Capitolo 5

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GIORGIO
Non so come abbia fatto a non accorgermene prima.
È così minuta, così fragile, però è sempre così bella.

Una volta che ha finito di prepararsi, usciamo di casa e la porto in una pizzeria qui vicino. Una volta seduti al tavolo, ordino due pizze. Lei mi guarda male, e so anche il perché, ma la ignoro. Deve riniziare a mangiare, che lo voglia o no, e io l'aiuterò, come ho sempre fatto. Io e lei ci siamo sempre corretti se sbagliavamo, ci siamo sempre sorretti se cascavamo nelle cattive abitudini, ci siamo sempre protetti, e non smetterò mi di farlo.
Una volta arrivate le pizze dà qualche morso, poi dice di essere sazia.
< Mangia e sta zitta, non dico tutta, ma almeno metà>, la rimprovero incitandola a mangiare.
<Giorgio, se mangio anche solo un altro spicchio vomiterò, ne sono sicura>.
< Cazzate, mangia!>, le ordino, ma lei non sembra volermi dare retta. Si alza dalla sedia, spostandola violentemente indietro e facendola cadere, provocando un tonfo al contatto con il pavimento.
<Hai rotto il cazzo, Giorgio! Se ti dico che sono apposto così non mi puoi costringere a mangiare ancora! Anche tu hai avuto il mio stesso problema, perciò rispetta la mia decisione! Lo sai meglio di chiunque altro come si sta in questa merda!>. Detto, o meglio urlato, questo esce dal ristorante, sotto lo sguardo scioccato di tutti i presenti. Le poche persone presenti si girano verso di me e mi fissano con uno sguardo misto tra lo stupito e il curioso.
< Che cazzo vi guardate? Fatevi i cazzi vostri!>, Sbraito alzandomi dal tavolo e allargando le braccia. Vado a pagare alla cassa ed esco anche io dal ristorante.
A lei non piace essere al centro dell'attenzione, non è una di quelle ragazze che fa scenate per tutto, ma il cibo è un argomento molto delicato.
So come si sente, ho assistito migliaia di volte a queste scenate per il cibo, e ne ho fatte molte anche io. So che lei odia essere così autodistruttiva, so che odia fare queste scenate, so anche che mi dirà che mi odia, ma so anche che quando l'abbraccerò non si ritrarrà.
Dopo averla cercata per qualche minuto, la vedo seduta sopra ad una panchina, con le ginocchia al petto. Una ragazza normale si sarebbee messa a piangere, mentre so per certo che lei non lo sta facendo, sta solo pensando. Le persone che pensano molto, che ragionano, sono sempre tristi, perché capiscono quanto faccia schifo il mondo. Riuscire a capire la realtà è una condanna.
I miei due migliori amici, Nicole e Giulio, hanno questo "problema", se così possa essere definito, perciò diciamo che ci sono abituato.
Mi avvicino e le accarezzo la nuca, certo che lei riconoscerà il mio gesto.
<Scusami per prima, sono stato uno stronzo>, sussurro avvicinandomi al suo orecchio, coperto dai capelli castani.
<Va via, Giorgio>, dice con voce estremamente calma.
< Neanche per sogno, sai che non ti lascerei mai sola>.
< Ti odio>. Bingo.
< Lo so, ma so anche che adesso vorresti un abbraccio>. Sussurra un "Fanculo" e poi mi abbraccia. La conosco troppo bene.
< Dài, andiamo a casa, sarai stanca>, dico dopo qualche istante. I viaggi sono sempre molto stancanti.
< Okay>, dice dopo aver fatto uno sbadiglio. La prendo in braccio, così, per scherzo, ma lei sembra stare comoda, così la mantengo. Poggia la testa sul mio petto e, incredibilmente, si addormenta poco dopo. Il viaggio deve averla stancata molto, se è arrivata al punto di addormentarsi tra le mie braccia.
Cinque minuti dopo arriviamo davanti a casa. Ho le braccia un po' affaticate, dato che l'ho portata per un bel po' in braccio, nonostante sia molto leggera.
Armeggio con un po' di fatica con le chiavi per aprire la porta; non appena ci riesco mi dirigo in camera e la poso sul letto, facendo attenzione a non svegliarla.
Mi sfilo i vestiti, mi metto dei pantaloncini e mi sdraio accanto a lei. Le sistemo i capelli, è bella anche mentre dorme. La guardo dormire, e mi torna in mente il giorno del nostro quattordicesimo compleanno.

Abbiamo appena finito di fare l'amore per la prima volta, sono a dir poco elettrizzato. I nostri corpi, madidi di sudore, sono stesi uno di fianco all'altro. Si è addormentata. Le sistemo i capelli, è bellissima, anche se è diventata troppo magra. Odio vederla triste, vorrei che potesse essere felice come lo sono la maggior parte dei nostri coetanei; vorrei che entrambi potessimo avere una vita normale, ma purtroppo non è così.
Si gira di fianco e mi dà le spalle. Le sfioro delicatamente la spina dorsale- che si vede fin troppo bene- con l'indice.
Sembra così indifesa, così fragile, sembra quasi una piuma, così sottile, così leggera. Non permetterò a nessuno di farle del male, nemmeno a me stesso; nonostante quello che è appena successo noi due non potremmo mai essere più che amici. Noi siamo Giorgio e Nicole, i gemelli, non i fidanzati. Forse ho sbagliato a fare sesso con lei, forse aveva ragione: è stato uno sbaglio. Cazzate, sono contento di averlo fatto. Mi avvicino e le lascio un leggero bacio tra i capelli.
< Nicole, oggi, 16 luglio 2006, giuro che non permetterò a nessuno di farti del male. Nonostante io voglia davvero essere più che un amico per te, prometto che non cadrò in tentazione, perché i fidanzati si lasciano, mentre un amico, o meglio, un fratello, è per sempre.
Io e te siamo troppo per amarci, siamo due cannibali, e due cannibali finiranno sempre per sbranarsi.
Siamo legati da questo filo invisibile che ci lega sin da quando siamo nati e prometto che farò in modo che non si spezzi mai>. Sussurro queste parole con voce talmente bassa da fare io stesso fatica a sentirmi. Le lascio un altro bacio tra i capelli e mi addormento, abbracciandola.

Mi sveglio e per un momento rimango spaesato, credendo di essere ancora un quattordicenne. Non è cambiato nulla da allora: lei è sempre lì, nella stessa posizione del mio sogno, magra come allora ed è sempre bellissima, proprio come 7 anni fa; nonostante la promessa che mi sono fatto, non ho mai smesso un giorno di amarla.

Correggimi se sbaglio~Mostro Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora