiunse. 

My space✌✌🙋                 

Hola gente! Come state? Mi dispiace di non aver aggiornato mai questa settimana, spero di essermi fatta perdonare con questo capitolo... non vi sto a ripetere sempre le stesse cose, se volete lo sapete eccetera😁... e buonanotte.

  Baci baci.... Occhi_diversi           

Non arrendersi mai {IN REVISIONE}Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora