14 Luglio 1914
Jennifer's pov
Erano passati quindici giorni. Quindici stramaledetti giorni da quando lo avevo trattato come una pezza per pulire le scarpe. Quindici stramaledetti giorni in cui non mi sono persa nei suoi occhi. Quindici stramaledetti giorni passati a crogiolarmi nel dolore e nel rimorso. Quindici stramaledetti giorni in cui mi ero continuamente dannata per non aver provato a chiedere spiegazioni, per non aver ragionato come una persona normale senza farmi prendere dalla rabbia. Perché è questo che la rabbia fa, non ti fa ragionare, ti mette un punto fisso e finché non lo raggiungi, non accenna minimamente a diminuire, ti fa usare tutti i mezzi a tua disposizione senza farti rendere conto di quante persone stai ferendo o di quanto male poi ti causerei da sola. Erano passati quindici giorni e mi mancava da morire, non passava secondo in cui lui non era presente nei miei pensieri a ricordarmi quanto ero stupida. Ed erano quindici giorni in cui speravo ardentemente di vedere o almeno scorgere da qualche parte i suoi occhi azzurri, ma niente, nella maniera più assoluta, niente.
Quella sera ci doveva essere il ricevimento per un figlio di un'altro membro del parlamento, collega di mio padre, che conoscevo di vista. Mi misi un semplice vestitino azzurrino di pizzo che si chiudeva sul davanti con dei bottoni di perle e sistemai i capelli in uno chignon, non ero proprio in vena di mettermi in tiro. Alle sette in punto eravamo già dentro la villa ad intrattenerci con altre persone dell'alta società e mio padre, con mio rammarico, vide le mie "amiche" se così si potevano definire le oche che starnazzano di continuo, e mi invitò a raggiungerle per scambiare due parole. Con una faccia da funerale le raggiunsi e cominciai a pensare a cavalli storia, stando però attenta ad annuire o a dire i dovuti "ahhh" o "ohhh" quando lasciavano spazi di silenzio. Così andò avanti la serata, per troppo, ma davvero troppo tempo. Ad un certo punto, mio padre mi chiamò ed io ringraziai tutte le divinità che conoscevo. Mi portò a conoscere un collega della Gran Bretagna:- Maximus, permettimi di presentarti mia figlia Jennifer!- disse. Maximus era alto, ma non robusto, mi diede l'impressione di essere uno di quegli uomini che sanno avere rispetto da tutti, un uomo scherzoso e severo quando c'è da esserlo e aveva due occhi azzurri mare. Mi strinse la mano con una stretta vigorosa che ricambiai -Piacere- risposi educatamente -Piacere mio, Lady Cavignano. Invece questi sono mia moglie- ed indicò una donna alla sua destra, molto bella, capelli color mogano -e i miei due figli, la maggiore Elisabeth e il minore Jaime- aspetta che? Guardai i suoi due figli, la sorella mi sorrideva tranquillamente e aveva un colore dei capelli che mi sembrava vagamente familiare e poi... E poi lui. LUI! Porca la miseriaccia ladra, ditemi, quante possibilità avevo di incontrare lui ad una festa e come se non bastasse, i nostri padri sono pure più o meno amici? No ditemi, perché le probabilità sono meno di zero, eppure eccolo, in tutta la sua bellezza. Dio ti prego fa che non mi siano spuntati gli occhi a cuoricini, per favore, per favore. E tanto per fare bella figura, ero rimasta a guardarlo per tutto il tempo a occhi sgranati e lui non era da meno, con quei suoi occhi azzurri da paura. Ventaglio per favore, ho bisogno di un ventaglio! Mio padre vedendo la reazione che avevo avuto chiese schiarendosi la voce:-Per caso vi conoscete?- -Si- -No- rispondemmo in coro e ci guadagnammo delle occhiate stranite e perplesse, così spiegai:-Ci siamo incontrati mentre stavo facendo una passeggiata a cavallo.- -Oh, bene, meglio, almeno non dovete presentarvi, spero che mio figlio sia stato gentile con lei Lady- senza girarmi a guardarlo risposi prima di mettermi a piangere o ridere:- Si si, un perfetto gentiluomo- mio padre stava per dare in escandescenza me lo sentivo. Più tardi, avremmo fatto i conti. -Elisabeth, perché non andate a parlare per un po' tu e Jennifer disse la madre di Jaime, prendendolo sotto braccio e scortandolo via, avendo sentito la tensione che aleggiava, ma non prima che lui mi lanciasse un'occhiata tra il confuso e il gelido.
Andammo un po' sulla veranda a passeggiare, me nessuno si azzardava a rompere quel silenzio imbarazzante. Dopo un po' chiesi:- Come ti trovi qui?- -Bene, molto bene, mio fratello mi ha portato in molti posti, per esempio qualche settimana fa, mi ha portato in una radura con un lago che sotto i raggi del sole sembrava magico, bellissimo davvero, non ne avevo mai visti di così belli. Sai, a lui piace molto esplorare e scoprire nuovi posti, mi ricordo che da piccolo scompariva per ore intere e costringeva i servi al calar della notte ad andarlo a cercare e di solito lo trovavano su un ramo appollaiato o su una radura sperduta in mezzo al bosco.- ridemmo tutte e due, io perché ero talmente nervosa e arrabbiata con me stessa e lei per divertimento ad un ricordo! Bene, fantastico! La ragazza che era con lui era la sorella e io lo avevo trattato malissimo per un motivo inesistente! Il peggio della cosa è che a lui dovrei essergli sembrata una matta psicopatica che cambia di continuo comportamento. Calma e sangue freddo, appena lo trovi, puoi sempre chiedergli scusa. Però se gli dico il motivo, capirà sicuramente, almeno che non abbia del letame nel cervello, che sono molto, ma molto interessata, e se non ricambia, il che sarebbe pienamente giustificato visto il mio comportamento. Ma non posso farglielo capire, sarebbe troppo umiliante essere rifiutata. Quindi che faccio? Maledetto orgoglio! Quando lo vedo, mi faccio guidare dall'istinto e come andrà, andrà. Poi sentii qualcuno schiarirsi la voce. Ops, non avevo sentito una parola di quello che mi aveva chiesto Elisabeth. -Scusa, potresti ripetere? Non ero attenta- Lei sorrise gentile -Negli ultimi giorni vedo Jaime sempre triste e devo capire il perché, sai come potrei scoprirlo?- -Una ragazza gli ha dato buca ad una passeggiata? Oppure il padre gli ha detto di non poter corteggiare sua figlia?- chiesi ironica, cogliendo la palla al balzo. Lei rise di cuore -Oh no, Jaime non ha nessuna ragazza. Magari l'avesse, almeno sarebbe un po' più felice e magari innamorato- Qualcun altro si schiarì la voce. Eh che cavolo, che avevano tutti la tosse questa sera? Ci girammo e il mio tormento mi si parò davanti. Elisabeth, proprio in quel momento, vide qualcosa di strabiliante e disse:-Guarda mamma! Che bello, andiamo a guardare!- E mi lasciò con lui. Un'altra persone che finiva nella mia lista nera. Improvvisamente le mie scarpe diventarono piene di particolari che non avevo mai visto e mi misi ad ammirarle. Lui non parlava, io non parlavo, nessuno parlava e io volevo scavarmi una fossa e sotterarmici per l'imbarazzo. Coraggio Jennifer, mi dissi. Prima di parlare mi schiarii la voce anche io per essere sicura di averla ancora. -Ti devo delle scuse per come mi sono comportata l'ultima volta che ci siamo incontrati.- e lì trovai il coraggio di incrociare i suoi occhi. Mi guardava in silenzio. -Non so cosa mi sia preso, ma ero arrabbiata- verità - e stavo cercando un modo di scaricare i nervi- altra verità. Tutto sommato non me l'ero cavata proprio male. Lui continuava a guardarmi senza dire mezza parola. Ad un certo punto alzai un sopracciglio come a dire "Allora?". Spazientita da questa sua tattica del silenzio cominciai a girarmi per andarmene, ma non ebbi il tempo di fare un passo verso l'entrata che mi prese per il braccio e cominciò a trascinarmi per il giardino.
My space!!!!
Hi gente!!! Come state? Allora, spero vi stia piacendo e bla bla bla... mi raccomando!!!
Good evening everyone!!!
Kisses and hugs!!
Occhi_diversi
(oggi ero propensa all'inglese, ma cercate di capirmi, non tutti sono sani di mente!)
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Non arrendersi mai {IN REVISIONE}
ChickLitJennifer, ragazza diciassettenne, figlia di un membro del Consiglio dell'Italia, al servizio di Giolitti, una sera per caso, incontra un ragazzo, di quelli da togliere il fiato con uno sguardo, quelli che lei potrebbe definire "principi azzurri". Do...