13 Agosto 1914Jennifer's pov
Passava da uno stato di incoscienza all'altro, o almeno credevo fosse così, visto che avevo provato anche a schiaffeggiarlo per svegliarlo, ma non aveva avuto nemmeno una reazione o un fremito di palpebre. Sembrava di trascinare un morto che respira, se anche io ero così quando ero più o meno in coma, dopo la caduta da cavallo, doveva essere stato davvero brutto. Ogni tanto mormorava qualcosa, per lo più parole senza senso o ordine, e preferivo riderci sopra, altrimenti avrei dovuto piangere. Non si svegliava, maledizione! Le avevo provate tutte, dalle carezze ai pugni, e ora ero a corto di idee. Passavamo da un lago a uno stagno a una foresta. Non osavo entrare in villaggi o in città, sia perché avevo paura, sia perché non sapevo come giustificare un ragazzo svenuto legato, per non farlo cadere, al cavallo dietro.
Ero sporca e puzzavo, ero stanca, perché non avevo più dormito e facevo sempre da guardia, avevo qualche graffio in faccia che ogni tanto bruciava, e non ce la facevo più. Cercavo di resistere, ma diciamocelo, ero abituata a vivere servita e riverita da tutti, senza un grammo di polvere addosso o intorno a me, non dovevo fare niente se non chiedere e studiare. Non era vita per me quella da fuggitiva. Le giornate scorrevano, passavano e io non me ne accorgevo nemmeno. Sembrava tutto surreale, quasi non credevo a tutto quello che era successo, mi dicevo che mi sarei svegliata fra qualche ora, che era tutto un brutto sogno, che nessuno era morto e che sarebbe finito presto, mi sforzavo di crederci, ma non ci riuscivo. Più ci provavo, più mi rendevo conto che stavo mentendo a me stessa, non volevo accettare di aver perso tutto ciò in cui credevo, tutto ciò che avevo. E faceva quasi male, anzi più che dolore era sconforto, quel senso di non saper più niente, non essere sicuri più di niente, non sapere di cosa ti puoi fidare o cosa fare. Sconforto era la parola giusta, soprattutto per definire come stavo nei confronti di Jaime, non si svegliava. Non sapevo se si sarebbe mai più svegliato, aveva perso tantissimo sangue, mi aveva fatto aspettare un giorno intero per guarirlo, se avesse aspettato un altro pò sarebbe morto. Avevo paura di perdere anche lui, e sapevo che se lui non ci fosse più stato, sarei crollata e non mi sarei più rialzata, lui era la colonna portante che riusciva a sostenere tutto il tempio da sola, senza di lui, tutto sarebbe crollato, tutto.
Nella vita, più certezze ci sono, più crediamo di essere al sicuro. Io ne avevo molte, avevo una famiglia benestante, non avevo mai le mani sporche di terra, la fronte imperlata di sudore, mi bastava chiedere per avere, schioccare le dita per fermare qualcosa che non volevo, uno sguardo storto per licenziare qualcuno, credevo di essere libera, senza paura, senza dubbi. Pensavo che mi sarei sistemata con mio marito in una casa, e sarei stata lì a guardare ed educare i miei figli, per poi vedere i miei nipotini crescere e diventare adulti, una vita semplice, installata su solide basi, senza dubbi e pericolo, senza dolore e sofferenza. E la volevo ancora quella vita, non volevo nient'altro che qualcosa su cui basarsi e poggiarsi.
Stavo ancora mentendo a me stessa, forse potevo definirmi egoista, ma se per stare con lui, dovevo rivivere tutto questo, l'avrei fatto altre mille volte, e molto probabilmente, avrei sacrificato tutta quella gente ancora e ancora. Si, decisamente egoista, quale razza di persona sacrifica la propria famiglia per qualcun'altro?
Scossi la testa, Jaime non era qualcun'altro, lui era un pezzo della mia famiglia, un pezzo molto importante, lui era il mio futuro e il mio presente.
Se qualcuno mi desse l'opportunità di ritornare indietro nel tempo, rifarei tutto esattamente come adesso, non cambierei una virgola.
Lui era intelligente, sveglio e incredibilmente attraente, potevo restare ora a guardarlo, senza mai stancarmi, senza mai distogliere lo sguardo, facendo scivolare lo sguardo dalla curva morbida delle sue labbra, ai capelli neri come la notte, ai suoi occhi, più pericolosi del mare in tempesta, mi intrappolavano, facendomi sentire così piccola e indifesa, eppure così sicura, un posto caldo e accogliente, che poteva tramutarsi in ghiaccio.
E lo amavo, Dio solo sa quanto lo amavo.Arrivammo all'ennesimo laghetto, non sapevo nemmeno se la direzione presa era quella giusta. Pensavo di averli ormai seminati, per questo mi concessi un pò di sonno. Nom credevo mo sarei addormentata subito, con tutti i rumori che c'erano, ma crollai appena toccai con la testa il cuscino improvvisato.
Mi svegliai di colpo sentendo un rumore, ma era soltanto un coniglietto. La notte era ancora fonda, si sentiva qualche gufo, i grilli frinivano, l'acqua aveva alcune onde, e una brezza leggera mi accarezzava il viso. Riprovai a dormire, ma era inutile, ero terrorizzata dall'eventualità di essere rapita da quei pazzi psicopatici.
Rinunciai all'idea di riposare ancora e approfittai del lago per farmi un bagno veloce. Lasciai i vestiti sulla riva, dopo aver dato un'occhiata al ragazzo disteso di spalle, senza segni di vita se non il leggero alzarsi di spalle. L'acqua era abbastanza fredda, ma era un sollievo potersi pulire dopo non so quanti giorni. Mi immersi completamente, restando sott'acqua per qualche secondo. Riemersi e sciolsi i capelli, legando il nastro al polso. Li sciacquai immergendomi di nuovo, restando sotto per un pò più di tempo. Quando rimersi, li tirai indietro e iniziai a sfregare il corpo.
Due mani si posarono sui miei fianchi, poi una risalì sulla schiena, spostando i capelli solo su un lato del collo. Le sue labbra si posarono leggere su di esso, poi applicò più pressione, facendomi ansimare. Il suo petto aderì alla mia schiena perdettamente. Iniziò a fare su e giù su un mio braccio con le dita, scatenando brividi. Mi girai e sprofondai nei suoi occhi azzurri, il sollievo che provai, fu tale che mi dovetti aggrappare alle sue spalle nude.
-Jaime- dissi accarezzandogli una guancia per accettarmi di non star sognando. Lui si appoggiò contro la mia mano chiudendo gli occhi e baciando il palmo. Non resistevo più, misi la mano sulla sua nuca e lo attirai a me, baciandolo con foga. Lui ricambiò subito, stringendo le mani sui miei fianchi. Mi sollevai ed incrociai le gambe sui suoi fianchi. Ci dirigemmo verso la sponda, dove avevo improvvisato i nostri letti con i mantelli. Mi adagiò su uno di essi, e lui si stese sopra di me, pelle contro pelle, labbra contro labbra, cuore contro cuore. Era una sensazione meravigliosa, e non mi volevo fermare. Sentivo solo le sue labbra sulle mie e su di me. Ci incastravamo alla perfezione.
Si fermò appena in tempo staccandosi.
-No- disse sulla mia bocca.
-Cosa?- chiesi sussurrando incerta, pensavo di aver sbagliato qualcosa, ma non sapevo cosa, mi ero solo lasciata andare e avevo spento il cervello.
-Non voglio che la nostra prima volta sia in un bosco, voglio che sia tutto perfetto.-
-Nostra?- chiesi insicura, non me lo aspettavo.
Lui sorrise leggermente.
-Si, nostra, che ti aspettavi?- chiese sfiorandomi le labbra con le sue. Poi sgranò un attimo gli occhi.
-Almeno che tu non abbia già...-
-No! Io non...cioè io sono...insomma hai capito- Gli dissi imbarazzata mentre gli accarezzavo i capelli sorridendo come un ebete. Poi risposi alla sua domanda.
-Non mi aspettavo niente, solo non questo, ecco...pensavo...- dissi lasciando la frase in sospeso, mentre le mie guance diventavano paonazze.
Mi baciò di nuovo sorridendo, poi si stese accanto a me. Mi girai verso di lui e gli chiesi:
-Come stai?-
-Bene- disse mentre ci copriva col secondo mantello.
-Bene- ripetei. Mi accoccolai al suo petto e mi addormentai subito stretta al sicuro tra le sue braccia.
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Non arrendersi mai {IN REVISIONE}
ChickLitJennifer, ragazza diciassettenne, figlia di un membro del Consiglio dell'Italia, al servizio di Giolitti, una sera per caso, incontra un ragazzo, di quelli da togliere il fiato con uno sguardo, quelli che lei potrebbe definire "principi azzurri". Do...